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Tecnologia

La wiki-protesi parla italiano

Open-source, low-cost e 3D-printable sono le parole d’ordine del gruppo italiano che sta sviluppando protesi di arto accessibili a tutti.

È da un po’ che si parla delle mirabolanti possibilità che la stampa 3D potrebbe offrire nel campo della medicina, e soprattutto dell’ingegneria biomedica, che si occupa di creare protesi e altre apparecchiature riabilitative. Negli ultimi mesi abbiamo letto quasi quotidianamente di scienziati, dottori e hacker che avevano trovato il sistema per produrre arti bionici, tessuti e persino interi organi servendosi semplicemente di un progetto CAD e di una stampante più o meno sofisticata.

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Non è ancora una rivoluzione dei maker del biomedicale: molti di questi progetti rimangono tecnologie brevettate, saldamente in mano ai loro creatori. Ma stanno via via guadagnando terreno iniziative open-source, che permetterebbero a chiunque abbia accesso a una stampante 3D di scaricare i progetti e stampare una mano in pochi minuti. (Cito le mani non a caso, dato che uno dei pionieri della biomedica open-source è l’inglese Joel Gibbard, che con il suo Open Hand Project sta lavorando alla creazione di una protesi di mano stampabile).

Di questa nuova ondata fa parte anche un gruppo italiano, dal ben poco italiano nome di “Open Biomedical Initiative”, che inizierà ufficialmente le operazioni ai primi di giugno.

L’iniziativa può essere considerata, semplificando molto, una sorta di Wiki-protesi. In un rovesciamento benigno della follia tecno-libertaria di Cody Wilson (lo studente texano che nel 2012 creò una Wikiweapon per fornire agli invasati di tutto il mondo le istruzioni per stampare pistole), l’OBI fornirà gratuitamente online progetti biomedicali, dettagliatissimi e realizzabili con stampanti 3D e materiali low-cost. A disegnarli, in un primo momento, il gruppo dei fondatori, già al lavoro su due modelli di protesi di mano – uno puramente meccanico, l’altro con alcune parti elettroniche; ma l’obiettivo di lungo periodo è quello di formare una rete globale di persone che contribuiscano allo sviluppo dei progetti più disparati.

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Imbrigliando l’ingegno di esperti, smanettoni e semplici curiosi, l’OBI cercherà di mettere a punto oggetti biomedicali (protesi, ma non solo) che possano essere stampati anche in angoli di pianeta dove reperirli sarebbe impossibile o troppo oneroso. Chiunque vorrà, potrà così contribuire al processo creativo collettivo, ma anche partire dai progetti già completati per creare qualcosa di nuovo da aggiungere al campionario dell’iniziativa.

A supervisionare il tutto saranno i due fondatori, l’abruzzese Bruno Lenzi e il salentino Cristian Padovano. Bruno e Cristian sono entrambi esperti del settore, rispettivamente un ingegnere biomedico e un biotecnologo, e si occuperanno di testare e garantire la funzionalità di ogni progetto presente sulla loro piattaforma.

Lenzi, che coltiva anche una passione per la crionica, la tecnologia di conservazione dei cadaveri a bassissime temperature, definisce la sua creatura “un’opera umanitaria in stile Wikipedia”, che vuole contrapporsi a “un sistema che oggi è totalmente in mano a big dell’industria biomedica, che si fanno pagare profumatamente”.

Al contrario, lo spirito dell’OBI rimane essenzialmente no-profit: a motivare Bruno e Cristian, che hanno altre fonti di reddito, è unicamente la voglia di migliorare la qualità della vita grazie alla tecnologia.

“Open-source, low-cost e 3D-printable sono le nostre tre parole d’ordine,” spiega Bruno. Certo, non tutti possono permettersi una stampante 3D, anche se oggi relativamente abbordabile. “Per questo stiamo collaborando con ospedali, organizzazioni benefiche e laboratori di stampa in tutto il mondo, per permettere a tutti di avere accesso a una stampante e ottenere ciò di cui hanno bisogno.”

La prima delle due protesi sviluppate dall’Open Biomedical Initiative sarà disponibile a giugno, mentre per la seconda (quella con alcune parti elettroniche) bisognerà attendere fino a settembre. Funzioneranno?

Bruno assicura di sì, ma “la stiamo ancora migliorando”.