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Ho passato una settimana a guardare soltanto talk show politici

Per capire meglio se il problema dell’insuccesso dei talk show in Italia sia l’eccesso di offerta, la scarsa qualità o l’assenza di Don Matteo in studio, ho seguito tutti i talk in prima serata per una settimana.

Ricordate quando Santoro, prima di far partire il suo talk show, se l’è presa con il fatto che ci sono troppi talk show? E che poi il suo talk è partito, insieme a tutti gli altri, e sui giornali hanno iniziato a scrivere che gli share erano bassi, e quindi aveva ragione lui?

Onestamente non ho mai seguito più di tanto i talk show, ho sempre preferito informarmi dai siti dei giornali e dai blog politici del mio feed rss—anche se molti non vengono aggiornati dalla vittoria di Veltroni alle primarie del PD. Gli unici talk che guardo sono quelli del lunedì, perché mia madre guardava L’Infedele su La7. Poi L’Infedele è finito e mia madre ha iniziato a guardare le fiction su Rai Uno, che invece hanno un ottimo successo di share. Per capire meglio se il problema dell’insuccesso dei talk sia l’eccesso di offerta, la scarsa qualità o l’assenza di Don Matteo in studio, ho seguito tutti i talk show in prima serata per una settimana, spesso più di uno alla volta.

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Lunedì 13 ottobre 2014 - Piazzapulita La7 / Quinta Colonna Rete4

Quando annuncio al mio ragazzo che per una settimana avrei guardato ogni sera talk show politici, la sua risposta è: "Benissimo! Ma stasera siamo invitati fuori a cena." A cena, grazie alla pessima performance dell'Italia contro Malta, riesco a mantenere il controllo del telecomando su La7. Piazzapulita ha in collegamento Diego della Valle dal suo studio a Sant'Elpidio a Mare e tra una battuta e l’altra si vedono servizi sull'alluvione di Genova del 9 - 10 ottobre. Due sono le domande che io e le persone che stanno guardando la tv con me ci facciamo: 1. come è possibile che a Genova sia successo quel che è successo? 2. Perché tutto questo spazio a della Valle?

Cambio canale su Quinta Colonna e c'è Toti con la camicia bianca che parla degli 80 euro in busta paga dicendo che servirebbero più a quelli che una busta paga non ce l'hanno. Applausi, e Del Debbio cita due volte Berlusconi in circa 10 minuti. Torno su La7, dove Formigli finalmente chiede a della Valle se ha intenzione di candidarsi, e della Valle non dice no. La cosa è talmente frustrante che torno su Quinta Colonna, che nel frattempo è diventato un programma per amministratori condominiali su Tasi e Tarsu con Laura Ravetto di FI e Mario Giordano.

Nel frattempo a Piazzapulita si passa da Genova alla manifestazione del Circo Massimo. Scanzi dice che il libro più bello d'Italia è la Costituzione. Se c'è una cosa che ho capito dai talk show politici è che puoi anche farlo senza politici, o senza giornalisti, o senza esperti vari, ma guai se non c'è un populista. Verso le 23.30 arriva il Ragazzinochenesadipolitica, che questa settimana è stato mandato alla manifestazione del M5S dove viene avvicinato da tutti come un divo. Gli dicono di stare attenti a LORO.

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ATTENTO!1!!1!!11

A mezzanotte parte un video del Terzo Segreto di Satira sugli elettori del M5S a cui Scanzi reagisce toccandosi la faccia come se avesse riso per la prima volta nella sua vita. L'ultima mezz'ora è un rimbalzo tra gli ospiti in studio che onestamente ho smesso di ascoltare perché hanno aperto il vino Francis Ford Coppola che è buonissimo, e la situazione in casa del nostro ospite ormai è come alla fine di una puntata di Sanremo: ognuno cita il suo momento preferito della puntata, fa congetture, tira fuori video da YouTube e pagine Facebook a tema. Ed esattamente come con Sanremo, penso che guardare altre tre ore di roba simile da sola sarà decisamente noioso.

Martedì 14 ottobre 2014 – Dimartedì La7 / Ballarò Rai Tre

Sono uscita tardi dall'ufficio, sono andata tardi a fare la spesa, e quando arrivo a casa è già tutto iniziato da una decina di minuti. Capisco facendo zapping tra i due canali un paio di volte che prestare attenzione a entrambi i programmi sarà impossibile: lo stream of consciousness di rimbalzi tra un ospite e l'altro è difficile da seguire stando diligentemente su un programma solo, figuriamoci due. E figuriamoci ancora di più che da una parte c'è Brunetta con la Meloni e dall'altra lo scontro Tremonti VS Tito Boeri (spesso messi in grafica uno accanto all'altro, come poliziotto buono e poliziotto buffo). Entrambe le puntate iniziano su Genova. Da italiana media che guarda i talk io sto dove sta la caciara, cioè dove la Meloni dice al sindaco che deve chiedere scusa.

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Finita la sezione Genova si para di manovra economica. È l'apoteosi del talk show politico: Floris chiede qualcosa a una persona e mentre risponde si sente sotto un ospite non interpellato che sbuffa e ha da ridire e prende la parola e “Ma stavo parlando io,” “Ma se non mi lascia parlare,” “Ma io l'ho lasciata finire.”

