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Abbiamo cercato di capire come ci si affilia a una gang latinos in Italia

Le gang sono un fenomeno liquido che si adatta ai contesti: in carcere o per strada, questi gruppi violenti cambiano simboli e gerarchie. Ecco perché non è semplice identificarle, capirle, e contrastarle.
[Foto di Donna De Cesare]

Un ragazzo viene pestato con violenza per 30 secondi di fila da cinque persone in cerchio.

Le telecamere riprendono la scena leggermente oscurate dalle piante: potrebbe sembrare una rissa, o un episodio di bullismo contro una persona indifesa. Invece è quello che gli antropologi chiamano "rito di passaggio".

L'iniziazione per entrare in una gang di latinos, anche a Milano e nel resto d'Italia, funziona così: prima mezzo minuto di pugni e calci, poi i festeggiamenti.

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Una volta terminato, il nuovo adepto della banda dei Mara Salvatrucha o dei Latin Kings passa dall'infanzia a una nuova dimensione della sua vita. Quasi tutti i membri delle gang di origine latina ci entrano tra i 14 e 16 anni, in piena adolescenza.

"È un istante fondamentale della loro esistenza, che riprende componenti e riti 'primitivi' delle popolazioni indigene del Centro America," spiega a VICE News il professor Fabio Armao, docente di Processi della Globalizzazione all'Università di Torino ed esperto di gang.

Armao è tra i curatori, assieme al suo ateneo e al Politecnico piemontese, della mostra "Gangcity – Viaggio tra gang e periferie del mondo", un'esposizione alla Biennale di Venezia che durerà fino al 28 novembre e che racconta con decine di scatti fotografici la violenza urbana da Mexico City a Los Angeles, passando per Palermo e Milano.

Il pestaggio d'iniziazione è uno dei temi immortalati dagli scatti di Donna De Cesare, fotografa documentarista e docente di giornalismo in Texas che ha vissuto assieme alle gang in Centro America, ne ha approfondito l'iconografia, la storia legata al passato coloniale, i simboli sul corpo come tatuaggi e rosari.

Intervistata da VICE News, spiega come anche il rito d'iniziazione possa variare da mara a mara. Chi si affilia ai Barrio18 "viene picchiato per 18 secondi e non i 30 tradizionali di tutte le altre gang," spiega per esempio la fotografa texana.

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Bimba con pistola. [Foto di Donna De Cesare, Los Angeles, 1994]

Di questi rituali rimangono anche dei documenti cartacei, scritti a mano, che rappresentano la "burocrazia" delle bande. Come quelli sequestrati dalla Squadra Mobile di Milano, sezione criminalità straniera, durante "l'operazione Trinitario" - dal nome della banda salvadoregna - nata da una denuncia del 2011 per rapina.

Gli agenti hanno trovato veri e propri giuramenti con frasi in rima come questa: "Trinitario fino alla morte sono con il potere e la dignità la mia lotta mai si fermerà. Dio, Patria e Libertà".

O ancora i sette principi fondanti della gang Trinitario: "Unità; Pace a Amore; Rispetto; Codice del Silenzio; Dignità e Orgoglio; Decisione e Coraggio; Dio con Noi," articolati poi in 21 norme e gerarchie interne tra cui spicca l'obbligo di non mancare mai di rispetto alla primera cabeza" — il boss sopra a tutti.

Per per chi sgarra anche in questo caso è prevista una punizione, un pestaggio lungo dai 15 ai 30 secondi, proprio come per gli adolescenti che vogliono entrare a farne parte.

Una slide della Polizia sui rituali delle gang in Italia (via Polizia di Stato)

Sembra una storia ambientata a Los Angeles, e invece si è articolata fra Milano e Lecco. I suoi protagonisti sono Ogando Ramirez detto "Flaco", la seconda cabeza d'Italia e, "Mata Yankee," il cui vero nome è Abreu Rojas. Poi ci sono Ernandes Gabriel "il Bolanta" e, infine, Calderon Gonzalez, che la polizia indica nel ruolo di "bandiera d'onore."

Una storia sintomatica, perché il fenomeno delle gang in Italia sembra in ascesa — anche se i dati ufficiali sono impossibili da reperire o non esistono, le Questure faticano a catalogare i reati proprio come in passato si faticava con le mafie, prima della creazione dell'associazione per delinquere di stampo mafioso.

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"Esistono rapporti vecchi di 15 anni che trattano il fenomeno e circolano negli uffici ministeriali," spiega ancora il docente torinese, "ma anche da un punto di vista giuridico la nozione di gang non è chiara: la definizione che le si avvicina maggiormente è quella di co-offending, e viene usata per descrivere adolescenti che si associano allo scopo di commettere reati."

Un rito di iniziazione di un 15enne a San Salvador. [Foto di Donna De Cesare,1993]

Nonostante la scarsa conoscenza del fenomeno da parte delle istituzioni, comunque, alcune stime esistono: l'ultima sul capoluogo lombardo parla di duemila affiliati, con attività concentrate più in centro città che non in periferia, dove invece spesso vivono i membri.

Le attività delle pandillas sono comunque diffuse in tutto il territorio: a giugno del 2015 risale il caso mediatico più noto, quando un capotreno di Trenord venne ferito alla testa con un machete per aver chiesto di mostrare i biglietti sulla banchina ferroviaria di Villapizzone.

Il 3 luglio di quest'anno due risse nei pressi della discoteca Lime Light, in zona Porta Lodovica, provocano uno spargimento di sangue. Qualcuno estrae un coltello, forse per regolare conti in sospeso, e due ragazzi, uno albanese e l'altro salvadoregno, finiscono all'Humanitas di Rozzano in condizioni critiche.

