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La lunga storia dei furti di cadaveri in Italia

Qualche giorno fa, la polizia ha scoperto una banda che voleva rubare la salma di Enzo Ferrari: a quanto pare l'Italia ha una lunga storia di furti di cadavere a scopo di estorsione.

Pochi giorni fa, una vasta operazione della polizia di Reggio Emilia ha smantellato una banda criminale specializzata nel traffico di droga e armi. Nulla di particolare, se non fosse che l'arresto è arrivato nel momento in cui la banda stava progettando il furto—a quanto pare a scopo di estorsione—della salma di Enzo Ferrari, fondatore dell'omonima casa automobilista e sepolto nel cimitero di Modena.

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Per la sua natura particolare e la notorietà del personaggio la notizia ha fatto il giro del mondo, venendo ripresa dalle principali testate internazionali. Ma il furto di cadaveri per i motivi più diversi—medici, di sperimentazione scientifica, economici, criminali—non è niente di nuovo.

Nei secoli scorsi, lo scopo di questa pratica in Europa era essenzialmente medico-scientifico: i cadaveri venivano dissotterrai dai cimiteri e venduti per la dissezione o per lo studio dell'anatomia umana nelle scuole di medicina. Fino al 1832, per esempio, nel Regno Unito l'unico modo legale di procurarsi un corpo per scopi di ricerca era aspettare le sempre più rare condanne a morte. Oltretutto, prima dell'arrivo dell'energia elettrica e dell'invenzione delle celle frigorifere, i corpi si decomponevano rapidamente e diventavano inutilizzabili.

Per questo i furti e lo smercio di cadaveri erano all'ordine del giorno e persino tollerati dalla legge. La cosa era talmente diffusa che spesso per sicurezza le bare venivano sepolte dentro gabbie di ferro dette "casse salvamorto" oppure venivano installate sulla tomba le cosiddette "pistole cimiteriali"—dei meccanismi che, in caso di esumazione, facevano fuoco.

Poi però i progressi della tecnica e le modifiche alla legislazione hanno fatto sparire la necessità di rubare corpi e così i casi di furto di cadavere a scopi medici sono diventati più rari. Ma non sono scomparsi del tutto.

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Nel 2006, ad esempio, negli Stati Uniti c'è stato il caso di Michael Mastromarino, un ex chirurgo e presidente dell'azienda di servizi medici Biomedical Tissue Service, che è finito al centro di uno scandalo quando si è scoperto che la sua azienda rubava ossa, organi e altre parti di cadaveri in attesa di cremazione e li vendeva a diverse compagnie mediche per trapianti o impianti di ossa e legamenti.

Gli organi e i tessuti venivano ottenuti senza il consenso dei familiari dei deceduti—in alcuni casi, con finti moduli che attestavano il consenso—e non venivano sottoposti ad alcun test di sicurezza, con la conseguenza che molte persone che li avevano ricevuti avevano poi sviluppato patologie come l'HIV, l'epatite e la sifilide. Mastromarino era stato condannato a 58 anni di carcere e sulla sua storia era stato realizzato il documentario Bodysnatchers of New York.

Il motivo principale per cui si rubano cadaveri oggi non è più medico, ma economico: i casi di salme trafugate per chiedere poi il riscatto alla famiglia del morto sono piuttosto comuni. In Italia c'è una lunga tradizione di sequestri di questo tipo, una tradizione che ispirato film e meme della cultura di massa e che spesso ha riguardato parenti di persone note o facoltose: imprenditori, politici, calciatori, banchieri o personaggi dello spettacolo.

È il caso dell'ex presidente del Bari Antonio Matarrese, a cui nel 1977 venne rubata la salma del padre con una richiesta di riscatto di un miliardo di lire, o quello dell'ex calciatore Salvatore Bagni, a cui nel 1992 fu rubata la salma del figlio e richiesta la somma di 300 milioni di lire di riscatto (nonostante la disponibilità della famiglia al pagamento del riscatto, la salma non venne mai restituita).

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E ancora: nel 1987 venne rubata la salma dell'imprenditore Serafino Ferruzzi, suocero di Raul Gardini, per la quale furono chiesti 10 milioni di lire di riscatto (la famiglia si rifiutò di trattare). Nel 1992, fu il turno di quella di Guido Vece, imprenditore agricolo di Mesagne, per cui furono chiesti 200 milioni di lire (il corpo fu poi ritrovato nelle campagne vicino al cimitero). L'ultimo caso di questo tipo risale al mese scorso: a Loiri, in provincia di Olbia, è stata trafugata la salma di un ragazzo morto in un incidente stradale nel 1995, figlio di un imprenditore della logistica locale.

