Cibo

Su Netflix la docuserie sull’attacco bioterroristico degli adepti di Osho in USA

Detta così come ve la sto per dire, sembra una storia finta. Purtroppo, però, si tratta di realtà: nell’autunno del 1984 centinaia di persone a The Dalles, in Oregon, si ammalarono di salmonella per via di una contaminazione volontariamente causata dagli esponenti di una setta locale, che in quei giorni aveva deciso di cospargere alcune insalate di 10 fast food nella contea di Wasco con il batterio della salmonella. Alcuni degli infetti se la cavarono “solo” con vomito e diarrea, 45 di loro, invece, dovettero affrontare un periodo di degenza in ospedale.

Sebbene non ci sia stato nessuno morto in seguito all’attacco, le persone contagiate ammontarono a 751, rendendo automaticamente l’episodio come il peggiore attacco di bioterrorismo nella storia degli Stati Uniti d’America (persino i terribili attacchi all’antrace del 2001 infettarono meno persone).

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Non era un atto di vendetta né un complotto per scatenare il panico. Era semplicemente una tattica per far ammalare gli elettori, abbassare l’affluenza e dare un colpo ben assestato alle elezioni.

A una prima indagine dei fatti, il Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC), incolpò l’inesperienza dei dipendenti dei fast food coinvolti, salvo poi ricredersi e scoprire che gli adepti di Baghwan Shree Rajneesh (si faceva chiamare Osho), noto leader a capo di una setta, fossero i reali responsabili. Il carisma di Rajneesh era stato così forte da essere riuscito a trascinare centinaia di migliaia di persone a sé, a prescindere dal luogo di nascita. La maggior parte di questi adepti si era quindi trasferita nella città di Antelope, in Oregon, ribattezzandola Rajneeshpuram proprio in onore del leader.

Baghwan Shree Rajneesh, a.k.a. Osho.

La storia dell’attacco dei Rajneeshee, che poi faceva parte di un piano più grande (e fallimentare) volto a influenzare le elezioni del 1984 nella contea di Wasco, è una parte della serie documentaristica Wild Wild Country, ora disponibile su Netflix (aveva debuttato a inizio anno al Sundance), e interamente dedicata alla setta. Diretto dai fratelli Chapman e Maclain, Wild Wild Country è composto da un totale di 6 episodi lunghi un’ora ciascuno.

A condire ogni episodio c’è un mix di riprese dell’epoca e più recenti, tra filmati dei sopravvissuti e dichiarazioni di Ma Anand Sheela, una delle organizzatrici dell’attacco (che ora vive in Svizzera dopo la condanna a 3 periodi di 20 anni ciascuno di reclusione in una prigione federale, che ha scontato solo per 29 mesi prima di essere rilasciata per buona condotta).

La realizzazione dell’intero documentario è durata 4 anni, soprattutto a causa del lungo processo di digitalizzazione dei filmati dell’epoca (per la durata totale di 300 ore), delle interviste (qui invece siamo sulle 100 ore di materiale audiovisivo), e il montaggio finale dei 6 episodi. Il risultato ci permette davvero di avere un’idea di come i seguaci di Osho abbiano orchestrato l’attacco, e di come l’attacco stesso abbia cambiato per sempre la concezione di sicurezza alimentare negli USA.

“Penso che il CDC sia stato troppo veloce a incolpare gli addetti al cibo,” mi spiega via e-mail Chapman. “Però credo anche che la pressione sentita dal CDC, specialmente con l’arrivo della cinquecentesima vittima, fosse davvero enorme. Si sentiva il bisogno di trovare una causa, un colpevole, bisognava tranquillizzare più gente possibile. E definire l’attacco di ‘bioterrorismo’ non sembrava un buon modo per calmare la popolazione.” Come spiegato nel documentario, comunque, l’anno successivo il CDC aveva decretato i seguaci di Osho come i responsabili dell’attacco.

“Quello che rende l’attacco di bioterrorismo dei Rajneeshee così fuori dal comune è la sua matrice: gli adepti lo avevano architettato per vincere un’elezione,” continua Chapman. “Non era un atto di vendetta né un complotto per scatenare il panico. Era semplicemente una tattica per far ammalare gli elettori, abbassare l’affluenza e dare un colpo ben assestato alle elezioni.”

Durante tutto il corso delle riprese, i registi sono venuti a patti con una grande verità dell’America contemporanea, e cioè che la popolazione statunitense è ancora molto suscettibile circa questo tipo d’attacchi, nonostante gli sviluppi tecnologici e il grado di sicurezza alimentare raggiunta. A tal proposito, Maclain ricorda ancora cosa gli abbia risposto il proprietario di una pizzeria di The Dalles quando gli aveva chiesto se all’epoca avesse potuto effettivamente fare qualcosa per impedire l’attacco.

“No, non avrei potuto fare nulla. Se qualcuno decide che vuole rovinarti la vita, allora stai pur tranquillo che lo farà. E tu non potrai più di tanto controbattere.” La suscettibilità e il timore analizzato dai registi si è inevitabilmente palesato nella vita di Maclain stesso, che qualche giorno fa, da Starbucks, ha iniziato a pensare a quanto sarebbe facile per una qualsiasi persona avvelenare ad esempio il latte in polvere, infettando chissà quante persone.

“Uno degli aspetti più interessanti in cui sono incappato grazie alla realizzazione di Wild Wild Country è sicuramente l’analisi dello scontro fra le comunità di Rajneeshpuram e Antelope, in Oregon. Ambedue le fazioni dichiarano di essere dalla parte giusta della Costituzione, che poi usano anche come scudo per proteggersi.”

Ma Sheela Anand con Osho.

Che poi questo tipo di scontro è il fulcro di tutto il documentario, il cui compito principale rimane quello di mostrare cosa succeda quando due facce di una medaglia si rifiutano di giungere a compromessi, immergendosi ancora di più in ciò a cui credono. Wild Wild Country ci dà dimostrazione di quanto in profondità le affiliazioni tribali possano scorrere per le vene statunitensi, sgorgando e manifestandosi in grande di punto in bianco.

Questa situazione passata, secondo i fratelli Way, non si discosta molto da quella presente negli USA. E il cibo, ora come allora, continua a essere un’arma da poter utilizzare contro di noi.

Wild Wild Country è ora disponibile su Netflix.

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Quest’articolo è originariamente apparso su Munchies US.