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Il campione mondiale di scacchi Magnus Carlsen è un discreto stronzo

Magnus ha 24 anni, è uno scacchista campione del mondo e TIME l'ha inserito tra i 100 uomini più influenti del 2013. Sembrava la combinazione perfetta per un'intervista, e invece.

Foto per gentile concessione di WikiMedia Commons.

A Montreal erano le 8.55 di mattina—a Oslo, le 13.55. Ero arrivato nell’ufficio di VICE Canada un quarto d'ora prima dell'inizio dell’intervista, con la camicia stirata di fresco e una tazza di caffè che stringevo nervosamente tra le mani. Cercavo di non pensare al fatto che quel momento rappresentava il culmine di quattro anni di ossessione e il confronto con l’uomo che ne era stato al centro.

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Quando ho visto Magnus Carlsen per la prima volta la mia attrazione per il gioco si è trasformata in una vera e propria fissazione. A 20 anni, il norvegese era uno dei giocatori più qualificati di tutti i tempi e sulla buona strada per diventare un campione mondiale. Aveva un carattere carismatico ma non arrogante, elegante ma letale. Il modo in cui aveva fatto a pezzi i suoi avversari, costringendoli a ritirarsi, era stato impeccabile. Ma soprattuto, era un personaggio brillante; non si nascondeva dai media, e possedeva un sorriso sfacciato da atleta superstar.

Tutto è iniziato quattro anni fa, in un giorno in cui la connessione internet non funzionava e stare al computer significava soltanto una cosa: giocare a scacchi. È diventata prima un’ossessione, poi una dipendenza vera e propria—partite a scacchi online, libri sugli scacchi, lezioni di scacchi, documentari sugli scacchi, sogni legati agli scacchi.

Osservavo i campioni del mondo sfidarsi in una danza strategica con un'eccitazione febbrile, e in tutto ciò nessuno sembrava bravo quanto Magnus. Gli scagliavano contro macchinazioni cerebrali e secoli di strategie di gioco, e lui ne usciva sempre vincitore. Aveva la capacità di passare da una situazione di apparente parità a una vittoria schiacciante, come se fosse dotato di una comprensione intrinseca del gioco. A novembre del 2013 ha sfidato l’ex campione mondiale in India e ha ufficialmente conquistato il titolo abbattendo allo stesso tempo il record di pubblico televisivo e online.

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Il suo nome era sulla bocca di tutti, e in India e Norvegia era diventato una rockstar. Ha un contratto da sponsor per G-Star al fianco di Liv Tyler, una sua applicazione per iPhone e l’attenzione di più o meno tutti i maggiori organi di stampa mondiali. Subito dopo il campionato mondiale è finito nella lista degli uomini più sexy dell'anno di Cosmopolitan UK, mentre il TIME l'ha inserito tra i 100 uomini più influenti del 2013. Questa strana combinazione tra genio degli scacchi e sex symbol sembrava la scusa perfetta per fare finalmente un’intervista.

Ci eravamo accordati per un mercoledì mattina di marzo, su Skype, nel corso di una giornata aperta alla stampa. Avevo la sensazione che ci saremmo capiti al volo, in parte anche perché siamo coetanei. Poi il momento è arrivato.

Chiamata in arrivo: Play Magnus

Ho risposto ed è apparsa Kate, l'addetta stampa. Era amichevole e disarmante, e mi ha detto che Magnus stava pranzando. Ho aspettato un altro po', e a un certo punto ho visto Kate voltarsi verso di lui, che si apprestava a prendere posto davanti allo schermo.

“Magnus, questo è Stephen di VICE,” ha detto lei.

Magnus è entrato nell'inquadratura, ricurvo sulla sedia e con un'aria contrariata. MI guardava come avrebbe potuto guardare una tazza di cereali inzuppati e mollicci dimenticata sul tavolo.

“Ciao Magnus, come va?”

“Tutto OK.”

“Com’era il pranzo?”

“Normale.”

È andato avanti raccontandomi della sua precedente intervista, e di come non gli fosse piaciuta. La sua voce robotica sembrava un ronzio ed era impregnata di apatia e sfinimento. Ma lo capivo. Probabilmente aveva già fatto un sacco di interviste, e voleva parlare con qualcuno che gli chiedesse qualcosa sul suo mestiere—non sulla sua situazione sentimentale o sul suo capo intimo preferito.

