
Una cartolina adesiva di Italia 90. Immagine per gentile concessione di Lucio Boscardin.
Due settimane fa è stata ufficialmente presentata la mascotte di EXPO 2015. Il personaggio—un volto arcimboldiano in linea col tema Nutrire il pianeta, energia per la vita—era in circolazione da più di tre mesi, ma ancora non aveva un nome. Adesso ce l'ha, è Foody, e l’hanno proposto dei bambini. A disegnare la mascotte invece è stata la Walt Disney Italia. Ovviamente alla presentazione sono seguite varie polemiche: sulla validità artistica del progetto, sull'assegnazione della commessa alla Disney e anche sulla presunta napoletaneità di una delle sottomascotte che compongono il volto di Foody. Paranoie leghiste a parte, io stesso la prima volta che l'ho vista ho sinceramente pensato si trattasse di uno scherzo. Ma a pensarci un attimo, Foody rientra nella norma: brutta o bella che la si voglia considerare è una mascotte "classica", un personaggio vagamente inquietante ma simpatico, o perlomeno sorridente, a portata di bambino, come ogni mascotte dovrebbe essere. Lo stesso vale per la mascotte di Brasile 2014, un armadillo di nome Fuleco, che non si discosta più di tanto dai vari personaggi che fino ad oggi hanno accompagnato mondiali, olimpiadi, expo e tutti quegli eventi su cui si punta per risollevare economie di interi Paesi.
Proprio dopo la recente presentazione di Foody non ho potuto non pensare a Ciao e a come ancora oggi, a distanza di più di trent'anni, si distingua in maniera così netta da tutti i suoi colleghi. Ciao è una figura "per grandi": fredda, rigida, spigolosa, inespressiva, e il suo nome è stato scelto non da bambini ma da giocatori del Totocalcio sulla schedina—le altre, fantastiche proposte erano Amico, Beniamino, Bimbo, Dribbly. Eppure sono sicuro che poche mascotte siano rimaste così impresse nella memoria collettiva. Col tempo, questa non-mascotte—secondo alcuni la più brutta della storia, secondo altri frutto di puro genio—è diventata un simbolo che va ben oltre l'evento per cui era stata creata, capace di evocare un'intera epoca a chi l'ha vissuta anche solo in maniera marginale, come il sottoscritto. Ciao è i primi anni Novanta in Italia e viceversa.
Mi aspettavo qualche grande studio di design dietro questa creazione, e invece dopo una veloce ricerca sono risalito a Lucio Boscardin, il "papà di ciao". Il signor Boscardin è un grafico e direttore artistico di origine veneta ormai in pensione. Per molti anni ha lavorato nella pubblicità, creando loghi e campagne per grandi società, in particolare del settore alimentare. Ciao è il suo vero exploit a livello artistico, la sua opera davvero conosciuta. Così l'ho chiamato per capire come abbia fatto a concepire un personaggio del genere e soprattutto come sia potuto diventare la mascotte di Italia 90.
VICE: Qual è la genesi di Ciao?
Lucio Boscardin: Ho sentito per radio l'annuncio di una gara nazionale, un concorso per ideare il marchio e la mascotte dei Mondiali. Ho telefonato allʼufficio, che era a Roma, e mi hanno mandato il regolamento per partecipare. Regolamento lungo quattro pagine. Cʼerano un sacco di cose a cui bisognava stare attenti: per esempio non fare disegni che richiamassero monumenti o simboli identificativi a livello territoriale, il Colosseo, la gondola, la Mole Antonelliana e così via. Doveva essere un qualcosa di nazionale, non regionale.

Luicio Boscardin con la sua creazione. Foto di Domenico Ghiotto, per gentile concessione di Lucio Boscardin.
Giustamente. Come le è venuta l'idea di fare una mascotte così particolare?
Lʼidea mi è venuta davanti ad un semaforo che scattava dal verde al giallo al rosso e ho detto “Cavoli! La bandiera italiana!” Da lì sono partito per creare i blocchi che compongono il corpo della mascotte, che in realtà se scomposti formano la parola ITALIA. Il pallone in testa è stato il tocco finale. Ho mandato questo bozzetto ed evidentemente alla giuria è piaciuto.
Da chi era composta la giuria?
Erano in cinque. C'erano due dei più grandi designer italiani, Sergio Pininfarina e Marco Zanuso, poi c'era Franco Carraro [ex-sindaco di Roma, allora Ministro per il Turismo e lo Spettacolo], Armando Testa, che immagino conoscerà, e il critico d'arte Federico Zeri.
Quindi lei ha partecipato al concorso in maniera del tutto casuale e ha vinto? So che dovrebbe essere una cosa normale, ma suona quasi sospetto, specialmente per un evento del genere.
In molti mi hanno chiesto come avessi fatto, che amici avessi all'interno del comitato. In realtà ho mandato i miei bozzetti come mille altri mantenendomi nelle regole. A quanto pare erano arrivate più di 50.000 proposte. Poi nel maggio del 1986 due signori si sono presentati nel mio studio ad annunciarmi che avevo vinto. Ancora mi tremano le mani quando ci penso. Mesi dopo ero a Roma per la presentazione ufficiale in Quirinale, davanti alla giuria, al Presidente della Repubblica Cossiga. Ho avuto l'onore di essere lì insieme a loro, con tutta la crema italiana. Hanno calato il telo in diretta e hanno fatto vedere la mascotte alta tre metri.

