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Il concetto di amnesia è tutto da rivedere

Le persone affette da amnesia non sono "intrappolate nel presente"
Immagine: Momento, ovviamente

Provate a immaginare di poter vedere soltanto il vostro presente. Ogni esperienza vissuta svanisce immediatamente, lasciandovi in una veglia temporale fatta solo di oscurità, vuoto, e forse qualche sagoma sfocata. Come potreste elaborare un futuro, fare piani e valutarne i possibili effetti? Questa circostanza è facilmente descrivibile come l'esperienza di essere “bloccati” nel presente: un passato inesistente che corrisponde all'incapacità di comprendere la realtà. Sarebbe forse come trovarsi a bordo di una piccola zattera che va alla deriva in mare aperto, trascinati per migliaia di chilometri dalla corrente, condannati a vedere sempre lo stesso blu, e la stessa zattera. È difficile immaginare un senso di vuoto più angosciante.

La nozione di blocco temporale è qualcosa di ben radicato nella psicologia, in larga parte grazie a un famoso paziente di nome Kent Cochrane. Nel 1981, in seguito a un incidente in motocicletta, Cochrane subì dei danni al cervello che lo portarono ad avere una riduzione considerevole della memoria episodica—quella costituita unicamente da “ricordi cronologici”, cioè dai ricordi di eventi connessi a specifici momenti della vita. È possibile ricordarsi, per esempio, come si usa un programma, ma non il momento in cui ci si è seduti per imparare a usarlo. Quest'ultimo è un ricordo episodico ed è distinto dal primo, un ricordo implicito: "sapere" non è "ricordare".

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L'amnesia inibisce i ricordi, ed è questo che era successo a Cochrane quando entrò in contatto, negli anni 80, con Endel Tulving, pioniere delle neuroscienze cognitive e della psicologia sperimentale.

Cochrane disse a Tulving che sentiva la sua mente “vuota”: senza un futuro e senza un passato. Il suo caso portò alla diffusione della credenza generale che le persone affette da amnesia avessero una percezione del tempo diversa rispetto a quelle con una memoria episodica intatta. Questo sembra sensato, ma un nuovo studio pubblicato sulla rivista Neuropsychologia dal filosofo Carl F. Craver, professore alla Washington University a San Louis, ha messo in discussione quest'opinione diffusa. Craver e i suoi colleghi hanno anche intervistato Cochrane, allora molto anziano, e hanno scoperto qualcosa di diverso: il paziente aveva conservato una “coscienza temporale”. Cochrane riusciva a collocare gli eventi della sua vita su una linea temporale e dimostrava anche una conoscenza funzionale di base dei concetti temporali; i suoi processi decisionali avevano un orientamento temporale, e l'uomo possedeva una chiara comprensione della successione degli eventi nel passato.

Inoltre, Cochrane non sembrava vivere nel “carpe diem” patologico che ci si potrebbe aspettare. Secondo una serie di test cognitivi, le sue decisioni venivano prese sulla base di aspettative sui risultati futuri, e anche i tratti della personalità “autoindulgenti nella ricerca dei piaceri” erano molto deboli. L'opposto di quello che ci si aspetterebbe da una persona “intrappolata” nel presente. Più nello specifico, Cochrane era in grado di rinunciare a ricompense più piccole e immediate in nome di ricompense future più grandi.

“Una serie di assunti prova empiricamente che queste persone sono bloccate nel presente,” ha affermato Craver in una rassegna stampa della WUSTL. “Ma nessuno ha mai testato cosa queste persone sappiano effettivamente del tempo.”

Cochrane, il cui cervello fu probabilmente il più studiato al mondo, è morto la scorsa primavera. Craver sottolinea che il suo saggio, divulgato per la prima volta in marzo, è l'ultimo del suo genere pubblicato quando il paziente era ancora in vita. “Queste scoperte portano a una serie di nuove domande sulle persone affette da amnesia,” ha detto Craver. “Molte questioni che prima pensavamo fossero risolte, sono di nuovo aperte.”