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Cimiteri per vivi

Lavorare nei tunnel di contrabbando della Striscia di Gaza è sempre più pericoloso.

Haneen Khader non aveva alternative. Appena saputo della morte di suo padre, ha dovuto cancellare il suo matrimonio.

Bassam Khader, 41enne operaio edile disoccupato, aveva cercato in ogni modo di provvedere al sostentamento della famiglia, ma invano. La sua unica opzione era lavorare nei tunnel, quello che è considerato il lavoro più pericoloso in tutta Gaza.

Nel 2006, in seguito alla vittoria di Hamas nelle elezioni palestinesi, Israele ha chiuso le frontiere con Gaza, imitato poco tempo dopo dall'Egitto. Questo sbarramento, presentato come una necessità per prevenire l'ingresso di armi nella Striscia, ha finito per privare la popolazione di Gaza di molti beni fondamentali per la vita quotidiana. Vista l'impossibilità di importare o esportare alcunché, nella città di Rafah, sul confine egiziano, si è sviluppata l'industria dei tunnel.

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È in uno di quei cunicoli per lo scambio di merci che Khader ha perso la vita. Ma ci sono brutte notizie anche per i lavoratori tuttora impiegati nei sotterranei. A febbraio, le truppe egiziane hanno adottato una nuova tattica per chiudere i tunnel: inondarli con le acque di scarico.

Stando a Islam Shawan, portavoce del Ministero degli Interni, al momento esistono 900 tunnel che collegano Gaza all'Egitto. Ma il commercio prospero è solo l'ennesimo segnale dell'isolamento economico in cui si trova Gaza. Un report della Banca Mondiale diffuso la scorsa settimana conferma come le restrizioni di Israele abbiano causato "danni persistenti" alla competitività dell'economia palestinese.

Anche se questi tunnel possono sembrare a prima vista una scorciatoia inevitabile e ragionevole, Hazem Hanyia, avvocato della Commissione Indipendente per i Diritti Umani, afferma che sono pochissimi i controlli effettuati per verificare le condizioni di lavoro.

Bassam Khader è scomparso alla fine di gennaio, mentre stava lavorando in una galleria inondata dalla pioggia e dai liquami nel quartiere di Al Junina di Rafah.

Lasciati senza aiuto dalle squadre di soccorso già oberate di lavoro, i familiari di Khader hanno dovuto chiedere un prestito per noleggiare un'escavatrice e assumere degli operai per praticare una buca 20 metri al di sotto del confine tra Gaza ed Egitto. Quando sono stati recuperati, feriti ma vivi, otto lavoratori, la famiglia di Khader ha cominciato a sperare che anche lui ce l'avesse fatta.

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Il suo corpo è stato ritrovato nove giorni dopo. La moglie è riuscita a riconoscerlo solo grazie ai vestiti che indossava il giorno in cui era scomparso. È convinta che la colpa sia del proprietario del tunnel e insiste che lui sapesse quanto fosse pericoloso lavorare sotto la pioggia. Ma Khader, per poter ricevere la paga settimanale, era stato obbligato a lavorare un'altra mezza giornata.

"Quello che più mi ferisce," dice Muna "è che il proprietario delle galleria non è mai stato richiamato dalle autorità."

Khader lavorava da un paio di settimane in un tunnel poco usato, fatto che ha reso difficile rintracciare il proprietario—quelli incontrati hanno negato di averlo assunto. Per quanto Muna incolpi i datori di lavoro, ritiene che anche il governo di Gaza sia responsabile, per non aver proibito un lavoro così pericoloso in circostanze meteo avverse.

Muna dice che il governo "non ha nemmeno pensato di porgere condoglianze o un segno di solidarietà"; ha anche provato a contattare le autorità, ma nessuno ha risposto alle sue telefonate.

Secondo i dati del Centro per i Diritti Umani Al Mezan, dal 2006 nei tunnel sono morte 235 persone. Tra queste, 20 sono state uccise dai missili israeliani lanciati sui tunnel; 597 sono rimaste ferite a causa del crollo dei tunnel e altre ancora sono rimaste folgorate.

Le gallerie si stanno dimostrando un buon affare per le poche famiglie che le possiedono. I tunnel sono autorizzati dal municipio di Rafah, che eroga l'elettricità e altri servizi. Il governo riscuote le tasse sul carburante, i materiali da costruzione, le auto, il cibo, e altre provviste occultate nella Striscia. Ma anche così, la sicurezza dei lavoratori non è mai stata una priorità.

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Hazem Hanyia della Commissione Indipendente per i Diritti Umani ha studiato le condizioni di lavoro all'interno dei tunnel e ha scoperto che gli standard minimi previsti per i lavoratori non vengono assolutamente rispettati. Anche la retribuzione non è un granché. Khader riceveva tra i 13 e i 21 dollari per una giornata lavorativa di 12 ore. Questi operai sono sottovalutati, sottorappresentati e, cosa più grave, facilmente sostituibili.

Sempre secondo Hanyia, i lavoratori sopravvissuti a un incidente ricevono solo il trattamento di pronto soccorso e alle famiglie delle vittime i proprietari delle gallerie offrono un compenso ritenuto insufficiente sia secondo i parametri legali sia secondo la Sharia islamica.

In caso di decesso, un operaio single riceve una liquidazione di 5.000 dollari, uno sposato di 10.000. Hanyia sostiene che non è abbastanza. Inoltre, anche quando la famiglia di Khader è riuscita a scoprire l'identità del proprietario del tunnel, non ha ricevuto alcun indennizzo.

Nabil Al Mabhouh, portavoce del Ministero del Lavoro a Gaza, afferma che i tunnel sono un "fenomeno di emergenza", reso necessario solamente dall'assedio di Israele su Gaza e dalla chiusura delle tradizionali frontiere commerciali.

Rimasto senza risorse, il fratello di Khader, Zaki, ha dato inizio alla sua protesta piantando una tenda all'ingresso del tunnel, nella speranza—scarsa—che i responsabili prendano atto della situazione disperata in cui si trova la sua famiglia.

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