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Intere generazioni hanno cominciato così a cazzeggiare online: si sono ritrovate con MSN Messenger sul PC e all’improvviso in tutto questo internet hanno individuato uno scopo alternativo all’autoerotismo, lasciando spazio a chiacchiere con amici e sconosciuti (le quali portarono presto ad altro autoerotismo, ma è un’altra storia) e creando nuove abitudini e vizi sociali. Gli aggiornamenti di status, le conversazioni multiple di cui si perde il controllo e i mille fastidi che incontriamo negli smartphone di oggi si sono manifestati ai più proprio su Messenger—dove tra le altre cose c’erano i “trilli”, il misterioso corrispettivo online dello “squillo” dei cellulari che visto da qui sembra assurdo, relegabile a un’era comunicativa di cui fa parte il Pony Express.
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Non tutto è cominciato lì, su MSN Messenger, certo, ma è lì che abbiamo imparato a comportarci (male, malissimo) online. E ora che siamo cresciuti e non abbiamo più bisogno di quel software, lo abbiamo dimenticato, cestinato dall’hard disk e dalla nostra coscienza, costringendo Microsoft al gesto più estremo: terminare il servizio. La Grande Chiusura di MSN è cominciata ufficialmente l’anno scorso e in Italia non sembra essersene accorto nessuno—online ho trovato questo requiem di Repubblica a ricordarne le gesta in modo un po’ distratto, un eroe troppo lontano per emozionare ancora.
E ciò è strano e forse pure sbagliato, perché MSN (o Messenger, come veniva chiamato) è stato il sovrano indiscusso delle chat prima dell’era dei social network sbocciata con MySpace e Facebook. La trasformazione dell’homo sapiens sapiens in una creatura che legge notifiche è cominciato così. Certo, esistevano metodi alternativi più di nicchia come IRC, o blandamente naif come C6—il tentativo di servizio chat di Telecom Italia—ma erano avanguardie: il pubblico generalista era fedele ai due avatar di Messenger, che fissavano l’utente dal balcone della loro icona come due poco di buono computerizzati.
Oggi invece Messenger è un relitto, una casa abbandonata dagli utenti e dal suo creatore, Microsoft, che a fine ottobre cesserà il servizio anche in Cina, l’ultimo Paese in cui era rimasto attivo. Il 31 ottobre una parte consistente della nostra vita sparirà e con essa un grottesco scatolone di lamentele, risate, amori e dichiarazioni imbarazzanti. Sparirà nel nulla e non sarà più accessibile da nessuno.
(GRAZIE AL CIELO.)
Prima di Facebook e Twitter, fu Messenger a portare alla ribalta l’idea di “stato” associato a un’immagine, il gold standard della nostra era, sotto forma di una breve frase ad accompagnare il nome utente: una citazione, una desolante considerazione, una bestemmia, un messaggio leggibile a tutti o quasi. Per chi all’epoca non era ancora nato o vigile, è difficile immaginare la portata sociale di un innocuo cambiamento di status su Messenger: parliamo di un mondo in cui i cazzi altrui non scorrevano di default sui schermi dei computer e dovevano essere invece ricercati tramite la parola. Si era costretti a fermare la gente per strada. Per parlarci! Era orribile. Con Messenger, invece, gli status erano indizi ermetici dai quali risalire a scottanti novità riguardo i propri conoscenti: quella tipa sembra felicemente fidanzata, il tizio X è in fissa con i Dream Theater, la tua vecchia cotta è ora single ma sempre più distante e forse si droga.
Ma torniamo a noi, alla nostra celebrazione funebre, e ripercorriamo la Storia del fu software: Messenger venne alla luce il 22 luglio 1999 come un client per messaggi semplice e basilare che nel corso degli anni, cambiando versioni e denominazioni, si arricchì di altre funzionalità, dando la possibilità agli utenti di inviare Gif, emoticon e immagini, di personalizzare il proprio sfondo e tante altre novità che oggi fanno tenerezza e un tempo gridavano progresso (un tempo lontano, un tempo in cui Panorama Web era in edicola e Yahoo! era ancora un sito visitabile). In quell’internet ormai vintage, il programma divenne indispensabile, ricattatorio, una validissima ragione per giustificare l’acquisto di un computer o la connessione a internet, perché erano tutti lì, di pomeriggio e di sera, a parlare, e tu no, e tutti i tuoi amici commentavano nei corridoi del liceo quanto accaduto il giorno prima su Msn e tu, sconnesso e grigio, capivi che la rivoluzione del web era arrivata e bisognava convertirsi. Non per sfruttare le potenzialità dell’infrastruttura tecnologica più avanzata della storia dell’uomo, no, non per quello. Per Messenger.
