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Tecnologia

​Come Internet sta scomparendo

Il futuro di Internet sarà deciso dalle interconnessioni tra tecnologia e politica e in particolare dal modo in cui la seconda interverrà sulla prima.
Immagine: Shutterstock

Agosto 2016 ha segnato il venticinquesimo anniversario della messa online della prima pagina web. Era il 6 ottobre 1991 e di fatto quel giorno segnò uno snodo cruciale nella storia di Internet, il cui sviluppo è andato crescendo a piena velocità da quel momento in avanti. Internet è cresciuta, ha connesso il pianeta, ha stravolto l'economia, la società, l'informazione e grosso modo qualsiasi settore economico disponibile ed è diventata a tutti gli effetti la struttura portante del nostro contemporaneo.

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In questi 25 anni si è spesso parlato di Internet in termini salvifici, quasi profetici, e i toni sono stati sempre—e continuano a esserlo—ultra positivisti. Sulla scia di quell'entusiasmo la Silicon Valley è cresciuta: si è trattato di una bolla e sulla scia della sua stessa prima implosione si è inserita ovunque, dettando i ritmi dei mercati e, sempre più spesso, della politica. E tutto, sempre, sulla base di Internet.

Eppure, nonostante la rete globale si sia fatta strada poco alla volta, poco è rimasto dei tratti caratteristici di quello che Internet voleva essere e stava promettendo venticinque anni fa.

L'esplosione del caso Snowden nel 2013 aveva portato in superficie prove che troppo a lungo si era cercato di non vedere, in una fase di denial che per anni ha tenuto da parte una considerazione fondamentale: Internet poteva anche essere l'opposto del luogo di libertà, progresso e sviluppo che, almeno per gli ultimi 25 anni, avevamo ritenuto fosse. Il punto non è stabilire se ci si trovi ora nel mezzo di quella che altro non è che una distopia inquietante (lo è) ma quanto, al contrario, capire dove ci troviamo nel mezzo dell'evoluzione di Internet e se, soprattutto, in questa fase vi sia ancora Internet o, al contrario, ciò che utilizziamo oggi andando online altro non siano i sintomi della sua fine. O delle sue fini.

Al tema della fine di Internet Boris Beaude, senior research fellow presso il Chôros Research Lab dell'École Polytechnique Fédérale di Losanna, ha dedicato il suo ultimo saggio "The Ends of the Internet", pubblicato in inglese online dall'Institute of Network Cultures di Amsterdam.

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Il testo è una panoramica completa sull'evoluzione negativa di Internet che dalla negazione della sua stessa utopia si spinge fino allo stato attuale in cui si trova ora. Il testo seleziona alcune direttrici che mostrano come Internet stia progressivamente allontanandosi dai suoi principi originari: dall'iniziale spinta verso l'abolizione dello spazio alla ricomparsa dei nazionalismi online in termini di cyberwar e militarizzazione del web; dalla promessa di assoluta libertà di espressione al Panopticon della sorveglianza digitale; dalle possibilità dell'intelligenza collettiva alla centralizzazione della capacità di scelta e al potere degli algoritmi; dalla logica del "free" a quella proprietaria; dalla decentralizzazione alla centralizzazione del potere; dalla resistenza tecnica alla vulnerabilità dei network. "Internet è un'utopia fallita. E noi siamo intrappolati al suo interno,", scriveva Douglas Haddow in un celebre articolo su Adbuster due anni fa.

"L'idea di libertà e decentralizzazione ha lasciato invece spazio a un livello di controllo e sorveglianza mai visto prima."

