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Anche in ‘Westworld’ le aziende rubano i dati dei propri utenti

Gli spoiler sul nuovo episodio sono tenuti al minimo, ma il pezzo contiene rimandi alla prima stagione. Siete avvisati.

Lunedì sera è andata in onda su Sky Atlantic la prima puntata della seconda stagione di Westworld, la serie prodotta da HBO e firmata da Jonathan Nolan e Lisa Joy, che racconta le dinamiche di un parco dei divertimenti dove gli esseri umani possono sfogare i propri desideri più o meno morbosi su sofisticati robot umanoidi.

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Nel turbinio di eventi, una scena dell’episodio si distingue come uno strano déjà-vu, che evoca il doloroso problema dei termini e condizioni di utilizzo di quei servizi che sembrano offrire troppo, per troppo poco in cambio. In un 2018 post scandalo Cambridge Analytica, il contratto che devi sottoscrivere in un mondo fittizio fa quasi più paura dell’armata di robot senzienti che lo minaccia.

Il nuovo episodio — intitolato “Journey into Night” — prende il via dove la stagione precedente terminava: durante una cena di gala piena di investitori, Dolores (l’innocente androide figlia del fattore rinata killer cosciente e spietato) ha ucciso il creatore del parco Robert Ford. I ruoli tra prede e predatori si invertono e i ricchi aguzzini umani rotolano nella steppa cercando di sopravvivere alla sanguinaria e improvvisa ribellione delle IA.

Proprio durante questa fuga, due personaggi trovano riparo in una struttura di controllo della Delos Destinations Inc. — la compagnia proprietaria di Westworld — dove Charlotte Hales, direttrice esecutiva, cerca di chiamare soccorso, senza successo. Dall’altra parte della linea c’è quella che potremmo chiamare “un’azienda di terze parti” che agirà solo alla consegna di una merce di scambio promessa, ma ancora non recapitata, dalla stessa Hales.

Già nella prima stagione, si intuiva come la tecnologia che anima le attrazioni del parco fosse oggetto di interesse militare e commerciale altrui: un brevetto di intelligenza artificiale di tale portata — che riesce, in pratica, a risvegliare una coscienza nel corpo di una macchina — non può restare retaggio esclusivo di un passatempo, per quanto elaborato. Nell’episodio più recente, però, emerge un secondo problema etico che riguarda la Delos, relativo ai dati dei suoi clienti.

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Mentre Charlotte e Bernard sono all’interno del piccolo laboratorio, infatti, l’uomo nota qualcosa di strano: un androide senza connotati sta recuperando il materiale raccolto e registrato da un’attrazione, per conservarlo negli archivi dell’azienda. Si tratta di una vera e propria raccolta dati utente, dove la materia prima non è costituita dai like alle pagine Facebook ma, piuttosto, dal repertorio di azioni che ogni essere umano ha commesso all’interno del parco — sentendosi tutelato tanto dalla irrealtà del mondo in cui si trovava, quanto dalla somma di denaro che aveva dovuto pagare per la vacanza speciale.

Per quanto l’intera premessa di un parco come quello di Westworld si basi appunto sulla non realtà delle sue parti — in un dialogo tra Dolores e Arnold ci viene ricordato che è reale solo ciò che è insostituibile — e sul fatto che tutto sia concesso proprio perché ricostruibile, riciclabile, riassemblabile, la concretezza e unicità dei dati che gli avventori del parco lasciano sul luogo è invece del tutto sottovalutata. Sangue, sudore, sperma — persino la documentazione delle interazioni con i personaggi — sono informazioni che garantiscono a una grande azienda una profilazione accurata dei propri utenti, con cui costruire un database enorme di dati incredibilmente sensibili.

Nei termini di utilizzo di Westworld, che HBO ha pubblicato sul sito di finta pubblicità al parco a dicembre 2016, viene specificato come tutto ciò che le persone lasciano all’interno delle strutture di Delos (comprese le feci, come si legge nella sezione 7/b) appartenga dal momento successivo all’azienda. Ora che il parco è entrato nel caos di una rivolta, è facile immaginare come quei dati saranno suscettibili letteralmente a qualsiasi utilizzo improprio immaginabile.

Quando Bernard chiede delucidazioni a Hales sulla raccolta dati — nel bel mezzo del loro tentativo di fuga — lei gli ricorda che hanno altro a cui pensare in quel momento. Ma per chiunque abbia seguito la vicenda di Facebook e Cambridge Analytica nell’ultimo periodo, il problema appare estremamente più concreto di un robot a cavallo armato di fucile.

Al contrario di Facebook — il cui essere gratuito ha portato esperti a coniare l’espressione “se non stai pagando per un prodotto, sei tu il prodotto” — gli utenti di Westworld pagano un sacco di soldi per accedere al parco, il che farebbe pensare che non ci sia ragione per l’azienda di raccogliere i loro dati per fini economici come la rivendita a data broker e terze parti.

Eppure, è evidente che fidarsi è bene, ma leggere i termini di servizio — il più intricato dei labirinti che qualsiasi utente potrà mai tentare di risolvere — è meglio. Anche nel più fittizio dei paradisi.

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