Cultura

'Il padel è il trionfo delle pippe'—per questo ci gioco

Negli ultimi anni sempre più persone in Italia giocano a padel: c'entrano i calciatori in pensione, ma anche il fatto che dietro non c'è nessuna filosofia.
Filippo Casini
Arezzo, IT
padel italia calciatori
L'autore. 

“Il padel è il trionfo delle pippe,” ha sintetizzato efficacemente uno dei più grandi tennisti italiani di sempre, Nicola Pietrangeli, “anche gli scarsi si divertono e uno che gioca male a padel si diverte molto di più di uno che gioca male a tennis.” Tutto vero, anche nel mio caso.

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D’estate sembrava una cosa sensata e cool per passare il tempo, ma ora che fa un freddo boia per arrivare ai campetti di padel mi sento solo un povero stronzo. Non ho mai avuto nessuna passione per il tennis o sport con racchetta, mai provato nessuna fascinazione per chi grida mentre di rovescio rilancia la palla nel campo avversario, e per di più la mia attitudine per gli sport di gruppo langue da sempre, eppure eccomi qua: da oltre sei mesi sono tra le oltre ottocentomila persone in fissa col padel in Italia

Quando qualcosa va forte in questo paese, comunque, c’entrano spesso loro: i calciatori. In questo caso, i calciatori in pensione che hanno importato, esibito e diffuso il padel in Italia.

È il 2014 quando l’ex calciatore di Juventus e Nazionale Gianluca Zambrotta torna dalla Spagna folgorato dal padel e decide di aprire un centro a Como. Da allora inizia una storia di torneini estivi esclusivi nei centri nevralgici dell’estate: Forte dei marmi, Formentera e poi Milano, Roma e Bologna.

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Ma per capire l’impennata di epigoni dobbiamo arrivare al 2021, quando Francesco Totti si fa costruire un campo privato in casa per giocare con gli amici—in media più famosi di quelli che ho io, tra cui il sei volte campione del mondo Fernando Belasteguin. Nell’estate 2022 al Villa Pamphili Padel Club di Roma, sempre Totti dichiarerà: “Questo è il mio nuovo mondo.” Una dimensione in cui sono stati risucchiati pure Cassano, Beckham e Ibrahimovich, che a Segrate sta per aprire al pubblico i suoi campi.

Ne sono stati conquistati anche volti tv e politici, come l’ex Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, fotografato con racchetta di ritorno da un allenamento, e l’attuale Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che appena un anno fa interrogava i suoi follower su Instagram domandando: “Avete mai giocato a padel? Io lo adoro. Buon fine settimana.” 

I numeri, poi, sono piuttosto impressionanti: secondo il Global Padel Report di Playtomic il numero dei campi in Italia negli ultimi due anni ha registrato un +289 percento, passando da 1.900 a 7.368. La prima regione per campi è il Lazio, seguita da Lombardia e Sicilia. 

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Ma quanto costa? Si può spendere dai 60 euro di Milano ai 34 di Cosenza per novanta minuti di campo, da dividere in quattro. In media, chi gioca lo prenota con sei giorni di anticipo. Io solitamente no, e infatti capita che devo attraversare mezza Milano perché quelli più vicini stanno sempre pieni come le poké house fino a un paio di anni fa. A dirla tutta, l’unico upgrade che ho fatto è comprare una racchetta usata per una cinquantina di euro, perché ogni volta dovevo noleggiarla pagando un extra di cinque euro. 

Per capire però perché sono stato risucchiato da uno sport che fino a qualche anno fa ignoravo ho fatto molta ricerca—e oltre a imbattermi in articoli che spiegano come trasformare il tuo campo da calcetto in tre da padel—ho letto e ascoltato un po’ di podcast al riguardo. 

Alla fine l’idea che mi sono fatto è che il padel somiglia al tennis, senza la tipica allure e spocchia tecnica, ma è anche un po’ squash, liberato dall’intrinseco nervosismo dei movimenti; ha il ritmo del ping pong, facendoti però sudare quel tanto che dà soddisfazione, con l’aggiunta del calcolo e l’imprevedibilità del biliardo. Funziona perché è un po’ tutto, un po’ niente.

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Le regole—inventate nel 1969 da una coppia di milionari messicani che non voleva dare più noia ai vicini—sono poi piuttosto intuitive: si gioca in quattro, due contro due (anche uno contro uno, volendo), si batte dal basso verso la metà campo avversaria e la pallina, dopo aver rimbalzato a terra una volta, può battere più volte sulle pareti prima di essere rispedita nell’altra metà campo.

