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Sono andato alla mostra di cadaveri di Milano per vedere se sarei svenuto

A sentire diverse testate, nel suo primo mese di apertura Real Bodies avrebbe fatto star male ben 63 visitatori, soprattutto uomini tra i 20 e i 35 anni. Ovviamente, siamo andati a verificare di persona.

Non so se avete mai sentito parlare di Real Bodies, la mostra internazionale di anatomia che espone cadaveri plastinati, ossia sottoposti a un particolare processo di conservazione in cui i liquidi corporei vengono sostituiti da polimeri di silicone. Io ho un ricordo molto preciso legato a questa mostra: quattro anni fa una ragazza con cui uscivo mi ci ha portato come appuntamento e anche se non sono svenuto devo dire che è stato piuttosto inquietante—perché sono pur sempre cadaveri veri. Ora la ragazza in questione l'ho persa di vista, mentre Real Bodies è ancora in giro: in queste settimana è esposta a Milano e avrebbe causato una lunga catena di malori.

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A sentire diverse testate, infatti, nel suo primo mese di apertura la mostra ha fatto star male ben 63 visitatori, "tra malori momentanei e veri e propri svenimenti." Secondo il Corriere della Sera c'è stata una media di tre malori al giorno, tanto che "la direzione della mostra ha predisposto una zona infermeria per far riprendere i visitatori colti da malore e ora sta valutando se dotare di defibrillatore" la sede dell'esposizione. Secondo Repubblica, la maggior parte delle vittime di cali di pressione, mancamenti e vertigini "sono maggiorenni, molti sono maschi tra i 20 e i 35 anni."

L'esterno della mostra. Foto di Vincenzo Ligresti.

Ma fa veramente così impressione? Personalmente, se ripenso alla mia esperienza di quattro anni fa non mi vengono in mente malori o sensazioni particolari alla bocca dello stomaco. Se mi fossi sentito male o se dopo aver visitato la mostra me la fossi sognata la notte credo che me lo ricorderei. Invece mi è sembrata solo una lunga (e a dir la verità, noiosa) lezione di anatomia. Ma forse sono io a essere molto poco impressionabile. Dopotutto l'anatomia mi ha sempre appassionato e una volta a Carnevale, avrò avuto sì e no otto anni, mi sono vestito da globulo rosso con tanto di palloncini azzurri attaccati sulla schiena (perché i globuli rossi trasportano l'ossigeno).

Così ho deciso di andarci di nuovo, stavolta facendomi accompagnare dal mio collega Vincenzo in qualità di fotografo nonché di "maschio tra i 20 e 35 anni" ignaro del contenuto della mostra. In pratica, volevo vedere se sarebbe svenuto.

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L'autore è quello non vispo.

La mostra è in esposizione allo Spazio Ventura di Lambrate, che è esattamente dall'altra parte della città rispetto a casa mia. Per arrivarci a un'ora decente mi sono svegliato presto ed è questo il motivo per cui in questa foto che ci siamo fatti scattare di fronte all'ingresso della mostra ho gli occhi praticamente chiusi e un'espressione ebete. Dopo essermi visto in faccia abbiamo deciso di passare al bar di fronte per farci un caffè prima di fare la fila per entrare.

Sul suo sito ufficiale—dove c'è anche un'introduzione video fatta da Alessandro Cecchi Paone—la mostra viene descritta come "un affascinante viaggio attraverso la nostra principale, straordinaria ricchezza: il corpo umano" e "una mostra nuova e mai vista prima, in ESCLUSIVA E PROGETTATA SOLO PER MILANO." In realtà però la collezione—che comprende 400 cadaveri completi e oltre 300 organi—è sempre la stessa e quello che cambia in modo "esclusivo" sono i diversi allestimenti e diversi "pezzi" esposti.

In effetti, l'allestimento è tale che—pur avendola già vista—sul momento la mostra mi ha fatto una certa impressione. Appena entrati, ad esempio, ci si ritrova in una sala buia con al centro, di fronte al corridoio da cui arriva il visitatore, un cadavere plastinato messo nella posizione dell'uomo vitruviano di Leonardo Da Vinci.