"Micidiali 90": adesivo creato dal CSOA Leoncavallo contro il mondiale. Fa rifermento ai 18 operai che morirono durante la costruzione degli stadi del Mondiale.
Che impatto ha avuto sulla sua vita disegnare la mascotte dei mondiali?
Diciamo che dopo la vittoria mi sono ritrovato a vivere minuti importanti, emozionanti. È stata una grande soddisfazione, e ovviamente un ottimo biglietto da visita. A livello economico invece, lì per lì, non mi ha fruttato molto, non ho preso nessuna percentuale. Il regolamento parlava chiaro: uno vinceva quel concorso, gli davano quel compenso, tra l’altro dedotto dalle tasse… la cifra era 60 milioni di lire meno la ritenuta d’acconto, quindi sono diventati 45. Tutti i diritti di sfruttamento andavano al COL (Comitato Organizzatore Locale) che all'epoca era guidato da Luca Cordero di Montezemolo. Ma io l’avrei fatto anche gratuitamente, non l’ho fatto per i soldi. Quelli che ho guadagnati li ho investiti in un computer.
Come è stata accolta la mascotte?
La prima reazione, negativa, l'ho avuta da Gigi Riva. Eravamo seduti accanto sul pullman che ci riportava dal Quirinale nella sede celebrativa e mi ha detto che a lui non piaceva. A tanti altri giornalisti non è piaciuta, perché si aspettavano un animaletto simpatico. Invece lì hanno visto una roba un po’ spigolosa, un po’ fredda e naturalmente è stato accettato in modo abbastanza negativo. Però, come le canzoni, dopo quattro volte che la ascolti cambi idea. Infatti dopo è piaciuta, ha avuto un successo straordinario anche a livello di merchandising.
Ma quanto era voluto questo stacco rispetto alle precedenti mascotte, e in realtà anche a quelle future?
Come le ho detto l'ispirazione mi è venuta davanti a un semaforo, quindi è stato un processo piuttosto istintivo. Ma allo stesso tempo credo che creare un animaletto o un pupazzetto simpatico, nonostante funzioni per certi versi, sia molto riduttivo, soprattutto a livello nazionale. Queste mascotte non hanno niente di comunicativo, io non ho presente quella dei mondiali del Brasile ma vanno a cercare sempre un pupazzetto e non si esce dai soliti schemi.

Le mascotte dei mondiali. Trova l'intruso.
Secondo lei anche Foody, la mascotte di EXPO 2015, rientra in questi canoni?
È stata disegnata dalla Disney, è ovvio che c'erano interessi più grandi che andavano assecondati, dato che la commessa è stata assegnata quando gli Stati Uniti non avevano ancora firmato il contratto di partecipazione.
E il fatto che, a quanto pare, non ci sia stata una vera competizione ha influito sul risultato finale?
Si vede molto il tratto disneyano, a me non dispiace. Anche il fatto che si possa scomporre in vari sotto personaggi, ognuno con una propria storia, è una mossa intelligente.
Dopo Italia 90 ha mai partecipato a progetti simili?
Poco dopo il mondiale io con la BIC licensing di Milano, che si occupa di licensing, abbiamo creato la IFL (Italian Football League), ovvero un progetto per vendere il merchandising delle squadre di Serie A e B in Giappone, tutto sotto l’egida della FIGC. Il progetto è durato tre anni e sarebbe dovuto continuare, ma poi si è sgonfiato tutto perché alcune grandi squadre volevano gestire i propri marchi indipendentemente dalla FIGC e quindi il progetto non ebbe seguito.
Secondo lei il fatto che Ciao sia così diversa ha contribuito a farla vivere anche dopo il Mondiale?
Non credo. Come tutte le mascotte la sua forza si esaurisce una volta finito il mondiale. Io e la BIC licensing avevamo un sacco di progetti perché pensavamo che l’Italia avrebbe vinto. Volevamo ripresentare la mascotte sotto una forma leggermente diversa che poteva andare avanti con altri significati pur mantenendo la sagoma di Italia 90—il Ciao motociclista, il Ciao golfista, un Ciao abbinato a tutti gli sport. I mondiali non li abbiamo vinti quindi è finito tutto così.
Dev'essere stata una grossa delusione che l'Italia non abbia vinto.
Lo è stato un po' per tutti. Per noi senza dubbio.
Però insomma, lei rimane il creatore della mascotte più strana mai creata.
Sì, mi ha gratificato molto nel mio mestiere, per me è quasi come un figlio.
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