Che si parli dell'alluvione di Genova, dello sblocca Italia o dell'arrivo degli alieni in Molise, come in un libro Animorph il tema serio si trasforma in vacca. Quando parte la pubblicità su La7, passo a Rai Tre dove anche lì parte la pubblicità, così anche le logiche televisive si mettono contro la riuscita della mia missione. Poi partono cartelli, spiegoni, sondaggi (nel giro di una settimana, tra talk mattutini e serali, il cartello con la spiegazione della Legge di stabilità lo vedrò in almeno sei grafiche diverse) che piovono da tutte le parti. Passo da una discussione economica che non ho neanche lontanamente le basi per capire su Ballarò a un servizio sul nuovo trend delle friggitorie su La7 che decido spontaneamente di non voler capire.

Sempre su La7 viene intervistata Laura Biagiotti, e mi dispiaccio per lei. Quando vedo invitato a un talk qualcuno che non c'entra nulla con la discussione in corso e che ha la sola colpa di essere famoso, penso sempre alla riunione di redazione in cui qualcuno ha detto “Sai chi potremmo invitare? Laura Biagiotti!” e mentre tutti dicono “Ma sai che non è male?”, un giovane stagista in fondo alla redazione pensa “Mi sembra un po' un'idea del cazzo.”

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L'interessantissimo servizio sulla moda delle friggitorie di diMartedì.

Su La7 a un certo punto va in onda un servizio con bambini che danno opinioni varie su varie questioni politiche. Sono frustrata e confusa, capisco che avrei dovuto seguire meglio Ballarò per lo spessore dei temi, ma quando una delle bambine, alla domanda “Come dovrebbe essere tuo marito?”, risponde: “Medio,” sento che l'attrazione verso queste cazzate è il motivo per cui invece di Scienze Politiche ho fatto Scienze della Comunicazione.

Ballarò finisce con un episodio di Il Candidato, su cui non mi esprimo per non indispettire il suo regista anche questa settimana.

Mercoledì – niente

Mentre sono fuori a cena, un’amica mi chiede se giovedì andrò con lei in un locale, le rispondo, “Domani c'è Santoro.” E venerdì? “No, c'è Mentana.” Mi faccio schifo mentre lo dico.

Tornata a casa vorrei guardare Malattie Imbarazzanti su Real Time, ma mi sento in dovere di guardare almeno Porta a Porta, che parte con un'ora di intervista a Luca Cordero di Montezemolo sulla Ferrari e l'Italia e la FIAT e “Guarda Schumacher quando stava bene.” All'una inizia la seconda parte del programma sulla manovra finanziaria; faccio in tempo a vedere di nuovo la Meloni prima di addormentarmi sul divano.

Giovedì – Servizio Pubblico La7 / Virus Rai Due

Michele Santoro dedica l'editoriale a Grillo e alle contestazioni che ha avuto a Genova, e sempre sui ragazzi che spalano il fango a Genova, su Grillo e sulle responsabilità politiche è il primo servizio.

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È il quarto reportage sul tema che vedo in quattro giorni, e sono arrivata al punto di fare spallucce. È molto simile a quelli di Piazzapulita, solo con i toni più alti, i genovesi sono più incazzati, le parti politiche sono più pronte a passare le responsabilità a qualcun altro. Sembra che tutti siano più frustrati di quanto non sembrasse dai servizi precedenti, o forse lo sono solo io.

Poi si parla ancora di Movimento5Stelle, poiDragoni spiega la manovra di Renzi, e mi ricordo che su Rai Due c'è Virus, dove spiegano con altre parole, altre persone (tra cui Giannino) e altri toni della manovra di Renzi, e mentre mi perdo nel pensiero che è la quarta volta che sento raccontare tutto questo con la stessa identica formazione in studio—il mediatore, il destra, il sinistra, quello del partito di opposizione, quello che non c'entra niente, l'esperto—iniziano a parlare di Berlusconi e della Pascale al Gay Village di Roma con Vladimir Luxuria.

Nessun altro dei talk ne aveva ancora parlato, e se da una parte credo che sia meraviglioso sentir parlare di un tema diverso, dall'altra penso che non meriti la mia attenzione, perché non è Genova, non è la riforma fiscale e non è Grillo. Ormai la mia agenda è stata decisa, e non ho intenzione di cambiarla. Torno su La7 e parte Travaglio, e poi parte la scenata di Travaglio al ragazzino che spalava il fango e poi quella di Santoro a Travaglio, tutto con il governatore della Liguria che per un momento non si sente dare velatamente dello stronzo e ne approfitta per attaccare Travaglio. Architettato o meno che sia questo momento, è almeno diverso da tutto quello che ho visto finora, ma se prima i talk mi sembravano Buona Domenica, ora mi sembrano Uomini&Donne. Vauro invece mi fa tristezza come al solito.

