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Tecnologia

Dopo il roaming, l’UE abbatte le barriere dei servizi in streaming

Se proprio non riesci a staccare gli occhi da Netflix, presto potrai guardarlo anche quando sei all'estero.

Il 7 febbraio scorso Consiglio e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo su un regolamento che eliminerà gli ostacoli alla portabilità dei contenuti online sul territorio dell'Unione Europea.

Si tratta di uno degli interventi attuativi della strategia per il mercato unico digitale in Europa, avviata dalla Commissione con comunicazione del 6 maggio 2015, che prevede l'adozione di una serie di misure per migliorare l'accesso online ai beni e servizi in Europa da parte di consumatori e imprese, creare un contesto favorevole di sviluppo delle reti e servizi digitali, e massimizzare il potenziale di crescita dell'economia digitale europea.

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Il mercato dell'offerta in rete di film, musica, e-book, giochi, ecc. è in continua espansione (Netflix, Spotify, Steam, per citare alcuni dei provider più famosi) anche grazie alla possibilità, offerta da smartphone e dispositivi portabili in genere, di accedere ai contenuti praticamente ovunque e in ogni momento.

Gli utenti che si abbonano a un servizio nel proprio stato di residenza, però, non sempre riescono ad accedervi quando sono all'estero, perché i fornitori possono applicare restrizioni territoriali all'offerta. A volte questo risponde a una politica di business, altre volte accade perché i titolari dei diritti sui contenuti digitali impongono di metterli a disposizione degli utenti solo in alcuni territori. È il caso, ad esempio, degli eventi in esclusiva, rispetto a cui i fornitori ottengono dai titolari dei diritti un'esclusiva limitata a uno o più stati, con l'obbligo di non diffondere il contenuto all'estero.

Leggi anche: È ufficiale, da giugno 2017 verrà abolito il roaming nell'Unione Europea

Con la nuova normativa, che potrebbe entrare in vigore nella prima metà del 2018, le cose sono destinate a cambiare. I prestatori dei servizi online a pagamento (diversamente dai fornitori dei servizi gratuiti, che possono aderire al sistema su base volontaria) saranno obbligati a garantire agli utenti l'accesso ai contenuti acquistati nello Stato di residenza anche quando essi si trovano temporaneamente in un altro Stato UE, oltretutto con una qualità del servizio non inferiore a quella dei servizi forniti in quello Stato.

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Tutte le clausole contrattuali contrarie (tra utente e prestatore del servizio, e tra prestatore e titolare dei diritti sui contenuti) sono dichiarate inapplicabili dal regolamento anche se stipulate prima della sua entrata in vigore. Ciò significa che i cittadini che hanno acquistato un abbonamento nel paese di residenza potranno liberamente fruire di tutti i contenuti offerti dal servizio anche se si trovano in un altro paese dell'Unione, ad esempio in vacanza o per motivi di lavoro. La normativa non si spinge invece fino a consentire all'utente anche di acquistare abbonamenti in stati esteri, magari a condizioni più favorevoli, per utilizzarli stabilmente nel paese di residenza.

L'acquisto dei servizi di accesso a contenuti digitali audiovisivi e affini rimane ancora soggetto alla possibilità dei fornitori di applicare restrizioni territoriali (nonostante la Corte di giustizia a partire dal caso Murphy abbia tracciato una linea di segno diverso, consentendo l'importazione, la vendita e l'uso di decoder stranieri che consentano l'accesso a servizi codificati di radiodiffusione provenienti da un altro stato membro).

Il progetto è il tassello di un disegno di più ampio respiro dell'Unione, che mira a eliminare gli ostacoli alla libera circolazione di servizi, beni e persone.

Si tratta comunque di una misura di impatto notevole, che accresce il valore aggiunto degli abbonamenti acquistati dai consumatori e impone ai fornitori una revisione non solo delle proprie politiche commerciali, ma anche della contrattualistica in essere con i titolari dei diritti e gli utenti alla luce del mutato assetto. Per il controllo del paese di residenza, il regolamento indica una serie di possibili strumenti di verifica utilizzabili dai fornitori (ad esempio la verifica dell'indirizzo IP, i riferimenti bancari usati per il pagamento, l'indirizzo di fatturazione o postale, e altri) fermo il limite del rispetto della privacy degli utenti: l'uso degli strumenti di verifica deve dunque essere strettamente funzionale al compimento della verifica, senza possibilità di controlli più invasivi o utilizzo dei dati raccolti per finalità diverse.

Come si è detto, il progetto costituisce il tassello di un disegno di più ampio respiro delle istituzioni dell'Unione, che mira a eliminare gli ostacoli alla libera circolazione di servizi, beni e persone attuati per mezzo di limitazioni territoriali (il cosiddetto geoblocking) nei mercati "non fisici", tra cui il settore delle telecomunicazioni, dell'e-commerce e della tutela del diritto d'autore in ambito digitale. In questo quadro, l'Unione è già intervenuta abolendo i sovrapprezzi incontrollati delle tariffe di roaming, consentendo dal 15 giugno ai cittadini europei di effettuare e ricevere telefonate in qualunque stato membro. Inoltre, è in discussione un regolamento sull' e-commerce che vieta l'applicazione di condizioni di vendita diverse in base alla localizzazione dell'acquirente (divieto peraltro già previsto nella direttiva c.d. servizi, che però finora ha visto scarsa applicazione pratica).

Ancora, la Commissione ha recentemente avviato indagini contro alcuni dei più importanti operatori informatici per possibili pratiche anticoncorrenziali in ambito online. I progetti al vaglio sono molti, resta dunque da vedere come e quando si tradurranno in fatti concreti.

Fabrizio Sanna e Davide Graziano sono due avvocati dello studio studio legale Orsingher Ortu — Avvocati Associati, che disporrà di una colonna mensile su Motherboard Italia per parlare del mondo della internet governance nell'Unione Europea.