Il 10 luglio 2016, in zona Porto di Mare-Rogoredo, un gruppo di 15 persone accerchia quattro ragazzi sud americani e porge la fatidica domanda: "A che gang appartenete?". Due di questi scappano, gli altri non fanno in tempo e finiscono picchiati e accoltellati.

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La stessa notte altre attività delle gang si verificano in Ticinese e via Padova contemporaneamente – facendo credere per qualche giorno agli investigatori di trovarsi di fronte ad azioni coordinate. Il sostituto procuratore di Milano Luca Poniz ha aperto un fascicolo d'indagine per questi fatti.

Gli immigrati salvadoregni in California protestano contro le leggi anti-immigrazione. Lo scheletro inchiodato a un M16 indica che un ritorno nel violentissimo Centro-America equivarrebbe per loro a una sentenza di morte. [Foto di Donna De Cesare,1994]

Milano, tuttavia, è la "capitale delle maras" soltanto da un punto di vista numerico, più per la vastità delle comunità latine - in particolare quella salvadoregna - che non per peculiarità urbanistiche o sociali. Prima di Milano i latinos sono arrivati in altre zone d'Italia: a Genova, per esempio, e a Piacenza.

Il fenomeno non si può considerare omogeneo fra le comunità sudamericane: i peruviani, per esempio, non ne sono praticamente toccati. Secondo Fabio Armao "ci sono motivi storici che giustificano l'eterogeneità fra i diversi gruppi nazionali.

In Salvador fra il 1982 e il 1992 si è combattuta una guerra civile efferata e sanguinosa che ha creato un vero e proprio esercito di mercenari della violenza urbana, e ha raso al suolo l'economia del paese." Il che giustificherebbe, in qualche modo, la presenza importante di salvadoregni nelle pandillas.

Leggi anche: Machete e rosari: chi sono le gang di latinos che si contendono Milano

Anche la storia delle gang è particolare: sono latinos ma nascono negli Stati Uniti, a Los Angeles. A causa della politica americana di respingimenti ed espulsioni al confine messicano tornano nei loro paesi d'origine, e da lì ripartono nuovamente alla volta dell'Europa seguendo le rotte migratorie.

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Inizialmente a Madrid e Barcellona, per mere ragioni linguistiche: due città che hanno applicato modelli di sicurezza radicalmente differenti—il primo basato sulla repressione, il secondo sull'integrazione.

Le gang si muovono molto, diventando dei "brand transazionali frammentati al loro interno da nazionalità, cultura, addirittura dall'età. Ci sono casi di scontri generazionali interni alla gang, azzarderei quasi un paragone con i Barbudos di Napoli e il loro controverso rapporto con la Camorra tradizionale" racconta ancora il curatore di "Gangcity".

Questi brand transnazionali vendono due cose: regole e identità. La possibilità è quella di fare carriera all'interno del gruppo macchiandosi di vari reati—non necessariamente contro i rivali, basta un passante qualsiasi. La pista dei recenti casi milanesi porta forse proprio lì, al tentativo di scalare la piramide criminale.

Un ragazzino di Città del Guatemala pensa a suo padre, affiliato di una gang, ora in carcere. [Donna De Cesare, 2009]

Ma come si esce da una pandilla? Qui i pareri sono discordanti. Per il professore di Torino "si può uscire in due modi: morti, o collaboratori di giustizia": un caso, questo, che porta a rischiare la propria incolumità in seguito.

"Sono gruppi che usano il legante delle religione, quindi un processo 'istituzionale' di uscita non esiste." Negli Stati Uniti, tuttavia, sembra funzionare diversamente che in Italia: c'è chi ne esce perché ha maturato dei "crediti" con l'età e le attività svolte e vuole la sua "pensione". C'è chi e fa parte senza commettere reati ma solo per avere una rete d'appoggio nel quartiere.

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Donna De Cesare racconta che "alcune famiglie affidano i figli alle gang mentre lavorano." Una forma di custodia proficua per entrambi, perché le gang a loro volta usano bambini di sette-otto anni come corrieri della droga.

Nessuno li controlla, e se anche accadesse non potrebbero finire in carcere, o comunque godrebbero di sconti di pena legati all'età; c'è chi esce da una gang perché finisce in carcere e deve cambiare banda per evitare di finire ammazzato o isolato.

I membri della gang Salvatrucha marchiano il territorio con i graffiti [Donna De Cesare,1993, Los Angeles]

Infine, ci sono veri e propri pentimenti, con soggetti da recuperare alla società. Il professor David Brotherhood della City University of New York - anche lui relatore alla mostra "Gangcity" in Biennale - lavora proprio con queste persone da reinserire.

E spiega a VICE News "che si sovrastima l'impatto della violenza nel processo d'uscita. Dopo i 20 anni c'è chi se ne va semplicemente perché trova un mestiere, si sposa o diventa padre. A New York si trovano agenti di polizia che prima appartenevano alle gang."

Regole diverse e comportamenti diversi fra in giro per il mondo, Italia compresa. Perché il punto è che le gang sono un fenomeno liquido "che si adatta ai contesti: in carcere, per strada, fra le diverse nazioni, cambiano gerarchie e simboli di riconoscimento, come i rosari di colore bianco in luogo e nero dall'altra parte," spiega Donna De Cesare.

O le collane di colore differente trovate dalla polizia milanese. Per questo sono difficili da controllare e - sopratutto - da comprendere.

Leggi anche: El Salvador ha presentato l'unità speciale che dovrà "neutralizzare" le gang del paese


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