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Cibo

Come comportarsi a tavola

Finalmente un galateo veramente contemporaneo. Perché mangiare in maniera decente è uno dei principali modi per renderci scopabili.

Alcuni di voi non lo sapranno, ma le vostre nonne e probabilmente le vostre madri hanno o hanno avuto in casa un libro chiamato Il Galateo di una certa Contessa Clara, o il Dizionario del successo, dell’Insuccesso e dei luoghi comuni di Irene Brin. Entrambi sono opera in realtà della stessa autrice—nella foto sopra—Maria Vittoria Rossi, considerata, per quello che vale, la donna più elegante d’Italia nel secolo scorso, che si era messa in testa di insegnare come si mangia ai borghesi medi e piccoli e anche ai campagnoli ansiosi di imitare. Gli spiriti aristocratici non avevano bisogno di alcun manuale di comportamento a tavola perché lo incarnavano, come sempre hanno creduto i membri dell'l’aristocrazia a partire da Versailles, dove la corte seguiva una rigida etichetta ma cacava nei caminetti perché praticamente non c’erano cessi.

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Oggi questa cosa, l’etichetta, sembra più che altro un vademecum cafonal per palazzinari indebitati che portano le escort in Costa Smeralda e insegnano loro che non si beve il vino se prima non lo si è versato a chi siede alla propria destra. È passato qualche secolo da quando appoggiare i gomiti sul tavolo significava passare a qualcuno la peste. Qualcosa però, del galateo, è vicino a noi: in un certo senso vuole contribuire a renderci scopabili. Sembra una cazzata, ma se il sesso ormai ci serve quanto il cibo per costruirci un’identità, mangiare decentemente aiuta a unire le due categorie, non nel senso dell’ultimo video ammuffito di Lady Gaga e Terry Richardson (panna e pizzo, che depressione), ma in un senso molto più brutale: se mangi come un cane sei, giustamente, considerato un po’ un coglione.

È vero che il mondo delle "buone maniere", che incredibilmente ha ancora una vita editoriale e dei lettori, si aggiorna con la velocità della deriva dei continenti—la guida Debrett’s, vangelo britannico in materia, ha appena colmato il vuoto legislativo riguardo al mangiare con le mani (la pizza si può, le caccole ancora no). Grazie Debrett’s! God Save the Buone Maniere. Anche noi però abbiamo qualcosa da dire sull’argomento.

IL PARADOSSO DELLE BUONE MANIERE

Nessuno potrebbe sapere come si mangia se non fosse stato istruito in merito. Proprio venire a conoscenza di una grande quantità di limitazioni, però, può portare le menti più sensibili a cadere nella cosiddetta "profezia lurida che si autoavvera", per cui la sensazione di poter fare anche una sola delle cose da non fare può farci agire inconsapevolmente per farla. Ma ogni manuale di etichetta—qui è il paradosso—mette in guardia contro le profezie luride autoavveranti affermando che fare troppa attenzione alle sottigliezze è da snob, da disagiati, da burini.

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Per provare a sciogliere il paradosso dobbiamo partire da ciò che ogni etichetta sottintende, ma che noi non daremo per scontato, perché sappiamo che esiste: L’HARDCORE.

HARDCORE 1: IL RUTTONE

Se a un vostro amico gay date del frocio, probabilmente non si offenderà, ma appena ci prova una persona non autorizzata, lui sbrocca o si vergogna per quello lì. Con il ruttone postprandiale è la stessa cosa: se eseguito da un "adulto" non lo si comprende, è qualcosa di spaventoso, inquietante, di quasi travolgente. “Che senso ha?”, ci chiediamo: è senza senso. Stordisce, dà le vertigini. Fa male al cuore, fa male agli occhi. Ma per fortuna ci sono i superamici, gli amici di una vita, gli unici che, se lo fate alla loro tavola, incassano pacifici la vostra incursione nel mondo alternativo governato dai Fichi D’India—i dioscuri del rutto—e vi assicurano che "nel paese dei maiali, questo è un sospiro d’angelo." Certo mi deprime vedere che quando un neonato fa un ruttino, i genitori d’Italia accendono un cero alla madonna e stappano una bottiglia di Crystal: "Ha fatto il ruttinoo! Quindi… ha digeritoo!!!"

