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Le strumentalizzazioni sulla morte del bambino nella metro di Roma

Il tragico incidente di ieri a Roma, nel quale un bambino di quattro anni ha perso la vita cadendo in un vano ascensore della metro di Furio Camillo, è diventato un'occasione per dare il peggio di sé.
Leonardo Bianchi
Rome, IT

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Durante il pomeriggio di ieri, alla metro di Furio Camillo a Roma è avvenuto un terribile fatto di cronaca: un bambino di quattro anni è precipitato per quasi venti metri in un vano ascensore della stazione, morendo davanti agli occhi della madre.

Prima di parlare di quello che si muove intorno all'accaduto, tuttavia, è necessario capire cosa sia successo veramente. Secondo la puntuale ricostruzione di Repubblica, tutto inizia intorno alle 17, quando la madre e il bambino rimangono bloccati nell'ascensore. Tra il caldo soffocante e le luci spente, la madre––agitata e in preda al panico––suona più volte l'allarme e nel frattempo slega il bambino dal passeggino.

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Gli addetti dell'Atac, che hanno sentito l'allarme dal gabbiotto, decidono di intervenire. Si tratta di una "procedura non codificata," come ha detto l'assessore alla mobilità Guido Improta, perché il regolamento prevede "l'intervento dei tecnici abilitati alla manutenzione entro 30 minuti dalla segnalazione." Nel caso di ieri invece un addetto prende il secondo ascensore, si posiziona all'altezza di quello bloccato, rimuove i pannelli laterali e prova il "trasbordo" tra i due.

A quel punto Marco, questo il nome del bambino, avanza, ma l'addetto non lo vede. Tra i due ascensori c'è uno spazio di 40 centrimetri e Marco finisce nella tromba. L'addetto sviene, la madre si sente male e gli altri capiscono subito cosa è successo. In pochi minuti arrivano prima i carabinieri, poi le ambulanze e i vigili del fuoco. Stando a quanto riportato oggi, la procura di Roma ha iscritto nel registro degli indagati l'addetto e due guardie giurate per concorso in omicidio colposo.

Questa, insomma, è la dinamica di quello che è successo––una tragedia, secondo i giornalisti di Repubblica, assolutamente "senza senso," in cui il caso si è mescolato a un fatale "errore umano."

L'arrivo del sindaco Ignazio Marino alla stazione di Furio Camillo, tra i fischi e le contestazioni da parte dei cittadini.

Eppure, nemmeno l'immane gravità del fatto e la dinamica non del tutto chiara––almeno nei primi momenti––è bastata a bloccare una feroce speculazione sull'accaduto.

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Tra i primi ad accendere la polemica c'è sicuramente la deputata del Movimento 5 Stelle Roberta Lombardi. In un post sulla sua pagina Facebook, la Cittadinaportavoce addossa la responsabilità alla giunta di Ignazio Marino, e senza troppi giri di parole.

A fronte delle critiche ricevute nei commenti, Lombardi amplia le sue argomentazioni dicendo che "le carrozze versano in condizioni fatiscenti"––senza spiegare il nesso con l'ascensore––e che "Marino come sindaco deve assumersene le responsabilità," pur ammettendo che "certi episodi può capire che siano imprevedibili."

A rincarare la dose ci si sono i blog che si battono contro il degrado della città––spesso e volentieri con metodi piuttosto discutibili. Ieri pomeriggio Roma fa schifo (il più conosciuto di questi siti) ha postato su Facebook una rassegna fotografica delle "condizioni inaccettabili" della stazione Furio Camillo, con l'eloquente sottotitolo: "Non sappiamo ancora con precisione le cause della morte del bambino a Furio Camillo, ma è certo che la stazione, come tutte, versa in condizioni disperate."

In mattinata, poi, il blog è tornato sulla vicenda con un post più "articolato," in cui si opera a forza ogni tipo di parallelismo––i biglietti non pagati, le "affissioni abusive" all'esterno degli ascensori che li rendono dei "totem dell'illegalità," e quant'altro––per dimostrare la tesi che la morte del bambino è una sorte di sacrificio umano al degrado romano.

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Anche la pagina "Riprendiamoci Roma" si è mossa sulla falsariga di Roma fa schifo, pubblicando uno status pieno di accuse arbitrarie.

Ma il vero abisso l'hanno raggiunto Libero e Il Tempo. Il primo ha usato l'accaduto per attaccare il sindaco di Roma, titolando in prima pagina: "La metro di Marino uccide un bimbo." Non paghi, sul sito di Libero è pure apparso un sondaggio.

Il secondo quotidiano, invece, ha scelto una copertina che definire macabra è usare un pallido eufemismo.

E qui arriviamo al punto. Perché se proprio bisogna allargare lo sguardo––come fanno gli alfieri del decoro e gli speculatori di professione––non c'è alcun dubbio sul fatto che il rapporto tra i romani e il trasporto pubblico della città è disastroso su tutta la linea.

Chiunque vive a Roma, infatti, sa perfettamente che i mezzi non funzionano e che l'Atac (la società di trasporti) è gestita malissimo––vuoi per l'incuria, l'incompetenza o gli scandali giudiziari che periodicamente vengono a galla.

In questi giorni, inoltre, ad aggravare una situazione già di per sé critica si è messa l'agitazione sindacale dei dipendenti dell'Atac, che hanno lanciato una serie di "scioperi bianchi" sulle linee A e B delle metro e portato ulteriormente all'esasperazione i cittadini.

Ma tutto ciò, in un caso come questo, non c'entra davvero nulla. Tracciare dunque parallelismi con la situazione della metropolitana, del trasporto pubblico o della città in generale (ieri, tra l'altro, è uscita la relazione del prefetto Gabrielli su Mafia Capitale) non equivale a un sereno ragionamento politico: è utilizzare per il proprio tornaconto una tragedia su cui bisognarebbe usare la massima delicatezza.

E fare il contrario, com'è accaduto sin dai primi momenti, è un'operazione che può essere descritta utilizzando un verbo preciso e inequivocabile: sciacallare sulla morte di un bambino. Niente di più, niente di meno.

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