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Noisey

La Festa dei Gigli è la tradizione più hardcore della Campania

C’è una città della provincia di Napoli che nel mese di giugno si riempie di musica, paranze, parolieri e obelischi in un rave vecchio di secoli.

Nola è la città natale dei miei genitori e quando sei figlia di genitori meridionali campani ci sono diverse cose delle quali sei riconoscente: la prima è che sai che sapore ha davvero un pomodoro e la seconda, nel mio preciso caso, è che conosci la Festa dei Gigli.

Spiegare cos'è la Festa dei Gigli penso sia uno dei compiti tra i più difficili che mi siano mai capitati perché la festa, come per ogni situazione o cosa che non sai come definire, la devi solo vivere per anche solamente avvicinarti alla sua essenza. E qualora aveste l'opportunità di parteciparvi sono altrettanto convinta che vi ci vorrebbero dei giorni per metabolizzarla e riprendervi del tutto.

La Festa dei Gigli, patrimonio immateriale dell'Unesco dal 2013, nasce come festa popolare e coniuga storia e leggenda in una manifestazione che inizia in onore di San Paolino, Vescovo di Nola. Paolino, nel 431, di ritorno da un lungo periodo di prigionia presso i Vandali, fu accolto dalla sua gente con dei grandi gigli, divenuti quindi simbolo della fede e dell'amore per il Santo Patrono che si fece schiavo per andare a salvare in Africa il figlio di una vedova. Questi fiori, utilizzati in un primo momento come semplice ornamento dei ceri portati in processione, sono mutati, nel tempo, in vere e proprie strutture lignee create da artigiani, carpentieri e falegnami. La Festa che ha tutta l'aria di inciampare nelle reti del tradizionalismo meridionale esagerato e distorto rimane per i nolani un bisogno, una necessità. Una Festa cristiana ma con venature pagane, mistiche e grottesche che lascia davvero poco spazio all'immaginazione.

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