Tutta la mostra è avvolta nella stessa oscurità. Nelle varie sale, ognuna dedicata a un sistema o a un apparato del nostro corpo, le uniche luci sono quelle di alcuni faretti che puntano su i vari corpi, scheletri e organi umani platinati esposti sotto teche di vetro o sui cartelli che ti spiegano come si forma e come ti uccide un tumore al fegato. Il risultato è insieme freddamente scientifico e incredibilmente macabro.

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Quella mattina la mostra non era particolarmente affollata. Nonostante questo gli ingressi erano scaglionati, e venivano fatti entrare piccoli gruppi di persone per volta. Durante la nostra visita eravamo in compagnia di un gruppo di studenti di qualche liceo artistico che ogni volta che entravano in una nuova sala si sedevano per terra e si mettevano a disegnare i corpi in esposizione.

Ma non c'erano solo liceali. A un certo punto durante la visita mi sono trovato a passare di fianco a un gruppo di quattro signore sulla cinquantina che commentavano quello che stavano vedendo con un forte accento bresciano. "Che impressione!" ha detto una, mentre un'altra le ha fatto eco con un "Sembrano quasi veri," che mi ha fatto decisamente riflettere.

Non so se la signora volesse fare una battuta o se davvero non avesse capito nulla della mostra. Ma il fatto è che i corpi in esposizione non sono in alcun modo diversi dai modellini anatomici che c'erano nell'aula di scienze del mio liceo. L'unica differenza è che la donna qui sopra probabilmente ha avuto una vita, una famiglia, dei pensieri e dei sogni prima di morire e venire fissata per sempre nella posa di una equilibrista sul palo.

Ma questa cosa la sappiamo solo perché ci viene detta esplicitamente dalla mostra, che fa leva proprio su questo. La sua principale attrattiva è proprio la morbosità del sapere che stai vedendo dei cadaveri, con allo stesso tempo la consapevolezza rassicurante data dal fatto che quei cadaveri sembrano finti.

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Dentro la mostra.

La sala più inquietante dell'intera esposizione era quella dedicata alla gravidanza. Allineati su dei piedistalli lungo i due muri laterali c'erano dei contenitori cilindrici di vetro con dentro dei feti a vari gradi di maturazione. Non che fosse disturbante al punto da farmi svenire, senz'altro però non è una stanza in cui si entra e si passeggia volentieri. Comunque sia, se davvero tra i visitatori di questa mostra ci sono stati così tanti malori come si dice, immagino che quello sia il posto più probabile dove si sono verificati.

Sempre per quanto riguarda i malori: durante la mia visita non ce ne sono stati. Anche Vincenzo, che è venuto perché per sua stessa ammissione è una persona che si impressiona facilmente, non mi è sembrato stare particolarmente male. Non è svenuto per tutto il tempo in cui stiamo stati insieme, innanzitutto. E quando credevo che i feti imbottigliati che baluginavano nel buio l'avesero disgustato tanto da costringerlo a tenere gli occhi fissi a terra ho scoperto che in realtà stava cercando il copriobiettivo della macchina caduto a terra.

In effetti, se in foto fa questa faccia triste è perché non ha più ritrovato il copriobiettivo.

L'autore (molto tranquillo) e Vincenzo (forse un po' provato) dopo aver visitato la mostra.

All'uscita una delle persone che lavorano alla mostra ci ha chiesto se fosse andato tutto bene e se ci fosse piaciuta. Poi ci ha regalato il catalogo. Ci ha anche garantito che riguardo ai malori era tutto vero, nonostante la nostra esperienza sia stata tranquillissima. Ovviamente non c'è modo di verificare e non si può far altro che credergli sulla parola, anche se in tantissimi hanno liquidato le voci come trovata di marketing. Che poi quelle voci siano le stesse che ci hanno portato ad andare a verificare, trascorrere lì una mattina e scriverci su un pezzo, be', lo trovo piuttosto logico.

Quanto a me, tornando a piedi verso la metropolitana di Lambrate mi sono trovato di fronte un piccione spiaccicato sul marciapiede, ridotto a un groviglio di viscere e piume. Quello sì che mi ha fatto impressione.

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