Oltre a questi casi—che hanno in comune il fatto di avere avuto tutti motivazioni economiche e di non essere mai a buon fine—ce ne sono poi altri più particolari, che hanno un segno nell'opinione pubblica. Vuoi perché il corpo trafugato era particolarmente famoso, vuoi perché le circostanze della sparizione erano particolarmente assurde.

La tomba di Mussolini al cimitero di Musocco dopo il furto del cadavere. Immagine via Wikimedia Commons

Uno di questi è quello che riguarda il cadavere di Mussolini, la cui storia è raccontata nel libro La salma nascosta di Fabio Bonacina. Dopo l'esposizione in Piazzale Loreto, il corpo del Duce era stato infatti sepolto nel cimitero di Musocco, a Milano, in una tomba anonima per impedire pellegrinaggi di nostalgici. Nell'aprile 1946, però, la salma era stata trafugata da Domenico Leccisi, simpatizzante fascista "che nell'operazione perse una gamba e le falangi di una mano."

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La scomparsa era diventata subito un caso internazionale: si diceva fosse stato portato a Roma all'altare della Patria, trafugato per conto di Churchill o del dittatore spagnolo Franco. La polizia era arrivata a rivolgersi a medium e a tentare sedute spiritiche per scoprire dove fosse il corpo, finché questo non era stato ritrovato in un convento di Milano e sepolto a Cerro Maggiore. Anni dopo, nel 1957, lo stesso Leccisi, nel frattempo diventato parlamentare MSI, era riuscito a ottenere la traslazione della salma di Mussolini a Predappio in cambio di un voto di fiducia al governo a guida DC.

Un articolo di giornale del 2001 sul furto della salma di Cuccia. Grab dall'archivio della Stampa

Ma la storia di Mussolini non ha segnato i tempi quanto ha invece fatto un altro caso: quello del furto della salma di Enrico Cuccia—ex presidente di Mediobanca e una delle figure più importanti del capitalismo italiano del Novecento—che, nel 2001, ebbe una grandissima copertura mediatica.

Cuccia era morto da meno di un anno quando la sua salma era stata trafugata dal cimitero di Meina, sul lago Maggiore, con un'operazione che la polizia aveva definito organizzata e messa in atto da "professionisti." All'inizio era stata presa in considerazione la pista del satanismo (in quel periodo, nei cimiteri della zona erano stati segnalati alcuni episodi di profanazione di cadaveri), poi si era cominciato a pensare al terrorismo o a un "gesto intimidatorio nei confronti di Mediobanca" compiuto da "schegge impazzite dei gruppi anti-globalizzazione."

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Le prime rivendicazioni, piuttosto "strane," avevano contributo a infittire il mistero: prima era arrivata una telefonata a nome di un gruppo chiamato "Disoccupati Rivoluzionari," poi una lettera inviata all'ANSA in cui il presunto ladro affermava che avrebbe restituito "il caro estinto" alla famiglia solo "se e quando l'indice Mib30 ritornerà a quota 50.000 punti."

In seguito, però, si era capito che il movente del furto era economico: era arrivata una lettera con una richiesta di riscatto—spedita però per errore a un certo Paolo Cuccia senza legami con la famiglia del banchiere. Più tardi i ladri erano stati arrestati quando avevano provato a mettersi in contatto con l'amministratore delegato di Mediobanca per ottenere il pagamento del riscatto: la salma era nascosta in un fienile, dentro un casolare abbandonato poco distante dal cimitero.

Una scena da L'ultimo crodino, film ispirato al furto della salma di Cuccia

Paragonabile al caso della salma di Cuccia—la cui influenza sulla cultura italiana dei primi Duemila si vede anche nel film ispirato al caso, L'ultimo crodino, una commedia con Enzo Iacchetti e Ricky Tognazzi che ripercorreva la vicenda in modo assai fedele—c'è un'altra vicenda simile per rilevanza mediatica e influenza culturale: quella del furto della salma di Mike Bongiorno, avvenuto nel 2011.

Anche in questo caso si erano fatti avanti dei mitomani e c'erano stati due arresti di persone poi risultate estranee alla vicenda. Alla fine, quasi un anno dopo il furto, la salma era stata ritrovata nelle campagne di Vittuone, vicino a Milano, senza che fossero mai arrivate richieste di riscatto.

I giornali avevano speculato su un possibile coinvolgimento dell'ndrangheta, arrivata "dove non arrivano le forze dell'ordine" e in grado di "convincere chi ha la bara di Mike che la partita è chiusa, che non ci sono speranze di tirar su qualche spicciolo ed è meglio finirla lì."

Nonostante tutto, però, i responsabili non sono mai stati individuati.

Thumbnail: ladri di cadaveri in un'illustrazione del Settecento, via. Segui Mattia su Twitter