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Salute

Quanto a lungo resta traccia della cannabis nelle urine?

Uno studio su alcuni dei consumatori più accaniti del mondo può darci qualche indizio.
cannabis nelle urine
Foto di Peazo Cogollo via Flickr.

Il corpo elimina le tracce di cannabinoidi grazie al metabolismo, e il metabolismo cambia molto da individuo a individuo. "Ciascuno di noi ha un metabolismo diverso, che elimina la cannabis a velocità diverse," dice Joseph Rosado, consulente medico di International Cannabis Solutions, una società canadese che offre consulenze sulla cannabis e i problemi collegati a istituzioni, aziende e servizi sanitari.

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"Anche tra persone dello stesso sesso e della stessa età, lo stile di vita—per esempio quanto esercizio fisico fanno e cosa mangiano—influenza il tempo necessario per tornare 'sobri'." I materiali idrosolubili, come le tracce di cannabis, vengono conservati nelle cellule di grasso. Quindi chi ha più grasso immagazzina i cannabinoidi più prontamente di chi ne ha meno, dice Rosado.

Comunque, nel corso delle ricerche condotte nel 2005 per fornire assistenza ai tribunali e alle commissioni giudiziarie, il direttore del Toxicology and Drug Monitoring Laboratory della University of Missouri Paul L. Cary ha scoperto che è raro che tracce di cannabis rimangano nel corpo dopo i 30 giorni—è raro, ma succede. Anche la frequenza di consumo conta. Cary ha scoperto che molti consumatori occasionali, o persone alla prima esperienza, trattengono tracce di consumo solo per tre o quattro giorni. I consumatori cronici, invece, quelli che fumano diverse volte a settimana, devono astenersi per una media di 21 giorni per avere speranze di passare.

Uno studio condotto nel 1999 dai ricercatori di Harvard e del McLean Hospital ha cercato di verificare quanto a lungo rimanessero tracce della cannabis nel fegato di consumatori di livello massimo, gente che dichiarava di aver fumato marijuana più di 5mila volte. I ricercatori hanno chiesto a 17 soggetti di astenersi per 28 giorni—condannandoli a quello che per loro sarà stato uno sforzo erculeo. Cinque sono arrivati ad avere risultati negativi ai test dopo la prima settimana. Altri quattro alla seconda. Altri due alla terza. Sei persone risultavano ancora positive alla quarta settimana.

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Ora una parentesi sui test anti-droga effettuati nei luoghi di lavoro: negli Stati Uniti hanno avuto un picco nel 1996, quando a sottoporvisi è stato l'81 percento dei lavoratori dipendenti. Questo numero è poi costantemente sceso ogni anno: l'ultimo rilevamento è del 2004, quando si parlava del 62 percento.

Ci sono prove molto dubbie che dipendenti o potenziali tali che hanno paura di fumare una canna nel weekend possano essere garanzia di un posto di lavoro più sicuro e più produttivo. Nel 2007 la Substance Abuse and Mental Health Services Administration, una divisione del National Institutes of Health, ha analizzato la problematica e concluso: "Condurre test sul posto di lavoro è stata una misura volta a fare da deterrente alle dipendenze e ai loro effetti sulla produttività, sulla sicurezza e la salute dei lavoratori. Ma ad oggi esistono poche prove dell'efficacia di questo deterrente."


Guarda il nostro documentario sulla marijuana legale in Italia:


Questo report ha anche evidenziato che i consumatori sono meno spinti a fare domanda di assunzione nelle aziende che hanno la barriera dei test—precludendo quindi a queste aziende l'accesso ai talenti tra quel dieci percento di cittadini americani che fanno uso regolare di cannabis.

A volte inoltre le sanzioni non sono così pesanti, e non sempre licenziare qualcuno per essere risultato positivo è così facile. In alcuni stati americani, per esempio in Minnesota e Vermont, è vietato licenziare un dipendente che non abbia passato un test se questo accetta di seguire un programma di riabilitazione. Uno studio del 2007 ha dimostrato che due terzi delle aziende americane che sottopongono i dipendenti ai test delle urine hanno anche programmi di assistenza per le dipendenze.

Questo articolo è comparso originariamente su Tonic.