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Ogni volta che una donna si 'immischia' nel calcio diventa una stronza

È stupido pensare che il sessismo non giochi un ruolo rilevante nella questione Wanda Nara/Icardi—e in tutta la narrazione del calcio.
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Grab via Mediaset.

Qualcuno sembra stupito che si sia potuti arrivare a scagliare un sasso contro l’auto di Wanda Nara, la procuratrice di Mauro Icardi, mentre si trovava al volante della vettura. Wanda Nara è il personaggio più odiato del calcio italiano, in questo momento: non è solo la manager di uno dei più prolifici attaccanti della Serie A e bandiera dell’Inter, ma è anche sua moglie. È salita alla ribalta della cronaca qualche anno fa, quando lasciò il primo marito, l’attaccante Maxi Lopez, proprio per Icardi: una storia perfetta per riempire le pagine del gossip dei quotidiani sportivi.

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Prima del sasso di pochi giorni fa, infatti, c’è stato un terreno preparato finemente a colpi di articoli sessisti, morbosamente ossessionati dalla figura di questa donna matura e consapevolmente sensuale che si andava imponendo all’interno del mondo del calcio. Un recente articolo apparso su Agi la descrive, nell’incipit, come “troppa”, “vamp bionda, procace nelle forme, provocante nell’aspetto,” dice che “ha sposato un attaccante di calcio dopo l’altro” (due, meno del numero di modelle con cui ha avuto relazioni Bobo Vieri). La stampa sportiva ha raccontato nei minimi particolari queste due relazioni, con Lopez e Icardi, dimostrando non molta fantasia terminologica: “triangolo infuocato” per il Corriere dello Sport, “triangolo bollente” per Tuttosport. In ogni articolo, la stessa narrazione: due calciatori, due colleghi, due connazionali, due amici, separati e rovinati da una donna; “fine di un’amicizia in nome di Wanda Nara,” titolava Calciomercato.com.

Negli anni successivi, dimenticata la faccenda di Maxi Lopez, i quotidiani sportivi hanno deciso di ergere Wanda Nara a nuova regina delle wags italiane, saccheggiando scatti e video dai suoi profili social per allietare i lettori. Nel frattempo, Nara diventava l’agente di Icardi, e iniziava a fare quello che fa qualunque procuratore: stuzzicare la società che detiene i diritti del suo assistito per ottenere più soldi o, in caso contrario, un trasferimento in un club più ricco e competitivo. Ed è così diventata una donna dominante, che ha osato immischiarsi in faccende da uomini, fuorviare un uomo (anzi, il proprio uomo) per rovinarne la carriera per tornaconto personale; con l’aggravante di essere pure una bella donna che non fa segreto del proprio corpo, e quindi dev’essere per forza stupida e assetata di sesso. E di potere: l’idea che si intravede tra le righe è quella di una donna che ha scelto una preda da sfruttare per fama e denaro.

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Qualcuno fa notare che non è vero, che non c’entra il sessismo, che anche con Mino Raiola (il procuratore di Ibrahimovic, Balotelli e Donnarumma) i tifosi e la stampa si sono comportati allo stesso modo, ma non risulta che nessun sito o quotidiano abbia mai pubblicato scatti di Raiola in biancheria intima, né che abbiano mai descritto i suoi rapporti personali con i propri assistiti, o che abbiano mai provato a mettere in dubbio la sua competenza come procuratore o la sua formazione. Nessuno è mai arrivato a tirare un sasso contro l’auto di Mino Raiola. Di tutto ciò ha parlato perfettamente Daniele Manusia su L’Ultimo Uomo.

Pochi giorni prima di quel sasso, Le Iene pubblicavano online un servizio con uno scherzo all’attaccante del Napoli Lorenzo Insigne: essendo lui molto geloso della propria compagna, Le Iene hanno deciso di inscenare un finto provino a cui lei sarebbe stata invitata a partecipare. In circa mezzora viene messo in mostra un orribile spettacolo di maschilismo condito dai toni burloni del programma: Insigne, sostanzialmente, segrega la moglie in casa, le impedisce l’accesso ai social network e controlla tutti i suoi contatti con l’esterno.

Una situazione che Le Iene trasformano in un gioco e normalizzano e, facendo spesso passare quasi per giustificata l’estrema gelosia del calciatore, per contrasto fanno emergere come la stupida di turno sia sua moglie, che subisce tutto questo passivamente, e in qualche modo lo giustifica.

