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Buona camicia a tutti

Le persone più felici del mondo si battezzano in piscina.

Un fatto che non avevo chiaro dei Testimoni di Geova, è cosa esattamente avessero di diverso dai cristiani. Non tanto a livello di pratica, gerarchie o di alcuni dettagli dottrinali, quanto proprio nella sostanza della loro fede. Non mi sono mai interessato troppo alla cosa, e non sapevo come mai non si fossero storicamente costituiti come una differente confessione cristiana, ma direttamente come religione altra. Al pari della chiesa Mormone che, però, si giustifica automaticamente con le proprie derive Sci-Fi (dio è un alieno, Lucifero è suo figlio, Luke Skywalker pure, etc. etc.). L’ho saputo solo molto di recente: praticamente considerano Gesù e l’arcangelo Michele la stessa persona. Niente spirito santo né transustanziazione né, scoprirò poi, altre parole con più di tre sillabe. Una concezione antitrinitaria—in tutti i sensi—venuta da non si sa bene dove e che ha portato tutte le chiese, specialmente quella cattolica, a non volerci avere niente a che fare.

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In fatto di organizzazione e gerarchie, la cosa che spicca di più e che tutti conosciamo è che non hanno una casta sacerdotale: i fedeli fanno tutto da soli, dal ben noto proselitismo (“salve, vorrei parlare della Bibbia”) allo svolgimento degli incontri comunitari, retti dagli anziani delle varie adunanze. Periodicamente, i fratelli si ritrovano tutti insieme per assemblee di varia entità. Lo scorso fine settimana ce n’è stata una al forum di Assago, e noi abbiamo deciso di vedere di cosa si trattava.

Il primo fatto evidente è quanti pochi sforzi facciano i Testimoni per stare lontano dai cliché con cui vengono identificati di solito. Mi sa che non gliene potrebbe fregare di meno. Dio deve essere davvero dalla loro, o forse si tramandano da secoli qualche trick segreto, considerato che la combo camicia-cravatta non sembra avere commosso una singola ascella in quella che è senza dubbio una delle giornate più calde dell’anno. Geova gli ha fatto evidentemente dono della maglietta della salute.

Grazie all’epica efficienza dei trasporti pubblici milanesi, arrivo con un ritardo di quasi un’ora. Marco, il fotografo, è già lì da solo a prendersi le occhiate di diffidenza delle masse e mi sta maledicendo. Al mio arrivo veniamo in contatto col signor Roberto DeAngelis, addetto stampa dell’evento.

Non ha molto da fare, essendo noi praticamente gli unici giornalisti interessati alla cosa; per questo motivo ci seguirà come un’ombra per quasi tutta la nostra permanenza. Come da tradizione, ci tiene molto a spiegare ogni più piccolo dettaglio dell’organizzazione e del programma. Anche quando gli dico di volere ascoltare quello che l’anziano di turno sta spiegando.

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Ci ficchiamo un po’ dappertutto in giro per il palazzetto, con l’infaticabile Roberto sempre alle calcagna. Nella folla c’è gente di tutte le età: al piano terra anziani e disabili—anzi, qui li chiamano “infermi”—, sopra moltissime famiglie e individui di mezza età, ma anche alcuni giovani. I più strani sono i bambini: sono tendenzialmente seriosi, molto più degli adulti.

Quello che riesco a cogliere del sermone mattutino, tra un intervento informativo e l’altro, è  che si tratta di un’infarinatura molto generica. La cosa mi lascia un po’ perplesso. Voglio dire, quando i cattolici fanno robe del genere provano almeno a darsi un tono di profondità e riflessione, questi invece predicano ai convertiti sui contenuti base della loro morale. Settimo Cielo, a confronto, è Tommaso d’Aquino.