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Gli ho subito assicurato che anch’io ero un giocatore di scacchi e che volevo fargli delle domande in proposito. Era sospettoso, e mi ha chiesto subito quale fosse il mio punteggio. Sapendo che il suo è il più alto della storia, 2881, mi sono concesso un 1600. Sembrava abbastanza soddisfatto e siamo andati avanti.

“Apprezzo molto il fatto che ti presti a queste giornate per la stampa," ho proseguito. “Come mai sei così disponibile? I grandi maestri del passato si distanziavano da questo genere di cose.”

“Chi dice che lo sono?” La sua voce tradiva un’aggressività distaccata.

Stavo sudando freddo. Ogni secondo che passava mi sembrava di sprofondare un po' di più. Ho cercato di nuotare verso lidi conosciuti: le teorie di gioco. Volevo che si aprisse, volevo vedere la logica e la passione dietro la sua genialità, quindi gli ho chiesto cosa pensasse della Ruy Lopez, un’apertura di gioco molto conosciuta e che usa spesso. Ma la sua risposta è stata breve e priva d’ispirazione. Continuava a guardarsi intorno. Sembrava infastidito.

Non riuscivo a cavargli di bocca nulla che non fosse già stato detto da qualcun altro. Gli ho chiesto un parere sulla concezione degli scacchi come forma d’arte, più che scienza. Tradendo il mio proposito iniziale ho provato anche con le domande più comuni come la classifica di Cosmopolitan e il successo con le ragazze. Ma non era interessato. “Capita, ma non darò dettagli a riguardo.”

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Gli ho chiesto di parlarmi della decisione peggiore della sua vita. Ha risposto dicendo di non aver mai preso decisioni del genere. Disperato, l’ho buttata sul ridere e gli ho chiesto quante birre gli ci sarebbero volute per arrivare al mio stesso livello durante una partita. Tutto il suo team è scoppiato a ridere, ma Magnus è rimasto impassibile.

“No, non funziona così. Il mio gioco si basa sull’intuizione, a prescindere dallo stato in cui mi trovo.”

Rifiutava qualsiasi tipo di interazione. Lo stavo infastidendo e gli stavo facendo perdere tempo, proprio come tutti gli altri giornalisti. Dopo aver scambiato qualche parola con Kate mi ha avvisato che mi rimaneva un’ultima domanda. Mi sentivo un coglione.

Gli ho chiesto un'opinione sul futuro degli scacchi, ma era troppo tardi per tirare fuori qualcosa di interessante. Sono riuscito a far incazzare uno dei miei eroi. Mi sono scollegato dicendogli che lo ammiravo molto e che gli auguravo il meglio.

Mi sono alzato dalla sedia con un pesante senso di sconfitta addosso.

“È stato piuttosto brusco, eh,” mi ha detto uno dei colleghi che aveva ascoltato l’intera conversazione.

“Sì, lo so…”

“Non c’era bisogno di parlarti in quella maniera.”

Eh? Ma è il più grande giocatore di scacchi della storia. Non può essere colpa sua. Sono io lo stupido che ha fatto domande idiote, no? Ero talmente imbarazzato che volevo prendermi a pugni. Poi ci ho pensato su. E se fossimo state due persone qualunque, senza un'etichetta e senza le aspettative che quell'etichetta porta con sé? In quel caso non avrei avuto problemi a definirlo uno stronzo.

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Certo, io sono sicuramente una di quelle centinaia di persone che vogliono ficcare il naso nella sua vita. E probabilmente lui aveva trascorso la mattinata a rispondere a una domanda stupida dopo l'altra, ma la sua grandezza e la sua fama lo autorizzano a essere così altezzoso e ostile? Probabilmente no.

Siamo propensi a idealizzare i personaggi famosi, vogliamo che siano perfetti, ma quando scopriamo che Tiger Woods e Lance Armstrong hanno dei difetti, la cosa ci sconvolge. Partiamo sempre dal presupposto che la loro perfezione si estenda in ogni campo, e non riusciamo a vederli per come sono.

La mia adorazione si è trasformata nella contemplazione di un ragazzo incompreso la cui tragedia consiste nell’essere un genio in ambiti coi quali la maggior parte della gente non riesce a relazionarsi.

Magnus, sei un’ispirazione per il gioco degli scacchi e non mi dimenticherò certo il tuo nome. Ti ammiro ancora. Ma non ho paura nel dire che come persona ti sei comportato da stronzo, e non ho nessun problema a separare le due cose.

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