Secondo quanto riportato da Repubblica, un’azienda torinese sarebbe stata multata dalla Guardia di Finanza per un totale di 8 milioni di euro per l’utilizzo di software senza licenza. Secondo la legge italiana si tratta di un reato contro il diritto d’autore ma non dobbiamo farci ingannare: non dovremmo parlare di pirateria. Inoltre, questa notizia riporta alla ribalta la questione legata all’ecosistema del software libero e accessibile.
Abbiamo contattato telefonicamente Fulvio Sarzana, avvocato esperto di diritto dell’informazione e di copyright, che ha logicamente sottolineato che se si utilizza software senza licenza è inevitabile che ci si esponga alla richiesta di danni, ma in questo caso la cifra sembra veramente esorbitante.
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La situazione, aggiunge inoltre Sarzana, non è semplice da interpretare: “ci sono vari casi, a volte ci sono licenze education, a volte ci sono licenze senza upgrade, non si tratta sempre di software senza licenza.” Non possiamo quindi essere certi di trovarci di fronte ad una violazione della legge.
La stessa legge — nello specifico l’articolo 171 bis — e la giurisprudenza in materia indicano come in realtà la persona fisica o il libero professionista non debbano sottostare alle norme sulla tutela del diritto d’autore quindi, spiega Sarzana, “solo se fai attività di carattere commerciale in senso lato saresti esposto a queste sanzioni.”
Le statistiche relative all’utilizzo dei software senza licenze vedono Cina e Stati Uniti rispettivamente al primo e secondo posto, ma si basano su dati forniti dalla Business Software Alliance (BSA), la stessa associazione internazionale che si occupa di promuovere il software proprietario dei propri membri. La BSA persegue la violazione del copyright sui software da parte delle aziende sfruttando anche la facilità con cui è possibile confrontare i dati relativi a chi è registrata una determinata licenza con le offerte di lavoro pubbliche — ad esempio gli annunci lavorativi di aziende che cercano esperti in software CAD.
L’avvocato Sarzana, però, ribadisce un punto centrale della discussione: “non si tratta veramente di pirateria, la pirateria è un’altra cosa, deve essere presente lo scopo di lucro.”
Per cercare di evitare questi rischi, una soluzione efficace sarebbe quella di utilizzare software libero, tema su cui diverse organizzazioni stanno combattendo da anni una strenua lotta, come nel caso della Free Software Foundation (FSF), organizzazione non profit fondata da Richard Stallman nel 1985.
Chiunque deve poter avere la possibilità di utilizzare, copiare, distribuire, studiare, modificare e migliorare il software.
Lo stesso Stallman aveva scritto la definizione ufficiale di software libero, sottolineando come non sia una questione di prezzo ma di libertà degli utenti. Chiunque deve poter avere la possibilità di utilizzare, copiare, distribuire, studiare, modificare e migliorare il software.
Attualmente le criticità del software proprietario sono al centro anche della campagna “Public Money Public Code” ideata dalla Free Software Foundation Europe. Lo scopo della campagna è ottenere una legge che richieda necessariamente il rilascio secondo licenze Free e Open Source del software sviluppato utilizzando i soldi pubblici.
Soluzioni alternative al software proprietario esistono — il 3-4 febbraio ci sarà a Bruxelles una conferenza per sviluppatori proprio su questo tema, FOSDEM — ma allo stesso tempo, purtroppo, continueremo a rimanere in balia delle leggi sul diritto d’autore.