Alle 15:30 di oggi 13 novembre 2018, si terrà all’Università Sapienza di Roma una conferenza dal titolo “CLIMA, BASTA CATASTROFISMI. RIFLESSIONI SCIENTIFICHE SUL PASSATO E SUL FUTURO,” tenuta da Franco Battaglia, Umberto Crescenti, Mario Giaccio, Luigi Mariani e Nicola Scafetta, secondo cui “da tempo l’opinione pubblica è subissata da notizie catastrofiche sul futuro del nostro pianeta,” mentre “la comunità scientifica è divisa tra chi attribuisce tale aumento a cause prevalentemente naturali e chi invece ritiene che l’aumento sia causato principalmente dalle attività antropiche,” si legge sul comunicato dell’università.
Ora, mettiamo subito una cosa in chiaro: la comunità scientifica NON è divisa sull’argomento. Neanche un po’. I negazionisti climatici — cioè i pochi scienziati che trascurano le conseguenze dell’attività umana sul pianeta — continuano a pubblicare sulle riviste scientifiche (ma, ehi, sappiamo che l’editoria accademica è un disastro), e continuano, evidentemente, a essere invitati dalle università e dalle televisioni a parlare, ma non rappresentano in alcun modo quella “maggioranza” scettica menzionata nel comunicato.
Videos by VICE
Il resto (grosso) della comunità scientifica è largamente d’accordo sul fatto che, nel giro di un secolo e mezzo, la razza umana ha portato al collasso l’unico pianeta su cui è certa di poter vivere e che, se non prendiamo contromisure rapidamente, la Terra continuerà in qualche modo ad andare avanti, noi decisamente meno.
Abbiamo fatto fuori il 60 percento degli animali negli ultimi 50 anni scarsi e immettiamo anidride carbonica nell’aria a un ritmo (32 miliardi di tonnellate solo l’anno scorso) tale, che — secondo una schiera di scienziati incaricati dall’ONU di svolgere lo studio più approfondito mai fatto sull’impatto umano sull’ambiente — ci porterà entro 12 anni a superare la famosa soglia di aumento delle temperature globali dei 2°C. Entro quella soglia, tanto per intenderci, i fenomeni legati al clima (come alluvioni, siccità, incendi, scioglimento dei ghiacci) sono gestibili “senza conseguenze catastrofiche,” aveva spiegato a Motherboard un anno fa Silvio Gualdi, geofisico del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici. Superata quella soglia, quegli stessi fenomeni non si sviluppano più in modo lineare ma imprevedibile — e si torna a vivere come nel Triassico nel giro di un paio di secoli.
Il catastrofismo di cui i relatori dell’imminente conferenza all’Università Sapienza si lamentano, dunque, non è solo una questione di titoli altisonanti, ma di vera e propria definizione del problema. Se non troviamo una soluzione in fretta, le conseguenze saranno difficili da prevedere, dunque catastrofiche. Oltre al fatto che provocheranno — voglio sottolinearlo per i più materiali tra noi — un costo economico disumano, come le recenti tragedie ambientali proprio sul suolo italiano stanno tristemente dimostrando.
Il fatto che un’istituzione come la Sapienza di Roma inviti, accetti o sostenga (considerato che l’evento prevede anche un intervento del rettore in persona) una conferenza che si pone essenzialmente come tripudio del negazionismo climatico è grave, perché legittima un pensiero che non è “controcorrente” — non c’è niente di underground e radicale in un campo di ricerca accademico largamente finanziato dalle grandi industrie dei combustibili fossili —, ma pura e semplice disinformazione scientifica.
Vogliamo parlare in modo positivo o propositivo del futuro del pianeta? Siamo i primi a dire che un pensiero davvero radicale, in questo senso, sia assolutamente necessario. Ma negare la gravità della situazione a priori è come chiudersi in una stanza in fiamme e ripetere ostinatamente “Va tutto bene.”
Sì, il cambiamento climatico è reale. Sì, l’attività umana, dalla rivoluzione industriale in poi, ha avuto un impatto enorme — e questo lo sappiamo perché, per quanto il pianeta abbia sempre attraversato cambiamenti, nessuno è mai stato rapido e mostruoso come quello attuale.
Ancora una volta, nessuno scienziato pensa che l’uomo distruggerà letteralmente il pianeta. Il punto è che stiamo distruggendo la nostra possibilità di viverci sopra. Speriamo che i relatori della conferenza di Roma di oggi riescano a capirlo in tempi utili.