La vita alle porte della Corea del Nord, in foto
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La vita alle porte della Corea del Nord, in foto

Ashley Crowther ha vissuto a pochi km dalla zona demilitarizzata, e racconta la sua esperienza all'ombra del perenne conflitto silenzioso.

Il fotografo australiano Ashley Crowther ha vissuto per un anno a pochi chilometri dal punto in cui il 38esimo parallelo divide in due la penisola coreana—la cosiddetta zona demilitarizzata—ma sostiene che la situazione alle porte della Corea del Nord non sia tesa come i media vogliono intendere. "Leggo cose che danno un'idea sbagliata della situazione, come se ci fosse una guerra imminente," dice. "Ma qui in Corea del Sud non si pensa troppo alla guerra. La vita continua.

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Ho chiesto ad Ashley qualche riflessione sul luogo in cui vive, e sulle foto più significative che ha scattato in quel periodo.

"È un cane che abbaia. Fa un sacco di baccano, ma non fa mai nulla." È quello che dicono molti giovani sudcoreani quando parlano della Corea del Nord, e secondo me dipende anche dalla storia. Molti sudcoreani sono cresciuti tra le costanti minacce—costanti ma mai messe in pratica—della Corea del Nord. Le hanno normalizzate. In generale, i giovani sudcoreani sono preoccupati per come come il lavoro, l'amore, i voti a scuola, il futuro. Come in molte società industrializzate.

Ovviamente non voglio dire che in Corea del Sud non venga percepito minimamente il pericolo. La gente si preoccupa. Uno studente universitario che ho fotografato, Earl Han, mi ha spiegato di aver votato per l'attuale presidente Moon Jae-In per un motivo ben preciso—Moon Jae-In è contro la guerra alla Corea del Nord. Mi ha detto che ogni presidente ha il compito di fare del suo meglio per evitare la guerra. Dall'altra parte, molti anziani sono convinti della necessità di intervenire subito.

Questa è una protesta fuori da palazzo Gyeongbukgung, a Seul. La foto è stata scattata pochi giorni dopo uno dei vari test missilistici a nord del confine. L'uomo con la bandiera è parte di un gruppo di manifestanti di destra che chiedevano di intervenire se la Corea del Nord avesse continuato i test nucleari.

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Nella provincia del Gangwon-do ho incontrato Seong-yoel Lee, che qui prepara a mano dei noodles in un vecchio ristorante. Mi ha subito invitato a entrare, è stato ospitale come moltissimi coreani. Il signor Lee ha dato voce alle sue preoccupazioni sull'incremento nel costo della vita nel paese. "Non ho soldi, guarda il mio ristorante," mi ha detto. La Corea del Sud è uno dei paesi più ricchi del mondo, ma incontrarlo mi ha ricordato che molti coreani vivono con un salario minimo e hanno accesso a risorse limitate.

Alcuni giovani durante il servizio militare.

I giovani sudcoreani maschi hanno due anni di leva obbligatoria. La ragione ufficiale è prepararli in caso di un attacco da parte della Corea del Nord, ma molti ragazzi non sono d'accordo. In coreano, la parola per "esercito" è guendae, ma molti giovani la usano come sinonimo di schiavitù. Quelli che fanno il servizio militare lo considerano infatti come lavoro gratis per il governo, che li disloca al confine, o li indirizza in vari corpi a contatto con la popolazione. Il compenso è bassissimo, 45 centesimi di dollaro all'ora.

La Corea ha una popolazione di 50 milioni di persone, di cui la metà vivono a Seul e dintorni. È uno dei posti più densamente popolati del pianeta, come si vede dalla foto sopra. Molti, soprattutto giovani, si trasferiscono qui dalle campagne per motivi di lavoro, o anche solo per vivere in città. La competizione è serrata.

Le zone rurali intorno a Seul, di contro, stanno decadendo.

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Una donna anziana sulla metro di Seul.

Heeja Choi, 72 anni, si trucca nel suo appartamentino mentre guarda un documentario sulla Corea del Nord.

La cultura coreana dà molta importanza agli anziani, sia a livello di linguaggio sia nel modo di rivolgersi alle persone, che cambia con l'età. A volte viene anche considerato maleducato non dare ragione a una persona più vecchia di te, anche se ha torto o si comporta male.

Una hostess addetta all'ascensore si sistema i capelli.

La cultura del lavoro coreana è rigidissima. La Corea del Sud è al terzo posto mondiale per ore di lavoro. In media un sudcoreano lavora 2000 ore all'anno, quasi il doppio di un tedesco, per dire. E non succede raramente che facciano moltissimi straordinari non retribuiti, o pagati pochissimo. Questi straordinari spesso non vengono inclusi nelle statistiche. In alcune aziende è normale che se un superiore non è uscito dall'ufficio, non importa l'ora, i subordinati non possano andarsene.

Chojidong, Seul.

La gentrificazione è in pieno corso, a Seul. Chojidong, zona suburbana ritratta nella foto qui sopra, è parte di un progetto di riqualificazione vicino a una stazione dell'alta velocità che sarà connessa alle ferrovie nazionali. Questi vecchi negozi erano frequentati da persone della classe media-operaia, ma verranno demoliti per fare spazio ad altri appartamenti di lusso come quelli sullo sfondo.

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