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Attualità

Gli 'esperimenti sociali' sul razzismo hanno definitivamente rotto il ca**o

Dai video di Gian Marco Saolini al maestro di Foligno con l'esperimento sul bambino nero: basta, ok?
Leonardo Bianchi
Rome, IT
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Siamo nel 2019, conosciamo la rete da un bel po’, quindi possiamo dirlo: gli “esperimenti sociali” su temi come razzismo, omofobia e violenza di genere—o quelli che vorrebbero mostrare quanto gli utenti siano dei “dementi” o degli “analfabeti funzionali”—hanno rotto.

Non fanno ridere. Non portano ad alcuna riflessione. Fanno solo perdere tempo ed energie. E rischiano pure di essere deleteri, perché spesso si muovono sul labile crinale del “trolling,” della “satira” e del “e fattela 'na risata!”.

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Lo schemino funziona così: si prende il tema caldo del momento (che può essere una nave tenuta in ostaggio nel Mediterraneo, o Sanremo); si raccolgono tutte le bestialità assortite che girano nel dibattito pubblico (in un caso che i migranti ballano sulla nave, nell’altro che tutti i giornalisti sono dei “radical chic” traditori del popolo); e poi si “recita” una parte in cui si riciclano le bestialità di cui sopra.

Il più famigerato creatore di contenuti simili è Gian Marco Saolini. Quello dei siti “satirici” tipo il Corriere del Corsaro e dei vari video che infestano le nostre bacheche. Ma non è il solo: anche altri impiegano lo stesso modo di fare “ironia” su questioni politiche e sociali.

Il paravento morale è sempre lo stesso. Dietro a questi “esperimenti” non c’è solo la ricerca spasmodica di like e visualizzazioni, ma addirittura un intento pedagogico. Saolini, ad esempio, in un’intervista ha detto di voler dimostrare “quanto è fragile e corruttibile l’opinione pubblica. La gente non verifica niente, anche quelli colti, istruiti.”

Ma dopo anni in cui lui e altri fanno le stesse identiche cose, qual è il risultato? Che si finisce sempre al punto di partenza. E questo perché vale sempre la “legge di Poe”: senza un chiaro segno di intento umoristico, "non è possibile creare una parodia dell'estremismo senza che qualcuno non la confonda con il vero estremismo."

Quindi, al di là delle intenzioni iniziali, è l’effetto che conta. E il problema, come mi ha detto l’autore satirico Marco Tonus, è che in questo genere di video “non c'è mai uno scarto satirico: infatti viene sempre specificato a posteriori dagli autori, rivelando la debolezza dell'idea.”

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Esagerare narrazioni già esagerate, insomma, "non colpisce proprio nessun bersaglio, ma rafforza solo il pregiudizio di chi ci crede, specie se lo sketch è fatto per sembrare 'autentico' e non una parodia.” Alla fine, dice Tonus, “la caricatura di una caricatura è fare il make-up alla propaganda.”

Quando non sono maneggiati con cautela, poi, gli “esperimenti sociali” si traducono proprio in quello che teoricamente dovrebbero denunciare. In questo senso, il caso avvenuto in una scuola elementare di Foligno (Perugia) è particolarmente indicativo.

Lo scorso 9 febbraio, un maestro supplente si è rivolto così a un suo alunno di 10 anni: “Ma che brutto che è questo bambino nero! Bambini, non trovate anche voi che sia proprio brutto? Girati, così non ti devo guardare.” Il maestro è poi andato alla finestra per fare un segno sui vetri, e ha costretto il bambino a guardare quel segno con le spalle alla cattedra.

Secondo un resoconto del Corriere della Sera, i compagni si sarebbero ribellati al maestro. La vittima ha infatti raccontato alla madre che “mi è piaciuto vedere ragazzini e ragazzine, tutti con la pelle bianca, che si sono alzati e sono venuti vicino a me, si sono messi lì alla finestra e hanno detto al maestro: noi siamo uguali, noi siamo come lui, perciò anche noi ora stiamo qui, fermi.”

Della vicenda sono stati subito informati i genitori, che a loro volta hanno informato la dirigente scolastica. Il ministro Marco Bussetti ha chiesto di intervenire immediatamente, e il Ministero dell’Istruzione ha fatto sapere che il maestro “sarà sospeso dal servizio in via cautelare.”

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Quest’ultimo si è giustificato dicendo che si trattava di un “esperimento sociale al contrario, in Rete se ne vedono tanti.” In un’intervista al Corriere ha poi spiegato l’intento: “volevo far capire agli alunni l’aberrazione del razzismo. E la loro reazione c’è stata e tutti hanno detto che emarginare una persona è del tutto sbagliato.”

In quel momento, continua, “sentivo che il mio esperimento sarebbe stato apprezzato dalla classe e ho chiesto loro il permesso. Vi va? E hanno risposto di sì.” Peccato che, in questo caso, la vittima non sia stata interpellata prima; e il risultato è che per il bambino non si è trattato affatto di una simulazione. Tant’è che, quando è arrivato in momento di tornare a scuola, avrebbe confidato alla madre di “aver paura di essere di nuovo umiliato.”

Se l’intento, sempre secondo Tonus, è quello di contrastare “stereotipi, bufale e informazione tossica”—o “mettere in evidenza le ombre nell’animo delle persone”—dovrebbe infatti emergere un punto di vista diverso, o quanto meno alternativo. Cosa che però succede di rado. E non a caso, l'episodio di Foligno è letteralmente indistinguibile dalle notizie di cronaca che riportano aggressioni sia verbali che fisiche.

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