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Tecnologia

Doccia acida per le staminali

Uno studio di Nature molto promettente sulle cellule staminali è sotto indagine a causa di alcuni sospetti. Colpa del bagno d'acido in cui sono immerse: è troppo assurdo per sembrare vero. Anche a livello metaforico.
Cellule staminali non ancora differenziate. Immagine: Wikimedia

Ci sono momenti in cui ti senti messo male di brutto, con le giornate che ti deludono e il lavoro che sembra un film dei Vanzina proiettato al contrario. La banalità delle cose fa abbastanza schifo, e allora decidi di darti una scossa e ripartire da zero. Bruci in cortile tutta la collezione di VHS dei Vanzina e osservi le fiamme che danzano come spettri del passato. Dopo che tutto il condominio ti ha denunciato ai Carabinieri per inquinamento ambientale e distruzione del patrimonio culturale, capisci che forse era meglio fare finta di niente.

Ecco, in alcuni casi è meglio non fare finta di niente. Un po' come è successo con il caso del bagno acido delle staminali. Flashback: lo scorso gennaio escono uno studio pazzesco e un altro fenomenale su Nature, entrambi firmati dalla giapponese Haruko Obokata e la sua squadra di ricerca che si occupa di staminali. In poche parole, dicono che le cellule somatiche di topo possono essere riportate allo stadio di pluripotenza—cioè riprogrammate quasi a livello zero, come se fossero delle cellule embrionali—in seguito a una dose sub-letale di stress chimici. Ovvero, un bagno in acido lungo 25 minuti. Un po' come bruciare i VHS dei Vanzina e ricominciare da zero.

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Obokata e i suoi sostenevano che, dopo il trattamento acido, le cellule di topo fossero tornate allo stadio pluripotente. La tecnica è stata battezzata Stimulus-Triggered Acquisition of Pluripotency (STAP)—su la mano chi ha giocato almeno una volta a Magic—e Nature ha accolto i due studi piazzandoli sotto i riflettori della ricerca sulle cellule staminali. Tutto molto bello, almeno fino alla seconda doccia d'acido, quella che ha fatto partire una doppia indagine sulla veridicità del lavoro di Obokata.

Il punto è questo: alcuni blog scientifici, tra cui PubPeer, hanno fatto notare a Nature che alcune delle immagini pubblicate negli studi di Obokata erano sospette. Per non parlare del fatto che uno dei coautori dello studio, Teruhiko Wakayama, non sarebbe più riuscito a ripetere il protocollo sperimentale per generare le cellule STAP. “Sembra una tecnica facile—aggiungi solo l'acido—ma in realtà non è così facile,” ha detto Wakayama. Il colpo di grazia è arrivato qualche giorno fa, quando lo stesso Wakayama ha rivelato alla TV giapponese NHK che la sua fiducia nello studio era stata messa in crisi perché “ci sono troppi dettagli generali di cui non sono sicuro. Sono sempre più dubbioso.”

Un embrione di topo generato, secondo lo studio, dalle cellule STAP. Immagine: RIKEN

Come precisa anche il blog di Nature, gli scheletri che sono saltati fuori dall'armadio sono abbastanza duri da gestire: alcune delle immagini utilizzate nello studio sarebbero state copiate dalla dissertazione di dottorato di Obokata stessa del 2011, senza parlare di alcuni ritocchi sospetti 'alla photoshop' sulla foto dei risultati di un'analisi genomica. In questo momento, sia Nature che il RIKEN—il centro di ricerca di Obokata e Wakayama—stanno conducendo indagini separate per scoprire cosa diavolo è successo in quel bagno d'acido.

Il presidente del RIKEN ha rilasciato una nota in cui si legge che “L'attitudine critica è un elemento essenziale della ricerca scientifica. I nostri sforzi per fare passi avanti nella ricerca in medicina rigenerativa, incluse le cellule iPS [staminali pluripotenti indotte], ci vedranno sempre rispondere in modo onesto a ogni domanda tecnica e scientifica sollevata durante il nostro percorso.” Be', sembra il minimo per un centro di ricerca che lavora su temi scientifici da prima linea.

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“È eccitante pensare alle nuove possibilità spalancate da questa scoperta, non solo nel settore della medicina rigenerativa, ma forse addirittura nello studio della senescenza cellulare e del cancro,” ha detto Obokata in un comunicato stampa prima della tempesta. Sì, l'idea di sballottare nell'acido una manciata di cellule somatiche e vederle 'rinascere' come staminali pluripotenti è fenomenale, quasi una versione moderna della fenice che risorge dalle proprie ceneri—io a Magic ci ho giocato decisamente troppo.

Comunque, il dettaglio più importante di questa storia è un altro. Asciugatevi gli occhi arrossati dal fumo acre del falò che ha devastato l'antologia di Vacanze di Natale e ricollegate i neuroni. Non sappiamo ancora se Obokata abbia fatto un macello oppure no, ma almeno siamo sicuri che con il suo lavoro voleva davvero dare una mano agli sfigatissimi esseri umani. Fatta salva l'universalità della logica del “Publish or perish,” ai cui piedi si inginocchiano molti scienziati pronti a pubblicare anche della spazzatura pur di fare curriculum, gli studi legati alle staminali hanno un unico enorme vantaggio: fanno notizia.

Raccontare una palla micidiale su temi come meccanica quantistica, teoria delle stringhe o diplomazia medioevale può fare incazzare giusto la ristretta cerchia degli addetti ai lavori. Per le staminali è diverso: c'è un'intera schiera di media, associazioni e centri di ricerca pronti a spolpare fino all'osso chi spaccia spazzatura per piatti di prima classe—in una variante tipicamente italiana, spesso succede l'esatto contrario.

Quando si parla di staminali, cancro e malattie neurodegenerative l'attenzione del pubblico, e degli scienziati, è molto più alta del solito. Le brutte sorprese non mancheranno mai, ma almeno siamo certi che ci sarà sempre qualcuno a lavorare dietro le quinte per fare pulizia e smascherare i casi di cattiva scienza. L'ultimo della serie, questa volta in Italia, è finito proprio sulle pagine di Nature. Si tratta dell'indagine in corso presso l'Università di Napoli per accertarsi se un professore abbia effettivamente falsificato una cinquantina di immagini sparse tra studi che risalgono addirittura fino al 1998.

Ora che i nastri dei Vanzina si sono accartocciati in una poltiglia deforme, iniziate a capire. Il bagno nell'acido, quello metaforico che riporta tutto a un livello zero, non funziona sugli esseri umani. Forse, a livello pratico, non funziona neppure sulle cellule di topo. Ma abbiamo bisogno lo stesso di qualcosa che ci dica che siamo sulla strada giusta.