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Riconoscete lo schema? Bene, la notizia è passata quasi sotto silenzio sulla stampa, e quando è stata data la narrazione è stata identica a quella delle Iene, e cioè un simpatico scherzo. Tuttosport e il Corriere dello Sport, che appartengono allo stesso editore, hanno condiviso il video sui propri siti domandando retoricamente “se vedeste tutto questo come reagireste?”. La risposta della redazione online dei due quotidiani si può intuire dagli aggettivi usati per descrivere le due parti in causa: Genny Darone, la compagna di Insigne, è descritta come “bella” e “bellissima”, mentre Lorenzo Insigne come “povero” e “semplice marito”. Il tutto, accompagnato da un confortante “potete sorridere guardando il video.”

Qualche giorno dopo, non paghi, Le Iene hanno trasmesso un'"intervista doppia" al centrocampista della Roma Nicolò Zaniolo e alla madre Francesca Costa. L'intero servizio era in realtà incentrato sull'account Instagram della donna—definita la "milf più cliccata d'Italia"—in un crescendo di battutine e allusioni sessuali. Alla fine Zaniolo è sbottato e se ne è andato, dicendo che "è già tanto che abbia fatto questa intervista che non volevo fare."

La stessa stampa che si schiera sempre compatta contro la violenza delle donne e gli insulti sessisti contro le sportive, insomma, si conferma la prima ad alimentare indirettamente questi stessi comportamenti. Ne è un ottimo esempio un editoriale di Xavier Iacobelli su Tuttosport, che l’11 gennaio scorso scriveva un elogio della procuratrice Wanda Nara, benché il sito del suo giornale non abbia mai lesinato sull’ironia e le foto “hot” della signora Icardi, e abbia condito la notizia del sasso contro la sua auto con un video di lei in costume da bagno.

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In un certo senso, sembra volerci dire che esiste un limite tollerabile al sessismo, fatto di battutine e “scatti sexy” da commentare con gli amici, ma che andare oltre è sbagliato, come se le due cose non avessero un preciso legame culturale.

Ma è un problema non solo italiano: un mese fa, Imke Wubbenhorst, allenatrice tedesca di un club maschile, ha fatto un certo scalpore con la sua risposta sarcastica, dicendo che sceglie i giocatori in base alla lunghezza del pene. La stampa ha titolato subito in modo da attirare l’attenzione sulla frase di Wubbenhorst, relegando solo al corpo dell’articolo la domanda del collega tedesco che ne era stata la causa: il giornalista aveva chiesto se i suoi giocatori dovessero indossare i calzoncini, prima del suo ingresso negli spogliatoi. Ovvero: “ti imbarazza vedere uomini in mutande?”. Il cui retro-pensiero è: “questo può compromettere il tuo approccio al lavoro?”. È una constatazione legittima solo partendo dal presupposto che un donna non possa essere professionale lavorando assieme a degli uomini.

Si possono trovare tutte le spiegazioni possibili per sostenere che contro Wanda Nara non ci sono mai stati attacchi sessisti, ed è ovvio che le reazioni al suo operato come procuratrice di Icardi non riguardano solo una battaglia tra sessi. Ma è stupido pensare che il sessismo non giochi un ruolo rilevante nell’opinione che si ha di lei. In Italia e in buona parte del mondo, il calcio è ancora considerato terreno maschile, e ogni donna che ci si immischia è guardata con estrema diffidenza—l'ultimo esempio è l'uscita di Fulvio Collovati, che a Quelli che il calcio ha detto: "Quando sento una donna parlare di tattica mi si rivolta lo stomaco."

Ma basta pensare che il campionato femminile di Serie A gode di copertura televisiva solo da pochi mesi, o che Wanda Nara sia appunto l’unica procuratrice del calcio professionistico italiano. Prima di lei, poche donne hanno ricoperto questo ruolo in Italia: la prima è stata Silvia Patruno nei primi anni Novanta, ma il suo ruolo fu relegato al seguire giovani delle categorie minori, perché “Essere belle donne in un mondo di uomini e in buona parte maschilista può essere un boomerang”; dopo di lei, Miriam Peruzzi è dovuta andare a fare la talent scout nei campionati africani, e ha rivelato che “Se sei donna, le difficoltà per emergere sono ancora di più, soprattutto in un lavoro come il mio, da sempre a uso e consumo degli uomini.” Ancora più significativa la testimonianza di Michela Macalli, che lavorò al trasferimento del francese Yoann Gourcuff al Milan nel 2006, ma che per la maggior parte della carriera si è occupata di seguire calciatori minorenni, “che i genitori mi affidano quasi come fossi un’educatrice, probabilmente per la mia figura femminile.” Ovvero: gli uomini vanno lasciati agli uomini. Ma ancora una volta il problema non siamo noi maschi, bensì le donne, che si permettono di interferire con il nostro mondo. E lo schema ritorna, all’infinito.

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