Com'è essere giovani e cattolici in Italia nel 2015

FYI.

This story is over 5 years old.

Stuff

Com'è essere giovani e cattolici in Italia nel 2015

Abbiamo chiesto ad alcuni dei sempre più pochi giovani cattolici italiani come riescono a far convivere il cattolicesimo con la vita nel mondo contemporaneo, e cosa pensano della Chiesa, del papa e delle unioni civili.

Il mio rapporto con il cattolicesimo è talmente ambiguo, contraddittorio e disordinato che immaginare un incipit per questo articolo mi ha suscitato gli stessi dubbi che mi suscita ipotizzare l'esistenza di Dio. Potrei giocarmi la carta del terrore che mi incuteva l'immagine del crocifisso da bambino, della paura di essere posseduto dal demonio e odiato da Dio che a circa otto mi ha portato a pensare di farmi prete per diventare uno dei suoi amici. Poi mi sentirei in colpa a non affrontare un discorso legato alla Chiesa come istituzione politica, analizzare le cause civili che influenza, gli aspetti mediatici e sociologici. Ci sarebbe anche l'altro aspetto un po' più terreno ma comunque non trascurabile per me che vivo a Roma, quello delle ore di traffico alle quali sono sottoposto per colpa dei lavori in vista del Giubileo, che si vanno a sommare a quelle trascorse di recente per il Corpus Domini. Insomma gli incipit potrebbero essere tanti e tutti complicati, e io li ho menzionati tutti per chiarire l'impossibilità di esaurire qualunque tipo di discorso su scelte personali come la religione in questa sede.

Pubblicità

In ogni caso, io sono solo uno dei tanti: i dati Istat mostrano un generico e graduale calo nel numero di giovani che frequentano almeno una volta a settimana un luogo di culto. Le statistiche parlano di una generazione che mette i valori religiosi ai posti più bassi tra i propri interessi, e tra quelli che si dichiarano credenti meno della metà si dichiara anche praticante, mentre un numero davvero esiguo dichiara di rispettare in pieno i dogmi cristiani (per esempio quello del peccato di Onan che disperse il proprio seme per non procreare).

Questo non significa che non esistano più giovani cattolici, anzi. Ci sono, sono ancora tanti, e il mio vero errore—probabilmente causato dal fatto che al giorno d'oggi qualunque scelta di vita viene considerata roba per fanatici—sta nell'immaginarli come dei folli indottrinati a cui non piace scopare. Per fare la prova di quello che sto dicendo ho deciso di intervistare un po' di ragazzi e ragazze di Roma che si dichiarano cattolici.

ELEONORA, 26 ANNI

VICE: Come sei entrata in contatto con il cattolicesimo?
Eleonora: Sin da piccola i miei genitori, portandomi a messa e facendomi frequentare la Chiesa, mi hanno trasmesso la fede. Più tardi ho cominciato il percorso scout nel quale tuttora svolgo il mio servizio come capo.

Pensi che essere cattolici oggi, soprattutto per un giovane, sia una scelta radicale e in un certo senso anche politica?
Trovo sia una scelta anche politica, ma non radicale. Essere cattolico significa vivere in questo mondo e fare scelte che abbracciano anche il vivere quotidiano, come l'essere un cittadino.

Pubblicità

Ti capita mai di dubitare della tua fede?
Ovviamente sì. Come tutti vivo momenti di sconforto e turbamento ma cerco sempre di alimentare, tramite la preghiera e non solo, la fiamma della mia fede.

Quali sono le difficoltà di essere cattolico oggi? Per esempio lo scontro etico e morale riguardo alcune tematiche del nostro tempo come la contraccezione, il sesso, il divorzio, l'omosessualità, secondo te rischiano di allontanare i giovani dal cattolicesimo?
Sicuramente rischiano di allontanare i giovani dalla Chiesa, se vissuti come ordini e non come consigli. Tutte queste tematiche vanno calate nel contesto di ogni vita umana, che merita di essere considerata nella sua diversità e complessità.

Quindi non pensi che molti giovani possano trovare difficoltà ad avvicinarsi al cattolicesimo perché alcune linee guida della Chiesa li fanno sentire 'fuori target'? Penso alla condanna dei rapporti omosessuali o all'uso di anticoncezionali.
È un discorso molto complesso che non posso affrontare in poco tempo, però posso dirti che ogni situazione è diversa e andrebbe affrontata singolarmente. Il problema non è la linea guida, ma la persona che la applica.