"Il progetto tecnico di Internet non è fallito, funziona ancora molto bene ed è stato in grado di adattarsi a una domanda sempre più grande," spiega a Motherboard Boris Beaude, "È il progetto politico di Internet a essere un fallimento.""L'idea di libertà e decentralizzazione ha lasciato invece spazio a un livello di controllo e sorveglianza mai visto prima," spiega. Ed è proprio in questo senso che le rivelazioni di Edward Snowden ci hanno costretto, finalmente, a un radicale ripensamento riguardo ciò che costituisce, oggi, l'idea stessa di Internet. Ma il controllo politico sugli utenti viaggia parallelamente al business model che attualmente permette alla maggior parte dei servizi online di sopravvivere: da Facebook ai banner traccianti sui siti di news, si tratta di strategie basate sulla raccolta, gestione e analisi dei dati personali degli utenti. "Internet offre opportunità di tracciabilità senza precedenti, che incoraggia lo sfruttamento delle tracce lasciate dagli utenti," spiega ancora Beaude. "L'economia guidata dai dati è solo una componente di questo sfruttamento, il fatto che spiega al meglio questa tendenza è però uno: l'informazione è potere".

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E se la maggior parte dell'informazione disponibile è concentrata nella mani di poche entità commerciali in grado di gestirla e sfruttarla al massimo e su scala planetaria, il problema che ne scaturisce ha a che vedere con la centralizzazione di quel potere, "Oltre a Google, Facebook è certamente l'azienda che rappresenta al meglio questa dinamica," dice ancora Beaude. "Facebook sfrutta ogni mezzo per concentrare le pratiche digitali dei suoi utenti dentro i propri confini sviluppando un ambiente sempre più chiuso, dove il numero di servizi offerti cresce, evitando così che gli utenti vadano altrove," continua il ricercatore, "Io chiamo questo fenomeno ipercentralizzazione, ovvero la tendenza di Internet a creare, tramite la connettività, processi di concentrazione virtualmente senza limiti."

Come scrive Beaude nel suo paper, questa concentrazione di potere scaturisce anche dalla privatizzazione di contenuti prodotti socialmente, un altro elemento di radicale rottura con gli standard originari di Internet. Per Beaude, questo genere di accentramento digitale ha, comunque, conseguenze oltre Internet stesso, "Alla maggior parte degli utenti, come alle istituzioni politiche, manca l'intuizione per comprendere che ci troviamo solo all'inizio di una concentrazione che non ha precedenti nella storia della civiltà. Il modo in cui le istituzioni pensano ancora al potere, su una base materiale e territoriale, limita la loro capacità di comprendere cosa è davvero in gioco."

Il futuro di Internet sarà deciso dalle interconnessioni tra tecnologia e politica e in particolare dal modo in cui la seconda interverrà sulla prima.

Per Beaude, un punto è cruciale, "Qualsiasi cosa facciamo per alterare Internet, anche se su un piano locale, ha un impatto su Internet nel complesso". Ed è impossibile, in questa ottica, non pensare ad esempio a quanto sta accadendo in Europa con la Net Neutrality, uno dei principi fondanti di Internet, "La neutralità di Internet è tanto un principio tecnico quanto politico", spiega Boris Beaude, "ma la neutralità è anche una policy totalmente straordinaria, che riguarda solo Internet: nessun Paese al mondo la promuove nelle proprie leggi nazionali. Come conseguenza, non esiste un'esperienza davvero mondiale di Internet. Gli Usa e l'Europa hanno, ad esempio, concetti diversi della libertà di espressione. Allo stesso tempo, il conflitto tra il diritto all'oblio e l'incitazione all'odio razziale e religioso è un esempio di come le esperienze di Internet cambino a seconda della localizzazione, il che è contrario all'idea stessa di Internet".

Gli ideali fondativi di Internet, scrive Beaude in "The Ends of the Internet", "stanno scomparendo" e la violazione di quei principi sembra non avere limiti. Al centro del dibattito, scrive Beaude, c'è un elemento che non viene sufficientemente sottolineato: Internet è l'unico "luogo che l'intera umanità può condividere" ed è di conseguenza inevitabile che la scomparsa di Internet per quello che avrebbe dovuto essere significa andare anche nella direzione di una società invece somigliante a quello che Internet è diventata.