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Venerdì 17 ottobre 2014 - Bersaglio Mobile La7 Enrico Mentana, grazie per essere abbastanza ragionevole da fare un talk show politico che dura meno di due ore invece che più di tre, e grazie per aver deciso di farlo iniziare dopo le 22.30, permettendomi di avere ancora un barlume di vita sociale. Bersaglio Mobile è dedicato alla questione Pascale-Luxuria-Berlusconi, e in studio ci sono Vladimir Luxuria e Maurizio Gasparri. So che sarà facile, e infatti la serata fila liscia come l’olio: Luxuria difende il diritto di farsi i selfie con chiunque sposi la sua lotta; Gasparri mette finalmente luce sulla sua opinione riguardo allo ius primae noctis—“Era una cosa sbagliata”—e va in sbattimento con l’italiano quando deve parlare di coppie omosessuali che hanno figli.

Lo studio della trasmissione è molto luminoso e si vedono perfettamente le facce di quelli nel pubblico, e mi chiedo come facciano a reggere l’intero programma senza mai borbottare o mangiare biscotti o controllare Twitter. A proposito di Twitter: in questa settimana di gavage televisivo ho seguito spesso il live twitting delle trasmissioni, e se quello spazio fosse uno specchio dell’Italia saremmo una nazione di comici scarsi e psicopatici con deliri di persecuzione.

Non sto guardando #bersagliomobile perché con tutto il rispetto verso i #gay credo che abbiamo ben altri assilli pic.twitter.com/lwQ4CtK9gH

— Claudia (@carlucci_cc) October 17, 2014

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Sabato - niente

Mentre pulisco il bagno ripenso a tutto quello che ho sentito dire tutte le sere precedenti e capisco che le fila che avrei tirato su Genova, sul Movimento5Stelle, sulle adozioni ai gay, sulla manovra finanziaria sarebbero le stesse che avrei tirato senza vedere neanche uno di questi programmi. E questo varrà anche per le persone presenti in studio, per i giornalisti nelle redazioni, per il pubblico a casa. Nessuno è lì per far cambiare idea a qualcun altro, nessuno ha intenzione di cambiarla.

Domenica - La Gabbia La7

È l’ultimo giorno ed è bello sapere che lo passerò con i freak. Guardare La Gabbia è come guardare per tre ore pagine Fcebook di grillini. Se negli altri talk la responsabilità di qualsiasi azione è discussa e rimbalzata tra i presenti, qui la colpa è dell’Europa. Si parla di Renzi da Barbara d’Urso e le promesse degli 80 euro per le mamme? Renzi fa così perché l’Europa vuole renderci poveri. Vogliono tagliare i fondi per i portatori di handicap? Colpa della Merkel. Di che segno sei? No Euro. Il programma è un mash up tra un talk politico, Le Iene e Rivelazioni con Adam Kadmon. Ogni venti minuti cambia il tema: prima Genova, poi i bambini autistici, poi Renzi dalla D’Urso, poi Benetton, poi il CNEL, poi i vitalizi, poi i contratti di lavoro a Eataly, poi le banche, poi i licenziamenti di Meridiana.

Più passano le ore, più i video sono oscurati e sottotitolati, meno capisco cosa stia succedendo e cosa stiano dicendo tutti. Inizio a pensare che le persone del pubblico non siano realmente lì, ma siano gli amici immaginari degli ospiti. Poco prima di mezzanotte il talk finisce e inizia Le Iene: parte con un video di Saverio Raimondo, che riesce a dire cose sensate grazie all’assenza di contatti con lo studio.

Io odio tutto e tutti, e arrivo ad avere un’opinione fortemente positiva sull’Euro solo per essere il più lontana possibile da tutto quello che ho visto finora. Anche perché onestamente non è stato spiegato da nessuno perché dovrei avercela tanto con l’Euro, dovrebbe essere un atto di fiducia. E che senso hanno i dibattiti e le discussioni se alla fine quello che uno spettatore deve fare è fidarsi di quello che più gli assomiglia?

Dopo essersene andato via dal programma, Marco Travaglio ha scritto su Il Fatto Quotidiano che nei talk il giornalismo come lo conosciamo non c’è più. Quello che dopo sette giorni di talk mi viene da pensare è che il talk, in sé, non c’entra con il giornalismo. Non è una tribuna in cui una figura politica dice la sua e un giornalista cerca di sviscerarla per arrivare a un’eventuale contraddizione, e non è neanche un dibattito in cui due-tre persone alla pari si confrontano su una tematica permettendo a uno spettatore di decidere da che parte stare. E non credo sia un problema di eccessiva offerta, visto che nessuno si è posto il problema di cambiare formula o contenuti, ma che essenzialmente non hanno senso per chi non conosce i temi trattati, e neanche per chi quei temi li conosce già e li vuole approfondire—così come Sanremo non serve a chi ascolta poca musica o a chi è un esperto musicologo. Ma entrambi sono ottimo pane per fare gag su Twitter.

In ogni caso, ieri sera a Piazzapulita si è parlato di Lega, immigrazione e sprechi nelle regioni, quindi posso dimenticare tutto quello che ho sentito settimana scorsa, tanto non mi servirà più.

Segui Chiara su Twitter: @chialerazzi