Shun è un vignaiolo giapponese di 37 anni, laureato in biologia all’università di Tokyo, che viene a vivere di sua spontanea volontà a Travo -comune di ben 2082 anime- in Val Trebbia, quando di anni ne ha soli 33.
Shun scende dalla sua Land Cruiser con una sacca di tela sulle spalle e il sole in faccia. Siamo a febbraio, ma la giornata è stupenda per visitare una vigna in Val Trebbia, c’è caldo, siamo tutti in maglione e occhiali da sole, e in quel momento mi sento un po’ Russell Crowe in “Un’Ottima Annata”.
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Apriamo il cofano prima di incamminarci sulla piccola salita che ci separa dalla vetta delle vigne, tiriamo fuori tre arance e saliamo piano piano.
Shun Minowa è una di quelle persone che ti mette subito a tuo agio; parla un italiano perfetto e forbito, nonostante viva qui da soli 5 anni, e con lui non ti senti in imbarazzo a stare in silenzio a fissare le querce in lontananza nel suo appezzamento.
Mentre chiacchieriamo Shun tira fuori quattro calici dalla sacca di tela, che aveva avvolto in un asciugamano per proteggerli fino all’arrivo in vigna, e una bottiglia della sua ultima annata del bianco che produce. Per la sua etichetta, Gate, produce solo un bianco e un rosso, il tutto con mezzo ettaro in affitto. Più che un vino qui si tratta di un mezzo miracolo.
Ricordo la bottiglia da un pranzo di compleanno l’anno scorso, in un ristorante in provincia di Piacenza: l’oste ce ne aveva portata una di soppiatto, perché ufficialmente non era ancora in vendita. Shun rimane colpito che fossi arrivata “preparata” e soprattutto che avessi già provato il suo vino al ristorante.
Le caratteristiche che ha un vino vengono dal clima, dal suolo e da tutte le mani che lo hanno lavorato….il vino registra tutta la sua storia, no? Non ci sono tante cose così interessanti in giro secondo me
La storia di Shun è abbastanza insolita: vignaiolo giapponese di 37 anni, laureato in biologia all’università di Tokyo, viene a vivere di sua spontanea volontà a Travo – comune di ben 2082 anime (e sì, Shun è già nella conta) – in Val Trebbia quando di anni ne ha soli 33.
“Mio padre era amante della cucina occidentale e ogni tanto preparava i cibi italiani, francesi. Forse da quell’esperienza mi è venuta la passione per la gastronomia, ma non ho mai ho visto i miei genitori bere del vino.”
Gli chiedo come mai ha iniziato a fare vino: “Mi sono innamorato di questo mondo perché ogni singolo vino è diverso; le caratteristiche che ha un vino vengono dal clima, dal suolo e da tutte le mani che lo hanno lavorato….il vino registra tutta la sua storia, no? Non ci sono tante cose così interessanti in giro secondo me. Pensa poi al lavoro che fanno i batteri e i funghi, che sono fondamentali per creare la grandissima diversità di vini. Non c’è solo il terroir, ma grazie ai microrganismi la varietà di vini diventa ancora più ricca. Il vino è come un inno per gli esseri ‘diversi’ ed è per questo motivo che – per forza – devo vinificare senza usare SO2 (solforosa), per assicurare la personalità potenziale del vino, personalità espressa da tutti i microrganismi, che non voglio alterare.”
Gli chiedo che tipo di vino si beve in Giappone, qual è il mercato: “Secondo me Tokyo è uno dei mercati più interessanti del mondo per il vino naturale. Da 10/15 anni va fortissimo, e mi sono sempre chiesto perché i giapponesi fossero stati capaci di accettare questa “novità” così facilmente. Forse perché mangiamo da sempre cibi e bevande fermentate? Anche cose abbastanza pericolose e strane, come la soia fermentata che puzza di piedi, eccetera, quindi siamo sempre stati potenzialmente capaci di accettare gli odori particolari, un pò funky. Forse per quello quando il vino naturale è entrato in Giappone ha avuto grande successo. Prima di questo movimento anche noi abbiamo cominciato con il vino francese, italiano, DOCG, Bordeaux, Borgogna eccetera… Secondo me adesso questi grandi vini hanno meno importanza nel mercato giapponese.”
Shun lavora come distributore in un’enoteca, sempre a Tokyo, e poi decide di andare a lavorare in Spagna, perché si innamora del vino catalano, che definisce “il vino più solare, più brillante e a volte più caldo. Poi ho sempre avuto una mia teoria: quando devi scegliere un posto dove andare a vivere, scegli un posto che produce un vino che ti piace, perché il vino è un riflesso della gente che lo fa e lo beve”.