Non ho proprio capito. Comunque, parli spesso della tua fede con i tuoi amici anche non credenti? Ti sei mai sentita incompresa?
Non ne parlo spesso, non ce n'è bisogno. Spesso la fede di una persona si vede da semplici gesti quotidiani, dal servizio agli altri e dal saper fare scelte consapevoli e coerenti.

Pubblicità

Come vivrai il prossimo Giubileo?
Il tema è meraviglioso. Trovo che il Papa abbia capito appieno il bisogno primario di questa società: la misericordia. Solo attraverso questa saremo in grado di "costruire ponti, e non muri" come consiglia lui stesso.

FRANCESCO, 22 ANNI

VICE: Mi dicevi di essere cresciuto in una famiglia cattolica, ma in realtà ti sei avvicinato alla pratica all'università. In che modo?
Francesco: Ho iniziato a frequentare le attività spirituali di un centro dell'Opus Dei. Una volta a settimana partecipo a incontri in cui si parla di temi dottrinali e di vita di fede. Lì ho imparato che questi momenti più spirituali si possono integrare perfettamente con il mio quotidiano (l'università, la mia band, la mia ragazza, gli amici etc) e anzi arricchirlo. Ma la cosa più importante è che ho imparato (e sto imparando ancora) a fare certe cose non perché c'è scritto sulla Bibbia o sul Catechismo, ma perché comprendo il valore che hanno per la mia vita.

Non capita raramente che la Chiesa venga coinvolta in scandali, per esempio quelli che riguardano la pedofilia, o l'immenso patrimonio immobiliare di alcuni cardinali. In questi casi ti senti chiamato in causa?
Mi sento chiamato in causa perché della Chiesa facciamo parte tutti: io, il Papa, le persone coinvolte nello scandalo in questione. Quindi mi dispiaccio come se fosse successo a casa mia, nella mia famiglia. Ma credo che la risposta non debba mai essere prendere le distanze dalla Chiesa, ma impegnarsi di più nel proprio piccolo o nel "proprio grande" a seconda del ruolo che si ha, affinché certe cose non accadano più.

Pubblicità

Ci sono dei pregiudizi su chi è cattolico? Ti sei mai sentito giudicato?
Spesso mi capita di leggere o sentire cose non proprio allegre, ma a volte derivano solo dalla scarsa informazione o da fraintendimenti. In generale non mi sento di dire che ci sia un vero e proprio pregiudizio, anzi credo sia normale e giusto che ci sia qualcuno che non sia d'accordo con quello che dice e fa la Chiesa. Personalmente non mi sono mai sentito giudicato da nessuno, anzi ho tanti amici che la pensano in modo diametralmente opposto al mio e che hanno sempre rispettato il mio modo di vedere il mondo (e viceversa).

Alcuni giovani cattolici rilasciano interviste in Piazza San Pietro (non per questo articolo) durante l'ultimo concalve.

Foto di Guido Gazzilli.

EMANUELE, 26 ANNI

VICE: Qual è il tuo rapporto con il cattolicesimo nella vita di tutti i giorni?
Emanuele: Il cattolicesimo è un modo di vivere, una scelta che è presente tutti i giorni. Cerco di avere sempre un approccio cattolico in ogni cosa che faccio, ovvero sostanzialmente rispettare i primi due comandamenti lasciati da Gesù prima di morire: ama il tuo prossimo come te stesso e ama Dio con tutto il tuo cuore e tutta la tua mente.

La religione è fatta di regole e non deve essere sempre facile seguirle, no? Quali sono gli aspetti negativi dell'essere un giovane cattolico?
Forse da adolescente c'erano molti ostacoli, molti pregiudizi e molta superficialità. Invece ora mi sto rendendo conto che molti miei coetanei cercano di avvicinarsi al loro lato spirituale, non necessariamente attraverso il cattolicesimo, ma questo mi permette di dialogare spesso di ciò che abbiamo dentro e non soltanto di ciò che accade fuori.

