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Sei un nerd?

È James Franco che te lo chiede.

Immagine di Courtney Nicholas

È un quesito che ci tormenta ormai da tempo: cos’è un nerd? Ora i nerd sono fighi? Ma la realtà è molto diversa da come la ritraggono i media. In Storia naturale del nerd, l’autore Benjamin Nugent esplora la sua infanzia a base di Dungeons & Dragons, videogiochi, strane interazioni nel cortile della scuola e confronti con atleti per comprendere fino in fondo la nerdità.

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La tesi di Nugent è che i nerd tendono ad assomigliare a computer: in pratica, sarebbero più a loro agio con regole e sistemi su cui possono fare affidamento, piuttosto che con i segnali derivati dalle interazioni sociali tra persone. C’è addirittura un capitolo in cui si mettono a confronto le caratteristiche generali dei nerd con quelle delle persone affette da sindrome di Asperger: inabilità a comprendere il linguaggio del corpo e le espressioni facciali, strani tic, atteggiamenti particolari, dipendenza da condizioni predefinite…

Il cortile della scuola è il luogo in cui si tracciano i confini del nerd rispetto all'atleta. Quando il paesaggio rurale americano iniziò a fondersi con quello cittadino e il mondo agreste fece spazio a quello industriale, sorse la necessità di affermare la propria indipendenza dai macchinari della fabbrica. L'attività fisica permetteva agli uomini di competere e provare la loro superiorità l’uno sull’altro, anche se la vita lavorativa era piena di sottomissioni.

Se la dicotomia atleti vs nerd rappresenta il fisico vs il mentale, i nerd sono forse i nuovi fighi, in quest’era dell’informazione in cui il rispetto che un adolescente si merita si basa sul suo profilo nei social-network? Certo, ammiriamo e paghiamo profumatamente i nostri sport, ma sembra in qualche modo un’ossessione conservatrice, una preoccupazione terrena quando siamo già in un mondo postumano. Passiamo metà dei nostri giorni, metà delle nostre vite, a guardare schermi, inchiodati al regno digitale—il regno dei nerd.

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Finita la mia esperienza scolastica mi sono trovato a pensare a quanto il liceo somigliasse a un’arena per gladiatori. A meno che tu non vada a una scuola specializzata in cui tutti sono lì perché vogliono imparare qualcosa di specifico, ti trovi più o meno buttato nella mischia con persone che spesso hanno poco in comune, a parte l’età e la città di provenienza. Ho frequentato una scuola pubblica molto buona, e anche se non facevamo l’agiografia ai nostri atleti ci siamo arrivati vicini. La nostra squadra di basket vinse il campionato di stato nel ’93, e Jeremy Lin ha frequentato la mia stessa scuola (la Palo Alto High School) dieci anni dopo di me.

Se i nerd non riescono a competere nella scena sociale dei corridoi del liceo o nelle feste del fine settimana perché non capiscono le regole di quel tipo di interazioni, o non hanno il capitale relazionale con cui affrontare il sesso opposto, non è certo una sorpresa che trovino rifugio nel mondo della fantasia, dove le regole sono strettamente codificate: giochi di ruolo, videogiochi, programmi televisivi… In questi mondi fittizi, gli esclusi che non riescono a competere nella realtà possono entrare in una competizione in cui esiste parità tra le forze in campo; tutti sono un avatar. Sono situazioni con regole chiare, che non possono o non intendono essere cambiate, al contrario di quanto avviene nel mondo sociale, in cui tutto è relativo e segnali persi o mosse false possono lasciarti ai piedi della scala della popolarità.

Ma non giocano tutti ai videogiochi, oggigiorno? Non sono tutti sui social network? E l’ascesa degli hipster è anche l’ascesa dei nerd? Gli hipster, almeno alcuni tipi di hipster, si distinguono per il loro amore e la loro ricerca di attività vecchie, retrò: vecchie mode, vecchia musica, vecchi film, vecchia arte. Questo richiamo a un’epoca andata è un modo per sottrarsi alla competitività del presente. È un modo per dire, “Non voglio dover star dietro a tutte le mode. Accetto il modo di essere sfigato come una figata. Ho qualcosa su cui fare affidamento perché viene dal passato e non sto attingendo al mercato di consumo di massa.” Quindi chi sono, esattamente, i nerd oggi? Quelli che seguono l’onda della nuova tecnologia? Quelli che cercano e creano nuove forme di sottocultura della fantasia? In un mondo in cui tutti hanno un avatar su facebook, cos’è la fantasia e cos’è reale? Tutti viviamo con simulacri e gli atleti che giocano partitelle per un pubblico di amici e parenti sembrano minuscoli in confronto alla competizione internazionale tra giocatori online di World of Warcraft.

In questa dinamica atleti-nerd c'è anche un aspetto "razzista" su cui però non voglio soffermarmi. Dirò soltanto che il modo in cui l’umanità si distingue, rispetto ad altri animali (per esempio, siamo più intelligenti e abbiamo più scelte) o dai computer (per esempio, abbiamo più emozioni e spontaneità), serve a mantenere la superiorità della razza caucasica. Anche se i nerd ebrei o asiatici stanno chiaramente spianando la strada per il futuro delle interazioni, saranno comunque visti come socialmente inetti, in un modo o nell’altro, perché quando la razza bianca—la razza eteronormativa—si vedrà mancante, cambierà il modo di percepire la realtà, in modo sia da denigrare la competizione, sia da guadagnare materialmente dal lavoro degli altri.

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