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Identità

Abbiamo parlato con i manifestanti del Milano Pride di diritti, Vaticano e matrimonio

A una settimana dal Family Day, e dopo la storica sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti, siamo andati a farci un giro al Pride di Milano per parlare coi manifestanti.

Daniele, 25 anni.

VICE: Cosa vuole comunicare con questo gay pride la comunità LGBT?
Daniele: Questa di oggi è una grande festa, ma non solo. Spero che scendendo per strada in questo modo ci si renda conto della domanda sociale per l'equità dei diritti. Vogliamo aprire delle porte a livello politico perché ci vengano riconosciuti tutti quei diritti che in quanto persone ci spettano.

Qui ci sono anche un sacco di etero oggi, ed è un passo importante per far capire che il paese, non solo la comunità LGBT, è pronto per questo cambiamento, è una richiesta sociale.

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Perché secondo te in Italia siamo ancora indietro su questi diritti? A cosa lo attribuisci?
A una grettezza becera che però è radicata. È una grettezza sociale, non voglio parlare di Vaticano o politica, è un modo di pensare ancora vecchio di una certa parte della popolazione. Per fortuna c'è una parte dell'opinione decisamente avanti, e l'evento di oggi ne è la dimostrazione.

Se in Italia venisse indetto un referendum per il matrimonio omosessuale, come credi che andrebbe a finire?
Secondo me andrebbe a finire esattamente come in Irlanda. Credo che siamo quasi pronti, magari c'è una questione generazionale, ma se riuscissimo a spiegare le nostre ragioni anche a chi non la pensa come noi sono sicuro che vinceremmo.

Flavia, 21 anni. "Sono etero, ma oggi è giusto esserci per tutti."

Per una serie di eventi che hanno portato la questione dei diritti omosessuali al centro del dibattito pubblico, il Gay Pride di quest'anno è stato in qualche modo diverso dai precedenti. Se da una parte, infatti, lo scorso 20 giugno a Roma il mondo ultracattolico ha riempito piazza San Giovanni in difesa della famiglia tradizionale e contro la famigerata "teoria del gender," venerdì la Corte Suprema degli Stati Uniti ha legittimato—con una sentenza storica—i matrimoni omosessuali in tutto il paese.

E mentre negli Stati Uniti ancora si festeggiava la sentenza, a Londra butt-plug e dildo erano scambiati per una bandiera dell'ISIS e a Istanbul la polizia reprimeva violentemente la manifestazione, noi siamo andati a farci un giro per il Pride di Milano per vedere che atmosfera c'era.

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Luigi, 28 anni.

VICE: Perché siete scesi in strada oggi?
Luigi: Siamo qui perché stiamo manifestando per i nostri diritti. Io credo che negare il diritto di essere felici sia una cosa che riguarda tutti: gay, lesbiche, etero. Bisogna manifestare per il diritto di manifestare, se stiamo a chiederci perché bisogna essere qua e se questa manifestazione porterà a qualcosa non si farà mai niente. Cosa pensi della sentenza della Corte Suprema degli USA? Che importanza può avere per l'Italia?
È stato bellissimo perché dormivo e quando mi sono svegliato c'era un messaggio di mia sorella che mi diceva "ce l'abbiamo fatta". È stata una cosa che mi ha commosso. In Italia può essere importante perché dà speranza. Credi che l'opinione pubblica italiana sia avanti rispetto alla politica?
Io credo che questa dicotomia non esista, e che la politica rispecchi l'opinione pubblica. Sennò i cittadini voterebbero diversamente. Se non abbiamo politiche che aiutano gli omosessuali, è perché ancora non c'è la volontà pubblica di risolvere questa situazione. Non salvi nessuno, in politica? Non vedi alcun partito che prova a portare avanti queste battaglie?
No, assolutamente. La verità è che noi siamo una minoranza, e difendere i diritti delle minoranze è sempre facile quando si tenta di ottenere voti, ma è molto difficile quando si rischia di perderli. Sono calcoli politici, e non se ne occupa nessuno perché ancora non conviene in termine di voti

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Valentina, 34 anni.

VICE: Perché sei qui oggi?
Valentina: Perché è giusto esserci. È una festa, ma festeggiando stiamo chiedendo dei diritti che purtroppo in Italia sembrano lontani. Ed è giusto che come io, eterosessuale—se è necessario specificarlo—ho dei diritti, anche chi ama "diversamente" da me li abbia. Non ci sono molte spiegazioni, è semplicemente giusto esserci.