Come se la chiarezza non fosse già sufficiente, il discorso è ribadito da un tot di piccole scenette interpretate da fratelli-attori di chiara levatura. Per non farsi mancare niente, le ripetono pure due volte: nella prima vediamo solo lo svolgersi dei fatti, nella seconda siamo messi al corrente della vita interiore dei protagonisti. Ognuno di loro si chiede cosa avrebbe fatto Gesù al loro posto.

La prima è molto bella: ci sono due ragazze, una è credente e l’altra no, ma è convinta che l’umanità abbia fatto grandi passi negli ultimi secoli. La Testimone si chiede se sia il caso di distruggere queste sue convinzioni spiegandole che il mondo è un luogo orribile e peccaminoso. Ci rinuncia in nome dell’amore e le indora la pillola. Segue uno sketch dedicato al perdono: ci sono due sorelle che si incontrano per caso, di cui una ha fatto un qualche sgarbo all’altra ma ha l’ardire di salutarla e chiederle come sta.

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La vittima è molto combattuta, ma alla fine risponde “bene, grazie.”

L’ultimo di questi Miracle Play è senza dubbio il mio preferito. Protagonisti sono tre ragazzi liceali, di cui due si capisce che non sono Testimoni di Geova perché non portano la camicia. A loro piace un botto il prof. di biologia: “È proprio il migliore,” perché “ha fatto stare zitti tutti quelli là che credono nella creazione.” Il terzo, dotato di fede e camicia, sceglie di non tirarsi indietro e inizia una filippica anti-evoluzionista che ha come tesi principale “neanche gli scienziati sono tutti d’accordo.” Una logica impeccabile. In effetti ho perso il conto di quante conversazioni di questo tenore ho avuto al liceo.

Ma niente, il continuo flusso di informazioni proveniente dallo zelante DeAngelis non sembra arenabile. Ci conduce fuori per una visione in anteprima della vasca in cui, di lì a poco, si svolgerà il battesimo di gruppo. Per i Testimoni di Geova il battesimo è un passo importante che racchiude in un gesto unico la decisione di far parte dei salvati: non c’è bisogno di riconfermare periodicamente la propria fede come nel cattolicesimo. Per questo, è un passo che si compie da adulti e non viene mai imposto a ragazzini ignari. Almeno apparentemente.

Torniamo all’interno giusto in tempo per l’ultima preghiera prima dell’inizio della cerimonia. Chiudono gli occhi e si uniscono tutti in un'unica voce, compresi volontari e infermieri.

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L’anziano che sta officiando rivolge ai battezzandi, seduti nel loro settore speciale, due domande sul gesto che si apprestano a compiere. Poi parte un inno: una musichetta MIDI con trombette che mi ricorda, più di ogni cosa, l’inno di Forza Italia (non ne sono sicuro, ma forse era questo).

Inizia la processione verso l'acqua santa. I nuovi Testimoni seguono il cartello con scritto “battesimo” e si vanno a cambiare.

Non entreranno nella vasca senza vestiti, ma perlopiù con indosso delle magliette bianche. Fuori è già pronta una squadra di battezzatori tipo baywatch spirituali.

Non sono un grande frequentatore di cerimonie religiose di alcun tipo, ma ho sempre avuto la mezza idea che un importante passo spirituale dovrebbe avere un che di solenne. Invece questi si tuffano e se la spassano, con una vitalità che, confrontata alla seriosità imperante fino a quel punto, è davvero commovente. Infatti qualcuno piange.

I primi a tuffarsi sono i maschi, poi è la volta delle donne, tra cui una signora di 76 anni che mi ha fatto davvero preoccupare. Dubitavo fortemente che sarebbe sopravvissuta all’atto di venire spinta sott’acqua da due uomini, ma la potenza di Geova ha fatto sì che non annegasse, e così è risorta a una nuova vita.

È mezzogiorno e fa un caldo boia, e pur di bagnarmi la testa quasi mi battezzerei anche io. Qualcuno si accorge che sto soffrendo e mi offre dell’acqua, consigliandomi di non bere quella della piscina. Non perché è consacrata ma “perché c’è il cloro.” Inizio ad avere dei problemi con l’umorismo di questa gente.

