Come uno spazio abbandonato a Londra è diventato un cafè per tutta la comunità
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Come uno spazio abbandonato a Londra è diventato un cafè per tutta la comunità

Il Roving Café, nella comunità nomade del quartiere di Shoreditch, offre insalate, zuppe, ed è uno spazio aperto a tutti.

Shoreditch, a Est di Londra, è spesso solo una massa stressante di turisti, dai 17enni con il berretto Supreme in testa in coda per vedere dei graffiti, agli infiniti magazzini che diventano uffici o locali che servono cereali nelle cocce d’avocado.

Ma svoltate dietro il popolare Mercato di Bricklane e avrete davanti agli occhi un luogo nascosto e in bella vista allo stesso tempo: un giardino gestito interamente da volontari, pieno di opere d’arte e orticelli.

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I Nomadic Community Gardens sono in una delle aree più trafficate della capitale e, nonostante sia stato da queste parti centinaia di volte, non ne avevo ancora mai sentito parlare.

I Nomadic Community Gardens, spazio all’aperto gestito da volontari nell’East End. Tutte le foto dell’autrice

È qui che ho incontrato Hayley Edwards, conosciuta anche come la “Chef Nomade”, mentre cucinava lentamente delle verdure sui fornelli. Il suo ristorante, il Roving Café, è nei Nomadic Gardens da ormai tre anni, e serve chiunque riesca ad arrivarci.

Lavora in un’ Ape Piaggio verde acido che sta davanti a un café improvvisato decorato con lucette e dipinti colorati. Accanto c’è un tavolo nascosto tra cespugli d’alloro. In estate Hayley fa tre differenti tipi di insalate, tutte chiamate come i ragazzi che gestiscono il giardino, mentre in inverno vende zuppe fatte in casa.

Le creazioni sono semplici ma efficaci. “Non volevo fosse solo una caffetteria, è un café, ma c'è più del semplice caffè”, Hayley me ne parla mentre ci sediamo all’ombra di uno dei gazebo del giardino.

“Volevo fosse tutto sullo stesso piano, non mi andava di guardare la gente dall’alto al basso. Così è più caldo, fa più casa”.

Il background culinario di Hayley spazia fra diversi paesi. Dopo essersi fatta le ossa nella gestione di alberghi e aver lavorato come receptionist per ristoranti in Inghilterra e in Francia, si è fermata un attimo per diventare l’assistente personale dell’acclamato (e notoriamente rumoroso) chef Marco Pierre White.

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“Fu fantastico”, mi dice mentre spruzza dell’acqua da una bottiglia di plastica sul fuoco. “L’ho fatto per anni. È stato incredibile. Ho imparato tantissimo ed è stato un lavoro davvero duro.”
“Era pieno di impegni, ma Marco ti dimostrava sempre il suo rispetto”, continua. “Le persone che non riescono a gestire quel tipo di ambiente non sono semplicemente adatte a quell’ambiente”.

Hayley Edwards cucina verdure sul fornello della sua Ape Piaggio.

Nonostante abbia imparato molto da quell’esperienza (la frase “essere rispettoso” si sente numerose volte mentre parliamo di White), il lavoro di assistente personale ha iniziato a intralciare la sua vita privata, e così ha deciso di lanciarsi in qualcosa di diverso. Quindi c’è stato un ritorno al cibo vero, al cucinarlo e al condividerlo con gli altri.

“Ho fatto qualche cena privata”, dice, “e nel 2009 ho dato vita al progetto “Chef Nomade” e da quel momento ho iniziato a fare dimostrazioni culinarie al Borough Market come resident chef per cinque anni”.

Edwards ha iniziato le sue classi di cucina e ha deciso nel frattempo di lanciare il suo Roving Café, un café itinerante nel retro di un tre ruote tutto italiano. L’idea era quella di parcheggiarsi in diverse aree di Londra, ma è stato quando le hanno detto dell’esistenza dei Nomadic Gardens che ha realizzato di aver, forse, trovato la sua location fissa.

“La prima volta sono finita su Bethnel Green Road, e sono stati momenti difficili”, spiega. “Bethnel Green Road non era pronta per un furgoncino italiano e caldo come il mio. Ma dovevo fare qualcosa. Quando stavo lì, tre persone che frequentavano i Gardens mi hanno parlato di questo posto, così ho pensato di dargli un’occhiata.

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Quando è arrivata, i giardini erano abbandonati e ben lontani dallo spazio comunitario che sono oggi. “Non c’era niente qui”, ricorda. “Nessun recinto. E gente che si faceva di crack sotto al ponte”.

Tuttavia, grazie al duro lavoro di una piccola comunità di persone, lo spazio da degradato si è trasformato in un’area piena di piante, opere e sculture. Oggi i Gardens sono sede di lezioni di street art, uno spazio per spettacoli teatrali ed eventi e di altre attività, che vendono di tutto, dai prodotti da bagno al cibo.

Vedo un gruppo di adolescenti che fuma erba e gli orti sono ancora un po’ trascurati in alcuni punti, ma è impressionante vedere quella che era essenzialmente una terra desolata e gentrificata, diventare uno spazio aperto per turisti e gente del posto.

“Chiunque attraversa quella parte”, mi dice Hayley quando le chiedo chi viene qui. “Dall’hippie convinto che si è costruito casa da solo a persino qualche ragazzo della City.

Era l’atmosfera che si respirava in quello spazio, mi ha detto, che l’ha attirata ai Giardini. “Ho pensato: le persone qui credono in me”, mi ha detto. “Il punto non era non avere l’energia per farlo, ma quando le persone stanno dalla tua parte anche se sei diversa, è il lasciapassare che ti serve”.

Nonostante i suoi lati positivi, il progetto nasconde delle sfide. Lo spazio è aperto a chiunque e Hayley ha fatto fatica a trovare il giusto approccio per aiutare la comunità di senzatetto che frequenta i Giardini.

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“Questa cosa mi ha aperto gli occhi, perché vengo da una vita molto privilegiata”. In risposta alla povertà di questa parte della città, ha iniziato a collaborare con Refugee Community Kitchen, un ente benefico che serve pasti a rifugiati e senzatetto a Calais - in Francia - e nel Regno Unito.

Anche se Hayley dice di non voler fare “nulla di politico” non vuole che nessuno patisca la fame. Dona torte all’organizzazione e ha contribuito ospitando due cene di raccolta fondi qui nei Gardens. La forza della comunità dei Nomadic Gardens ha fatto sì che Edwards non si spostasse più, anche se ci sono delle difficoltà (niente frigo e riscaldamento in inverno, per dirne alcune).

“Gli aspetti positivi superano quelli negativi”, mi dice. “Ognuno nella comunità è rappresentato, e mi sento di essere nel mio momento da borghese bianca. Mi hanno chiamato persino ‘la ragazza Tory’ (il partito conservatore britannico NdR). Mi è stato detto di non poter stare qui perché sono un’azienda privata. Insomma ci sono le sfide, devi solo imparare a gestirle”.

Mentre vado via chiedo a Hayley quale obiettivo vuole raggiungere con il suo Cafè.

“È tutto all'interno di un quadro più ampio” conclude. “È vendere caffè, tè, insalate, ma allo stesso tempo cerco di contribuire. C’è una sensazione di inclusione qui. Adoro andare in giro a salutare le persone ed essere salutata”.

Fa una pausa. “Spero che questa possa incoraggiare gli altri quartieri a fare il loro piccolo giardino”.

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C’è qualcuno che sa di un posto abbandonato a Londra dove ci si possa mettere un Cafè itinerante?

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Questo articolo è apparso originariamente su Munchies UK.