Credi che l'opinione pubblica italiana sia avanti rispetto alla politica?
Sembra che lo sia, ma quando si arriva al momento di votare, che è la prova dei fatti, l'Italia si dimostra sempre arretrata. Ho paura a darmi una risposta, c'è molta strada da fare. Adesso per esempio sembrerebbe che l'opinione pubblica sia arrivata a un'accettazione di questi diritti. Ma con i social network è facile farsi un'idea sbagliata, su internet sembrano tutti leoni da tastiera, fanno le battaglie con i click.

Io ho un sacco di amici gay, non sono obbligati a venire a festeggiare, ma la gente su Facebook mette post e mi piace, poi quando si tratta di fare qualcosa in prima persona e scendere in piazza rimane a casa. È una libera scelta, ma così non si cambia niente. E questo vale per tutto, anche per la politica.

Prima dicevi che secondo te la sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti non avrà alcuna ripercussione in Italia. A cosa attribuisci questa situazione nel nostro Paese?
Credo che la colpa sia principalmente del Vaticano. Ma non è solo questo, in Italia c'è troppo razzismo inutile che ci blocca.

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Luigi, 28 anni.

VICE: Per chi non appartiene alla comunità LGBT, perché è importante essere qui oggi?
Luigi: Perché non c'è motivo per non esserci. È una questione che riguarda tutti: a me piacerebbe semplicemente che fossimo tutti uguali. Io non è che non vado in locali etero perché sono gay: io ci vivo in mezzo agli etero e gli etero vivono in mezzo ai gay. Non c'è motivo di dividerci.

In America con la sentenza di ieri la Corte Suprema ha legalizzato le nozze gay in tutti gli stati. Che valore ha questa cosa in Italia?
Non lo so, il popolo italiano è stupido ed egoista. Spero che a forza di vedere che siamo sempre quelli più indietro possiamo svegliarci.

A cosa attribuisci quest'arretratezza?
Le persone sono semplicemente egoiste, non riescono a mettersi nei panni degli altri. Tengono solo alla facciata senza provare a capire chi gli sta intorno, e così non andremo mai da nessuna parte. Nella battaglia per l'eguaglianza, quale credi che sia la responsabilità di chi appartiene alla comunità LGBT?
La responsabilità primaria è quella di essere normali, senza esagerare. Io oggi ho delle tette finte, ma questa è una festa per far capire che non ho nessun problema a espormi in questo modo, se si tratta di eventi specifici. Io domani tornerò al lavoro, vestito normale, come sono tutti i giorni. Ed è questo il messaggio che gli omosessuali devono far passare.

Elena.

VICE: In America la Corte Suprema ha legalizzato le nozze gay in tutti gli stati. Cambierà qualcosa anche qui?
Elena: Temo di no. E temo che questo si debba al fatto che abbiamo il simpatico Papa in casa. Il Papa ha mostrato dei seppur minimi segnali di apertura nei confronti degli omosessuali..
Sull'apertura del Papa ho i miei dubbi. Ovviamente se il fatto che sia più moderato può aiutare la chiesa e i credenti a darsi un'accelerata, ben venga. Ma sono segnali deboli, non possiamo ignorare le colpe della chiesa su questi temi. Quindi se in Italia ci fosse un referendum come quello che c'è stato in Irlanda, che è un altro paese cattolico, non si arriverebbe a un sì?
No, assolutamente no, ancora non ci siamo. Forse se votassero solo gli under 40, io spero che sia una questione generazionale.

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Andrea, 36 anni.

VICE: Perché sei sceso in piazza oggi?
Andrea: Perché mi sembra giusto aderire in maniera attiva a una manifestazione come questa. Soprattutto dopo la sentenza storica di ieri che, ahimè, non riguarda ancora il nostro paese, ma che in qualche modo può avere un'influenza. E quale è l'influenza che può avere?
Credo che abbia un valore importante: è il segno che dobbiamo adeguarci alle politiche degli altri paesi. A cosa attribuisci l'arretratezza dell'Italia su questo fronte?
Banalmente credo che la presenza del Vaticano influisca in maniera pesante, anche perché è legata alla politica e a tutta quella che è la gestione della società. Quindi c'è proprio un discorso di coscienza che deve essere risvegliata nella maniera più assoluta. Io non credo che in Italia siamo indietro mentalmente, credo che la coscienza ci sia. È una questione di tempo, sono molto ottimista su questo.