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Compiuto il sacramento sono tutti contenti. Le fila dei testimoni di Geova si sono arricchite di 56 nuovi militi. Segue una brevissima pausa pranzo, durante la quale ho modo di conversare un po’ con alcuni giovanissimi Testimoni. Sono un gruppetto proveniente da Novara, hanno intorno ai vent’anni e solo in due su sei sono già battezzati. Colgo l’occasione per parlare di uno degli argomenti più controversi del loro dogma, ovvero il rifiuto delle trasfusioni. Gli chiedo perché proprio quel passo del Levitico vada seguito alla lettera e non, ad esempio, quello in cui si condanna alla lapidazione chiunque indossi capi di due tessuti diversi o pianti due tipi di ortaggio nello stesso campo, per non parlare poi degli stronzi che si ostinano a lavorare di sabato.

La risposta è che il rifiuto del sangue altrui è stato confermato anche da Gesù. Non è esattamente così: deriva più che altro da un passo degli Atti degli Apostoli in cui si ammonisce il credente di “astenersi dal sangue.” La logica interpreterebbe questa frase come “non uccidere”, ma immagino sia solo la mia ignoranza. Loro, del resto, si vantano di fare uno studio molto approfondito delle scritture. Si capisce dalla camicia.

Sono, e si dichiarano, le persone più felici del mondo. Ci credono da morire e sono certissimi di avere fatto l’unica scelta possibile. Il fatto che sono tutti nati e cresciuti all’interno di comunità che ci vengono spesso raccontate come piuttosto restie al confronto con il resto del mondo non deve farmi venire dubbi sulla libertà della loro decisione.

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Prima che me ne accorga, è ora di tornare all’interno del forum. Ricominciano i discorsoni e le scenette, e io comincio davvero a non poterne più. Il topic del pomeriggio è Satana con tutte le sue tentazioni, e gli apostati suoi agenti sul suolo terreno. Ecco quindi un altro punto fondamentale della morale di Geova che viene a galla: la diffidenza nei confronti dei non credenti. La filippica invita quindi a diffidare spesso e volentieri, dispensando anche preziosi approfondimenti su questioni della morale tipo che vestirsi troppo sexy è peccaminoso, e altri concetti base sparati a raffica su un auditorio che, evidentemente, non è ancora convinto.

Da qui in poi, tutti gli eventi si trasformano in una pesante e ripetitiva nebbia di precetti morali scontati e regolette assurde. Ricordo solo l’ennesima scenetta, stavolta con una svolta metatestuale: una coppia di genitori che indottrinano il figliolo fingendo a loro volta di essere suoi compagni di scuola. Gli spiegano perché non deve festeggiare i compleanni. Non ho capito di preciso il motivo perché DeAngelis aveva qualche importantissima informazione da darmi proprio in quel momento. Subito dopo vengo avvicinato anche da un altro addetto ai lavori, che ha molto a cuore di farmi notare la presenza di un’anziana signora, Testimone di Geova da oltre sessant’anni. Cioè da quando questa religione è arrivata in Italia. Molto interessante, grazie.

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Il flusso di prediche e passi della Bibbia for dummies continua imperterrito finché le nostre sinapsi non cedono e ce ne andiamo a casa. Salgo in metro carico di materiale informativo e volantini, tutti marchiati da quell’inconfondibile stile grafico che se ve ne hanno mai mollato uno in mano conoscete bene. In metropolitana mi guardano tutti quasi spaventati, come se stessi per avvicinarli e parlargli di Gesù da un momento all’altro. Che figata, ora so come ci si sente.

Segui Francesco su Twitter: @FBirsaNON

Altre testimonianze dai testimoni:

Come fare felice Geova e rendere il proprio figlio un disadattato