Pubblicità

Hai mai dubitato della tua fede o pensato che avresti potuto farne a meno?
In età adolescenziale ho avuto molti dubbi, ma credo sia normale. La mia infanzia è stata basata su un'educazione cristiana, frequentavo una scuola cattolica dell'ordine dei Legionari di Cristo, un ordine Sudamericano molto simile ai Gesuiti. Perciò quando sono andato al liceo pubblico mi sono confrontato con un ambiente totalmente diverso e mi sono fatto molte domande, non dedicavo più lo stesso tempo alla mia fede e così via. Però sempre in quel periodo ho rischiato di fare un incidente mortale e mi sono salvato per miracolo—è come se non mi fossi sentito solo in quella circostanza, mi sono sentito protetto. Da quel momento in poi ho capito che la fede è un dono e non l'ho più abbandonata.

Quindi pensi che l'educazione che hai ricevuto non abbia influenzato la tua concezione di fede, e in generale che l'educazione non giochi un ruolo così importante?
No, assolutamente. Penso che la fede sia qualcosa che viene calato dall'alto, o ce l'hai o non ce l'hai. Le scuole che ho frequentato da bambino al massimo mi hanno fornito degli strumenti e delle argomentazioni migliori per affrontare la mia ricerca a livello dottrinale.

LAVINIA, 26 ANNI

VICE: Pensi che la Chiesa stia affrontando bene alcune tematiche importanti del nostro tempo come per esempio la questione LGBT, la fecondazione assistita o l'aborto? Qual è la tua idea a riguardo?
Lavinia: Prima di rispondere alla domanda vorrei fare una precisazione: quando diciamo Chiesa non dobbiamo pensare a un'entità disincarnata; è fatta di persone, con i loro limiti e le loro capacità. La Chiesa ha studiato i temi in questione, li affronta e ne parla a partire dall'esperienza millenaria che ha sull'uomo, alla luce della fede, avendo a cuore la salvezza integrale dell'uomo, che non è solo l'appagamento dei desideri immediati di ciascuno. Bisogna andare alla radice dei desideri e delle motivazioni che ci spingono a desiderare una cosa piuttosto che un'altra.

Pubblicità

Ok, però non mi hai risposto.
Come no? Secondo me li sta affrontando bene, puntando al bene di ciascuno. Al bene vero! A volte non è possibile riuscirci sempre, ma Dio ci conosce e sa qual è il nostro bene.

Però diciamo che un conto sono Dio e la fede, un altro conto è la Chiesa, soprattutto nel momento in cui entra nelle questioni più pratiche di vita civile e sociale.
Per quello ti dicevo che la Chiesa non va pensata come un'entità disincarnata. Siamo tutti uguali e deboli. A Dio non importa se vado la domenica a Messa o se non ho rapporti prematrimoniali solo per rispettare quelli che tu prima hai chiamato dogmi.

Conosci qualche ragazzo omosessuale credente? Pensi che sia una contraddizione o il cattolicesimo dovrebbe accoglierli?
Ne conosco diversi, non penso sia una contraddizione essere gay e credenti e il cattolicesimo già li accoglie. Ma cosa significa accogliere? Papa Francesco ne parla spesso.

Non lo so, per esempio "accogliere" potrebbe significare non condannare i rapporti omosessuali o aprire alle unioni gay. Effettivamente è difficile per un omosessuale non sentirsi in contraddizione all'interno di una comunità cattolica. No?
Dio ci ha detto, e io ho sperimentato, che avere rapporti sessuali prematrimoniali ci fa male, perché quell'atto è una promessa che umanamente non si riesce a mantenere. Io mi dono a te completamente e senza volere altro. Unendomi a te ti dico che tu sei mio e io tua. E umanamente non ce la si fa. Quindi omosessuale o eterosessuale, prima del matrimonio niente rapporti sessuali. Siamo tutti uguali.

Pubblicità

Sì, ma la Chiesa non accetta i rapporti omosessuali, quindi il sesso prematrimoniale è un altro conto.
Ci sono molti termini che sarebbe interessante approfondire: "vieta", "accetta", "a patto che". Mi ripeto sulla questione del sesso: non è una condizione esclusiva di una parte d'umanità rispetto a un'altra. È la condizione per tutti, perché con essa ciascuno può sperimentare la libertà. È qui forse il nodo centrale: la ricerca e il desiderio di libertà. "Libertà non è fare ciò che si vuole, ma volere ciò che si fa," diceva Nietzsche, e da qui si potrebbe aprire un intero capitolo sulla conoscenza che ognuno ha di sé e del proprio bene. Non capisco perché tutto ciò che si desidera debba poter esser fatto, autorizzato e legittimato; fidiamoci di un Padre che ci conosce nel profondo.