Perché secondo te alcune persone si schierano così radicalmente contro le unioni omosessuali?
Quella secondo me è semplicemente una presa di posizione, che non ha niente a che vedere con l'importanza che queste persone danno al matrimonio. Credo che si appiglino a questo perché si tratta di una cosa concreta su cui possono far leva per negare dei diritti. Non so quanti etero credano veramente al matrimonio. È una questione di principio. Allora cosa può fare la comunità LGBT per sensibilizzare l'opinione pubblica?
Dobbiamo farci sentire. I social su questo stanno facendo molto. Prima vedevo che i profili social si erano colorati di arcobaleno, e questa è stata una cosa molto forte perché significa incuriosirsi al tema. Bisogna parlare con tutti e far capire l'assurdità di vivere in una società in cui veniamo giudicati in base al sesso della persona con cui andiamo a dormire la sera. Per il resto, credo sia importante anche diffondere un'informazione più corretta, che ci aiuti a spogliarci di alcuni stereotipi. Non il gay con la canotta o con le piume di struzzo, ma il gay che dall'aspetto non si distingue dall'etero.

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Nicole, 20 anni.

VICE: Come mai sei qui oggi?
Nicole: Perché sono lesbica, sono fidanzata da cinque anni e vorrei sposare la mia ragazza.

Quali sono secondo te, in questo momento storico, le responsabilità di chi fa parte della comunità LGBT?
Essere più aperti rispetto alla nostra identità. Tenersi nascosti non serve a nessuno. C'è bisogno di parlare con la gente e di far capire che siamo persone uguali a tutte le altre, e che quindi è una battaglia che riguarda tutti. Non bisogna aver paura di quello che può pensare la gente. Io ho avuto diversi problemi con i miei genitori, li ho affrontati e ora tutto va bene. L'unico modo è aprirsi.

E chi non appartiene alla comunità LGBT, invece? Perché in generale è importante partecipare al Pride?
Perché è giusto e basta. Si tratta di combattere per una cosa giusta che riguarda i diritti umani, non i diritti di una specifica comunità. Non credo servano altre ragioni.

Miguel, 25 anni. VICE: È il tuo primo pride?
Miguel: È il terzo anno che partecipo e il clima è sempre bellissimo. C'è un movente politico, e portarlo avanti festeggiando rende l'evento ancora più forte. Secondo te la sentenza della Corte Suprema USA avrà qualche valore in Italia?
Secondo me ce l'avrà, ma in Italia non siamo ancora pronti per cose del genere. In Italia c'è un problema che sta alla base, e che è culturale. Io per esempio lavoro in una piscina, e ho notato che alla base manca il rispetto nei confronti di tutti, non soltanto degli omosessuali. Quando impareremo a rispettare gli altri, indipendentemente da chi sono, quello sarà un grosso passo in avanti. E come facciamo a compiere questo passo?
Secondo me sta tutto nell'educazione. Bisogna imparare a non spaventarci di fronte alle novità. Promuovere l'educazione, e tramite quella imparare ad apprezzare la bellezza che sta nelle diversità, invece di reagire chiudendoci.

Giampietro, 30 anni. L'avevamo intervistato qui.

VICE: Perché sei qui oggi?
Giampietro: Sono qui insieme alla Chiesa Pastafariana italiana per ribadire che tutte le persone nascono e sono uguali. Questa di oggi è innanzitutto una manifestazione importante, per l'uguaglianza, e dato il tema così importante la festa nasce spontanea. Pensi che la politica italiana sia indietro rispetto all'opinione pubblica?
È indietro anni luce, basta vedere una piazza come questa, gente come me, eterosessuale, che scende in piazza a dire "lasciamo le persone libere di fare quello che gli pare." Se oggi ci fosse un referendum come quello che c'è stato in Irlanda, come pensi che andrebbe a finire?
Andrebbe a finire come dicono tutti i sondaggi, ci sarebbe una maggioranza di voti favorevoli al dire che tutte le persone sono uguali. Stiamo manifestando contro l'aria fritta. Siamo un paese tutto sommato avanti, e siamo nel 2015, nonostante molte persone sperano di continuare a vivere nell'anno 1000.

Thumb: Daniele, intervistato sotto.