Dopo la Spagna lavora in Cile, “alla ricerca della vigna vecchia, perché lì ci sono tantissimi produttori che hanno vigne di 200/250 anni”. In Europa, come molti sanno, le vigne sono state distrutte dalla “grande invasione” della fillossera a fine del ‘800, che ci ha costretti ad un rinnovamento epocale della viticoltura. In Cile scopre il movimento del vino naturale “sempre i contadini cileni facevano fini senza solfiti e filtrazioni, vini strepitosi, però erano completamente sconosciuti”. Ritorna poi in Giappone per fare esperienza in una cantina di sake; poi la Val Trebbia, dove va a lavorare a La Stoppa – assaggia i suoi vini per la prima volta in Cile-, cantina molto nota nell’ambito del vino naturale italiano. Mi racconta: “È stata un’esperienza incredibilmente interessante che ha rovinato tutte le esperienze che avevo fatto negli ultimi dieci anni; ho dovuto dimenticare tutta la conoscenza acquisita prima, dovevo ricostruire i pensieri e le filosofie da zero, è stata una cosa molto drastica. Mi è piaciuto moltissimo il lavoro con Elena Pantaleoni e Giulio Armani, e anche il posto, la Val Trebbia è bellissima e ho trovato un’ambiente quasi mistico, molto spirituale. “
Secondo me la Val Trebbia e uno degli epicentri italiani e mondiali del vino naturale, ho deciso di fare il mio vino qui perché già c’era una base forte,
Shun aggiunge: “Questa sensazione mistica, spirituale, che sento qui, è una cosa propria alla Valle stessa. Non ho la stessa sensazione in altre valli circostanti, anche se sono molto belle. Non so perché ma la Val Trebbia ha qualcosa di molto speciale. Pensa che 1400 anni fa San Colombano, un monaco molto importante di origini irlandesi che ha viaggiato tutta l’Europa per insegnare la religione Cattolica, ha scelto la Val Trebbia come luogo per passare gli ultimi anni della sua vita”.
Shun ci tiene a dirmi: “È la stessa sensazione che provo quando vado in qualche vecchio tempio; ce ne sono tanti di templi scintoisti in Giappone, e ce ne sono ovunque, ma senti qualcosa in questi posti, qualcosa di mistico. E quando vedo la pietra Parcellara o il fiume Trebbia, sento qualcosa di stranamente simile.”
In Val Trebbia conosce anche Andrea Cervini del Poggio e Alberto Anguissola di Casè di cui mi racconta: “Queste bellissime persone mi hanno aiutato tutto il tempo, con tutte le difficolta che ho avuto. Sono stati sempre con me per darmi una mano, secondo me senza di loro non sarei mai riuscito a far il mio vino in questa valle.”
Continua: “Secondo me la Val Trebbia e uno degli epicentri italiani e mondiali del vino naturale, ho deciso di fare il mio vino qui perché già c’era una base forte, grazie ad altri vignaioli che da sempre lavorano queste terre. Io sto qua grazie a questi miei grandi fratelli, quasi padri.”
Nel mentre beviamo il vino seduti sotto al sole in vigna, il Gate è freschissimo, immediato. Ha un’etichetta pazzesca e una bella sbatta di produzione alle spalle. Stiamo parlando di uve autoctone alla zona, Ortrugo e Malvasia di Candia aromatica e Marsanne, una varietà francese introdotta in Italia dagli scagnozzi di Napoleone proprio nella zona di Piacenza (e un po’ anche in Toscana).
Mi spiega Shun: “Il vino che adesso comincerò a vendere si chiama Gate 2019, varietà 80% Ortugo e 10% Malvasia di Candia e 10% Marsanne. In vigna uso solo le mani, mai il trattore, cerco di fare meno trattamenti possibili ma a volte uso quantità abbastanza basse di zolfo in polvere e rame. La vendemmia però è sempre, sempre fatta a mano.”
In vigna mi fa provare il Gate 2020 direttamente dalla vasca di cemento. Mi dice che è ancora un po’ dolce, un po’ frizzante.
Gli chiedo come si sente qui, se gli manca un po’ il Giappone o parlare giapponese: “Qui a Tavo siamo almeno in quattro dal Giappone, io e altri tre ragazzi che lavorano come cuochi in un ristorante molto rappresentativo in zona, ti ci porto volentieri la prossima volta, devi per forza provare i loro piatti.”
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