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Al diavolo il Giuramento di Ippocrate

Sento le voci

I consigli di un vero dottore per gestire le allucinazioni senza finire nei guai.

Cari lettori, è la dottoressa Mona Moore che vi parla. Ovviamente si tratta di un nome fittizio, ma non temete, sono un medico in tutto e per tutto. La cosa importante, ad ogni modo, è che sono qui per dispensarvi qualche consiglio sulla salute, che si tratti di droga o masturbazione sperimentale.

Ieri in metropolitana ho sperimentato un momento di profondo disgusto per me stessa al ricordo di una disavventura a elevato tasso alcolico, e senza volerlo ho fatto un verso e mi sono colpita alla testa un paio di volte con il libro che stavo leggendo, dicendomi “Idiota, idiota, idiota.” Tutti si sono girati a fissarmi. Mi sono resa conto che essere matti deve essere così. La voce nella tua testa diventa talmente potente da richiedere un’azione.

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Pensavo alla pazzia la scorsa settimana, dopo che una donna sui 30 anni è arrivata al pronto soccorso coperta da capo a piedi della sua stessa merda. Era chiaramente vittima di un accesso di psicosi. Abbiamo dovuto sedarla per pulirla, perché ogni volta che provavamo ad avvicinarci si dimenava e gridava, come se la stessimo sgozzando. Ancora un po’ puzzolente, durante la visita era inconsolabile per il fatto di non essere più coperta delle sue stesse feci.

Alla fine, abbiamo capito cosa fosse successo. Il marito era morto sei settimane prima facendola sprofondare in un episodio psicotico, durante il quale le voci nella sua testa l'avevano convinta che lui non fosse morto, ma si trovasse dentro di lei. Ha disperatamente provato a non defecare, causandosi una costipazione a livelli altamente tossici, ma alla fine le sue budella sono esplose per protesta. Al che lei ha raccolto ogni briciola di suo marito per poi spalmarsela sul corpo nel tentativo di conservarlo. Era profondamente tragico, e una parte di me desiderava che avessimo raccolto la sua merda in un barattolino e che potesse portarlo a casa.

Una persona su cento soffre di almeno un episodio di schizofrenia nel corso della vita—ogni tanto si vedono persone girare con i paraorecchi in estate o con le cuffie scollegate; spesso sono meccanismi di coping. Le allucinazioni uditive sono molto insistenti, e come con i bambini piccoli, dire loro di tacere o anche passare alle minacce non funziona. È come se il tuo monologo interiore, quelle seghe mentali che insistono sul quanto sei un idiota, diventassero autosufficienti—non hanno più bisogno della tua esistenza, e come in un chiacchiericcio alimentato a cocaina vanno avanti senza fine. Solo che ti arrivano alle orecchie proprio come un incessante rumore esterno.

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Una volta ho assistito a un incontro di persone che sentono le voci, i cui partecipanti erano incoraggiati ad articolare le loro voci, a rispondere e a negoziare con esse. Una ragazza carina sui 20 anni pensava che la sua cooperativa la obbligasse a comprare cose di cui non aveva bisogno, e si doveva tenere sempre a non meno di 100 metri dall'ingresso. Le voci di un uomo nigeriano erano impersonate da un transessuale biondo di un metro e 80 e un nano cattivo, che discutevano costantemente nella sua testa. E un'anziana signora credeva che suo marito lavorasse per i servizi segreti, che loro l’avessero rapita e le avessero impiantato un chip nel cervello, e che così lei agisse solo secondo la loro volontà. Si sono trovati tutti d’accordo sul fatto che il metodo migliore per reagire fosse usare un cellulare. Lo tenevano all’orecchio quando sentivano l’urgenza di parlare con le loro voci così che la gente non pensasse che erano matti. Molti di loro avevano imparato a convivere piuttosto bene con la situazione—era quello lo scopo degli incontri.

La cosa divertente è che anche gli psichiatri sono tutti un po’ matti. Gli piace provocare i pazienti e portare all'estremo le loro voci, nel tentativo di provare loro che non sono reali. Ho assistito alla seduta psichiatrica di una quarantacinquenne che aveva questo problema da quattro anni.

Il dottore ha chiesto, “Allora, dov’è la sua voce adesso?”

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Perfettamente lucida, la paziente ha risposto, “È lì, su quella sedia,” indicando una sedia vuota nell’angolo.

Quindi lo psichiatra si è alzato, ha camminato fino alla sedia e ci si è seduto. Poi ha detto compiaciuto, “Allora, dov’è la sua voce adesso?”

La paziente l’ha guardato e ha risposto, “È in quell’angolo e mi sta dicendo che lei è una testa di cazzo.” Ho pensato che a volte mi piacerebbe avere una voce, per poterla incolpare quando do della “testa di cazzo” a qualcuno.

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