È tutto molto “più lento,” con meno possibilità di farsi male o sporcarsi del tennis, ma più veloce da programmare di una partita di calcetto per cui servono dieci teste.

La verità, però, è che “il padel è il trionfo delle pippe,” come ha sintetizzato efficacemente uno dei più grandi tennisti italiani di sempre, Nicola Pietrangeli. “Anche gli scarsi si divertono e uno che gioca male a padel si diverte molto di più di uno che gioca male a tennis,” ha aggiunto. Tutto vero, anche nel mio caso. 

La mia prima volta capita quando un amico mi scrive Domani alle sette ti va di provare padel insieme? Saremmo in 6 con te, quindi se vieni ruotiamo a coppie e facciamo un minitorneo.” Nessuno tra noi aveva mai giocato, solo qualcuno aveva qualche base di tennis, eppure stavamo organizzando “un torneo” in appena 90 minuti. Che tra cambi, raccolta palline, errori e cercare di far capire a tutti le regole credo siano diventati quindici minuti giocati. Ma le volte dopo è andata sempre un po’ meglio.

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Nelle strutture che ormai frequento, i campi sono dentro a capannoni che probabilmente ospitavano altro. Sono tutti ammassati, fatti di vetro e grate, e l’effetto è un po’ di stare in un labirinto di specchi al luna park. La prassi comunque è sempre la stessa: coi miei amici individuiamo la nostra “gabbia,” ci avviamo per posare il borsone nella panchetta davanti e, allo scoccare esatto dell’ora, iniziamo a fissare morbosamente chi deve lasciarci il campo libero e sta rosicchiando qualche minuto extra. Quelle persone che fanno finta di non sapere che ora si è fatta poi ovviamente diventeremo noi. È un circolo vizioso, una regola non scritta. 

Le stime di Playtomic dicono che a giocare sono principalmente uomini di età tra i 35 e i 55, ma c’è parecchia varietà tra la fauna urbana che ho osservato. I tennisti in incognito si notano subito: sono gli unici vestiti di tutto punto, con i polsini in spugna e i borsoni fancy.

Poi ci sono gli arrangiati, quelli che trovi sia in jeans che in maglia termica da sci. Sono quelli che più frequentemente fanno finire la pallina nel campo avversario, causando uno stato di tensione coi vicini.

Infine ci sono quelli che mi piace chiamare aperipadelisti, solitamente colleghi, abituali, chiassosi ma convinti, sempre nell’orario tra l’ufficio e la cena. Io sto migrando dal secondo al terzo gruppo, non senza vergogna.

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Il padel non obbliga a prendere lezioni. A me ha fregato così: facendomi sentire un padelista dopo 5 minuti.

La realtà è che il padel è uno sport tanto democratico quanto paraculo. Non so se il più paraculo, non li conosco tutti, ma sicuramente il più tra quelli che conosco io. Paolo Bonolis, intervistato dal Corriere dello Sport sul perché si fosse ossessionato con il padel, l’ha fatta semplice: “Gioco a padel perché qualunque altro sport mi è inibito per condizione fisica, età e stupidità.” Effettivamente non ci sono esagerati vantaggi fisici dovuti all’altezza, la forza fisica, l’età (si può giocare ai massimi livelli anche oltre i 40 anni) o lo stato di forma in generale.  

Ma c’è un ultimo trucco che il padel usa per attirarti nella sua “gabbia”: non ha filosofia e non pretende che tu abbracci nessuna mentalità. Spesso gli sport portano con sé uno stile di vita, un gruppo di appassionati convinti e dei riferimenti se non culturali almeno sociali.

Nel padel ho scoperto non esserci nulla di tutto questo: è uno sport sì, ma che non si prende sul serio, che non rimanda a nulla. Il padel non obbliga a prendere lezioni. A me ha fregato così: facendomi sentire un padelista dopo 5 minuti.

L’unico a cui il padel sembra mettere ansia è proprio il tennis. In Spagna e in Svezia i giocatori di padel hanno superato quelli del tennis, mentre in Inghilterra si è arrivati in tribunale con la Federazione del Padel che accusa quella del Tennis di volerli inglobare senza il loro consenso. In Italia invece dal primo gennaio 2023 la Federazione Tennis si chiamerà direttamente Federazione Italiana Tennis e Padel. Non deve essere stato facile da accettare.

L’incredibile ascesa del padel sembra destinata a non fermarsi. Ma se all’improvviso Totti demolisse il campo da padel che ha in casa e ne costruisse uno da pickleball? Temo che mi ritroverei a svendere su Vinted la mia racchetta in fibra di carbonio e aspettare un messaggio che dice, “ti va di provare pickleball dopo lavoro?”

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