Non è però il caso di farsi rapire dalla nostalgia. Messenger è morto, sì, ma il suo spirito è ovunque. Come ogni spettro continua a vagare sui nostri schermi, aleggiando su Skype, il servizio di chat che lentamente corrose la proposta di Microsoft relegandola nello scaffale di “quello che usavamo quando non c’era nient’altro a disposizione” o infestando la foga compulsiva con cui condividiamo canzoni (all’epoca c’era poco YouTube, andavano forte gli “status musicali” con cui diverse generazioni se la sono tirata e hanno cercato di impressionare gli altri). Il formato della chat è oggi liquido e ubiquo, tanto che la nuova app di Facebook dedicata alla messagistica ha un nome ben preciso. Quale? Messenger.
C’è puzza di MSN anche dietro il ritorno delle GIF come mezzo di comunicazione, che su Microsoft aveva trovato una casa sicura grazie a un diorama di loop a bassissima definizione che spaziavano dal logo di Ok! Il prezzo è giusto all’indice accusatore di Germano Mosconi. Nell’algida finestrina di Messenger è nata anche l’ansia da risposta mancata o tardiva che tante ulcere regala. Le sue prime avvisaglie risalgono agli anni d’oro del servizio, quando milioni di persone conobbero la continua sospensione tra gioia e depressione data dal real time, il cui motto è: potrei risponderti subito eppure non lo sto facendo: perché, secondo te? Ben prima che le spunte verdi di Whatsapp rendessero l’Ansia Da Risposta Tardiva un inferno tascabile, Messenger aveva previsto il carburante ultimo delll’angoscia sociale.
MSN Messenger in quanto software pioneristico e definitivo. Ma allora perché ne stiamo cantando le lodi in morte? Cos’è andato storto?
Prima dei social network, l’inizio della fine coincide con l’avvento di Skype, l’alternativa “seria” con cui era possibile videochiamare e fare telefonate intercontinentali spendendo poco. Dove Msn proponeva temi e cromatismi da Belieber disturbata, Skype si presentava ben arredato, accogliente, dotato di tecnologia VOIP. Così la Grande Migrazione Verso Skype di metà decennio segnò la fine dell’adolescenza di una generazione e si accompagnò a un altro movimento migratorio, quello dai client mail pacco verso la terra promessa di @gmail.com. I vecchi utenti di Msn erano cresciuti, dovevano mandare mail ai professori universitari, spedire CV, rimandare mail ai professori universitari che non rispondevano, spedire altri CV, cercare stage a Berlino. C’era bisogno di serietà e l’indirizzo aledrunkenbutterflyx86@hotmail.com non aiutava di certo.
Windows Live Messenger, il MSN Messenger del 2011. Foto via Wikimedia Commons.
Con una svolta narrativa poco sorprendente nel 2011 Microsoft finì per acquisire il competitor serioso Skype per 8,5 miliardi di dollari, una somma che sarebbe stata sufficiente a rifare il software dalle fondamenta una trentina di volte, rendendolo di nuovo moderno e accetabile anche ai suoi utenti non più teenager. Forse però le cose dovevano andare così: Messenger doveva perire in quanto spettro di una certa adolescenza dalla quale non è mai riuscito a uscire. Fu del resto progettato per avere successo in un mondo senza competizione: era fieramente inadeguato, come se in dotazione avesse avuto dal principio un blocco alla crescita, una propensione alla sindrome da Peter Pan. È rimasto un bambino, non si è mai applicato, è diventato scemo. Forse merita davvero di andarsene.
Nonostante l’amarezza del commiato, c’è di che sorridere per noi abitanti del 2014: in una panorama affollato dal nuovo orologio della Apple con cui è possibile condividere il battito cardiaco, dall’app “Yo” con cui puoi dire “Yo” ai tuoi amici, o ancora da Snapchat, che ha reso la ricezione di foto di cazzi velocissima, è bello sapere che tutte le cose hanno una fine. Tutto finisce—finiscono i giganti, finiscono i minuscoli esserini di cui smettiamo di interessarci. Proprio pochi giorni fa Apple ha terminato la produzione dell’iPod originale, altro gadget che ha rivoluzionato per sempre la nostra vita e le nostre relazioni: nulla è eterno né in amore né nei nostri aggeggi elettronici.
Le cose cambiano, è chiaro. Solo speravo che Iddio si prendesse la Blackberry prima di Messenger.
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