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Vice Blog

Perché non ha senso indignarsi se i Casamonica vanno in televisione

Le polemiche innescate negli ultimi due giorni per la loro partecipazione a Porta a Porta ha evidenziato come il problema principale non sia lo spazio che viene concesso ai Casamonica, ma il modo in cui se ne parla.
Niccolò Carradori
Florence, IT

Grab

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Negli ultimi due giorni, l'ultimo aggregato di indignazione che è riuscito a oltrepassare la nostra soglia di attenzione è stato senza ombra di dubbio la polemica sulla partecipazione dei Casamonica a Porta a Porta di martedì scorso.

Martedì sera, infatti, Bruno Vespa ha fatto intervenire in studio Vera Casamonica, la figlia di Vittorio, e Vittorio Casamonica jr, il nipote, per ricostruire la vicenda del funerale di cui abbiamo parlato tutti troppo diffusamente.

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Ma il problema non è stata tanto la piega che la puntata ha preso: con Vespa che incalzava Vera con il suo tono mellifluo e le sue domande capziose, quanto proprio la partecipazione dei due, con tutto quello che la loro famiglia rappresenta, ad una trasmissione.

La sera stessa sulla home di Facebook di tutti era possibile imbattersi in post e meme di questo tipo, e oggi quasi tutto l'apparato mediatico si è mosso per criticare la scelta di Vespa. Molti, come il presidente del PD Matteo Orfini, hanno definito l'invito un "grave errore", ma alcuni sono arrivati anche a definire Porta a Porta un "programma paramafioso."

Ovviamente, come accade sempre quando l'hype di una polemica monta fino all'inverosimile come in questo caso, la motivazione che ha innescato l'astio globale ha una componente di sterilità enorme.

Soprattutto per il fatto che i Casamonica in televisione c'erano già stati prima di andare a Porta a Porta. Precisamente sono stati ospiti, in collegamento, di In Onda, su La7, accendendo una polemica a distanza con Salvini.

A quanto pare, però, il nocciolo della questione riguardava proprio il fatto che Porta a Porta faccia parte del palinsesto di una rete nazionale. E quindi non è solo la visibilità che viene data ad una famiglia storica della malavita romana, quanto il fatto che sia la Rai a dargliela.

Quanto sia ipocrita questa critica è facilmente comprensibile: canone o non canone, la Rai è una rete che deve giocarsi il mercato con le televisioni commerciali. E va da se che per farlo debba prendere delle scelte che favoriscano gli ascolti.

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Porta a Porta, poi, è sempre stato il genere di programma che tenta di navigare i cavalloni delle polemiche e delle questioni critiche, quindi sembra abbastanza plausibile l'invito dei Casamonica in studio visto il clamore che negli ultimi tempi hanno suscitato.

Alcuni esponenti politici, come Lupi ad esempio, si sono schierati dalla parte di Vespa, evidenziando come fare giornalismo significhi innanzitutto ascoltare le testimonianze e le versioni di tutte le parti in causa.

— Maurizio Lupi (@Maurizio_Lupi)9 Settembre 2015

La questione, poi, ha scatenato il fervore di molti giornali di destra, come Libero, che ha denunciato il linciaggio mediatico di Vespa e insinuato che dietro alle polemiche si nascondano battaglie per accaparrarsi le poltrone in Rai.

Vespa dal canto suo si è difeso in modo abbastanza ridicolo dalle critiche, paragonandosi a Biagi e questionando sui precedenti penali e sulla mancanza di prove quando si parla di Vittorio Casamonica. Ma ha anche festeggiato il risultato ottenuto grazie alla loro presenza: la puntata di martedì, infatti, ha fatto più ascolti anche di quella in cui era ospite Matteo Renzi.

Il punto focale della questione mediatica dei Casamonica, quindi, è fondamentalmente un altro: tutta l'attenzione delle polemiche si è concentrata sulle scelte di chi ha deciso di invitarli, ma in pochi si sono chiesti che tipo di interesse hanno i Casamonica a mostrarsi così apertamente di fronte all'opinione pubblica.

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Ovviamente è quasi inutile evidenziare come l'immagine dei membri della famiglia, con annesse sgrammaticature e smaccata mancanza di gusto, che traspare dalle interviste come quelle di Vespa—che si rivolgeva a Vera e Vittorio Jr come se fossero dei bifolchi a cui andava spiegata qualsiasi cosa, e non i membri di una famiglia enorme e potentissima che gestisce il racket, lo spaccio e l'usura in un'intera area di Roma—sia fittizia. E probabilmente voluta.

È un rapporto davvero strano e ambivalente quello che il clan romano ha con i media: a differenza degli altri membri delle associazioni criminali, tendono sia a contrastare con violenza l'attenzione, sia a ricercarla in modo grossolano. Inutile evidenziare come il funerale stesso fosse un modo per evidenziare il loro potere, e che hanno creato con la stampa nazionalpopolare un rapporto totalmente diverso rispetto a quello che hanno con i giornali di approfondimento.

Come suggerisce un recente articolo di Lirio Abbate, è proprio grazie all'aleggiare continuo della loro presenza asfissiante e del terrore che sa suscitare sul territorio che i Casamonica si sono presi un grande fetta di Roma. E dopo l'inchiesta di Mafia Capitale, gli arresti, e i dissesti nello status quo dell'ambiente criminale romano, è più che mai importante far sentire la loro presenza.

Per questo si mostrano, per questo hanno bisogno che su di loro ci sia questo tipo di attenzione. Il senso di impunità che traspare dal modo in cui si approcciano all'opinione pubblica, però, non nasce dall'attenzione, quanto dal modo in cui si concretizza. Ovvero che il dibattito, soprattutto quando diventa politicamente orientato e pretestuoso come ha dimostrato il comportamento dei giornali destrorsi dopo lo scoppio delle polemiche, è totalmente incapace di dipingere un contesto nel modo giusto.

In un'intervista uscita oggi su Repubblica, però, il prefetto Franco Gabrielli sostiene che l'ultima apparizione sia una specie di retromarcia: "Vedere figlia e nipote del boss con il cappello in mano da Bruno Vespa è la dimostrazione che i Casamonica hanno compreso in quale guaio si siano infilati e quale errore abbiano fatto ad accendere un riflettore che ora, con ogni evidenza, non controllano più. Mettiamola così: pagheranno a breve il giusto fio di quello che hanno combinato."

Che il motore mediatico che hanno innescato gli si ritorca contro, o che lo controllino o meno, resta il fatto che l'unica cosa di cui realmente dovremmo discutere non è tanto l'opportunità di invitare queste persone in una trasmissione , quanto del modo in cui vengono rappresentati. Riducendo l'ecosistema in cui gravita questo nucleo familiare ad un mero interesse simil-folkloristico a base di colonne sonore del Padrino e manifesti pacchiani, quando dovrebbe essere analizzato seriamente: perché nasconde dinamiche di potere e controllo immense.

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