FEDERICO, 27 ANNI

VICE: Cosa vuol dire essere cattolico?
Federico: Il mio è un legame soprattutto culturale, credo che ci sia troppa attenzione verso tutto ciò che è esotico e si tenda a sottovalutare il valore storico che ha il cattolicesimo nella nostra società odierna. In un certo senso rapportarsi con il cattolicesimo è un buon modo per misurare l'evoluzione della nostra civiltà.

Quindi sei cattolico perché pensi che sia inevitabile essere cattolici se si è occidentali?
Sì, penso che inevitabilmente sia la religione che più rispecchia il mondo in cui viviamo. Molte cose che conosciamo del cristianesimo sono semplicemente una riduzione o una sintesi dovuta all'insegnamento del catechismo o dell'ora di religione a scuola. A questo sono contrario perché mi pare che privilegino solo un aspetto che ha a che fare con la logica dell'oratorio e del proselitismo numerico in stile Democrazia Cristiana e non si occupino delle tematiche storico-culturali o di un percorso di fede.

Pubblicità

Ok, perciò il tuo percorso è stato diverso?
Ho ricevuto un'educazione cattolica da parte della mia famiglia ma poi appena ho avuto le capacità intellettuali per fare ricerca da solo e leggere le Scritture ho cercato di farlo in una maniera critica, senza rinnegare niente, ma cercando di farmi più domande possibili su quello che mi circonda attraverso il cattolicesimo. Ho molti dubbi e cerco di interrogarmi in un modo che non ha a che fare necessariamente con il rito o con la dottrina.

Quindi qual è il tuo rapporto con le istituzioni cattoliche? E cosa pensi delle "strategie di marketing"?
Il mio rapporto con le istituzioni cattoliche è nullo e di disaccordo. Non mi sento chiamato in causa quando il Papa parla, non penso che si rivolga a me perché non faccio parte di quei fedeli. Credo che sia semplicemente qualcosa di terreno e non mi riguarda: non credo che si debba delegare il proprio pensiero ad altri. Quanto al marketing, non è obbligatorio avvicinarsi al cattolicesimo e si tratta di qualcosa di talmente personale e profondo che si dovrebbe approfondire da soli, ed è possibile farlo in maniera individuale che non sia uguale a tutti.

CLARA, 20 ANNI

VICE: Tu fai parte di una comunità carismatica. Che cos'è? Raccontami.
Clara: Ci si raduna per lodare Dio, per ascoltare la Sua parola leggendo la Sacra Scrittura e cantare. La preghiera, per quanto assurdo lo potrai trovare, è una cosa molto concreta: è il modo in cui comunichi con Dio, che ti risponde operando nella vita di tutti i giorni attraverso le piccole cose e ti dà quella netta sensazione che sia stata tutta opera sua.

Come ti relazioni con i tuoi coetanei che non hanno alcun interesse nel cattolicesimo?
Il modo con cui mi relaziono con i coetanei non credenti è il mio modo, non cambia mai: gioioso, con la calma, il sorriso, la gentilezza e la comprensione. La maggior parte di coloro che non credono è comunque interessata a sapere qualcosa di più sulla storia di Dio dal momento che, magari, non ne sa proprio nulla. Poi al giorno d'oggi l'accanimento è più contro la Chiesa e le sue ricchezze, che fanno un po' a cazzotti con i valori proposti.

Pensi che Papa Francesco possa avvicinare i giovani al cattolicesimo?
Papa Francesco ha una grande capacità comunicativa e sta veramente rivoluzionando le cose (si può dire addirittura che sia un personaggio scomodo): grazie alla sua semplicità credo che la Chiesa si possa aprire a un dialogo e di conseguenza i giovani si possano avvicinare senza sentirsi giudicati per le loro storie e vicissitudini.

Segui Edoardo su Twitter.