HARDCORE 2:  SOFFIARSI IL NASO E GUARDARE DENTRO IL FAZZOLETTO

“Non si vuole anco, soffiato che tu ti sarai il naso, aprire il moccichino [fazzoletto] e guatarvi entro, come se perle o rubini ti dovessero essere discesi dal cielabro [cervello]”: così Giovanni Della Casa, autore del Galateo letterario italiano, stigmatizzava il gesto di schiudere il fazzoletto, dopo aver soffiato il naso durante un pasto, per osservare i risultati dell’operazione. Cambiando la metafora possiamo parafrasare così: “Ogni volta che vi alzate dal cesso chiamate forse qualcuno per considerare insieme a lui la forma dello stronzo? E allora discrezione, ragazzi. Discrezione.”

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HARDCORE 3: LE FACCE BRUTALI

La paura di sporcarci mentre mangiamo qualcosa con le mani ci convince che sollevare il labbro superiore e scoprire tutti i denti, sfoderando un’espressione brutale, serva a qualcosa. Il risultato è che così rischiamo di sporcarci davvero. Come Jason Biggs in questa immagine da manuale di etologia: abituato a far assaggiare le torte al suo pene prima che alla sua bocca, non ha ancora afferrato il concetto e sembra l’attore di un porno italiano che viene mentre bestemmia.

GLI ERRORI CLASSICI

Ci sono poi i concetti-base, quelli che le nonne hanno insegnato ai nipoti, tanto in città quanto in quei piccoli centri dell’Umbria dove i giovani affrontano ancora i cinghiali a mani nude e la pro loco organizzerebbe la Sagra del Rutto Con Rincorsa, se solo potesse. I nipoti rispondevano sempre: “Se lo faccio a casa non vuol dire che lo faccio anche fuori casa!”. E infatti:

I GOMITI SUL TAVOLO

Grazie a Starbucks e Instagram, per le ragazze "carine" nei modi appoggiare i gomiti sul tavolo mentre sorbiscono una sostanza calda da un tazza è il nuovo "non appoggiare i gomiti sul tavolo".

Vorrei ricordare alle ragazze che già nel Basso Medioevo il poeta Bonvesin de la Riva scriveva: "Ki fa dra mensa podio, quel hom no è cortese," chi usa la mensa per appoggiarsi non è una persona per bene, e può fare del male al prossimo. Come insegna questo povero ragazzo del popolo di Internet che ha pagato con un trauma "il peso del suo appoggiarsi":

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I BRUTTI SUONI 

I suoni che abbiamo imparato su Topolino, sgnack, slurp, gnam, sgnam, munch munch, chomp, crunch oltre a quelli del gargarozzo, i gutturali orrrgl, GLU, gghhhh, urgle, senza dimenticare ciò che ci insegnò quella maschera della Commedia dell’Arte che è "lo zio dalla Sicilia", il quale introduceva il cibo, soprattutto quello brodoso, eseguendo peti orali aspirati—slurp, lap lap, slap, gosh, shshshshsh (il rumore dell’aspiratore di un dentista), hffhvfhfhv—ed esprimeva il suo gradimento con altrettanti peti, quelli sì, filologicamente posteriori, ecco, questi suoni dicono di chi li produce: "Le seghe mi bastano, grazie."

IL BOCCONE SUPERCAFONE

Due cellulari a tavola e un boccone troppo grosso di tagliatelle "sugo e capelli": una lezione di bon ton da Naomi. 

Se non fare schifo a tavola è più difficile di quanto si pensi, fare schifo è molto più facile di quanto si creda. Tutto parte dalla forchetta. Inforchettare otto rigatoni per volta come se la posata fosse uno spiedo e la bocca un’ampia rosticceria viene spesso giustificato, se qualcuno vi guarda strano, come sintomo di "famona". “Scusa ma c’ho una famona!”.  Ma se la "famona" non è la fretta da pausa pranzo, la "famona" non esiste.

IL BOCCONE E LE CANNE

Tutti abbiamo lastricato le strade vorticose della nostra fame chimica con prodotti Findus mandati giù interi, cracker con la nutella e panini zozzoni che sono un invito allo strozzamento. Più o meno a 25 anni però la canna diventa solo un "rito di mezza età": da quel momento, mentre si fuma in compagnia, ci si aiuta con dei frollini offerti dalla dispensa del padrone di casa. I frollini verranno piluccati, non azzannati; più piccolo sarà il boccone, minore la possibilità che qualcuno debba poi farvi la manovra di Heimlich. E più calda la rassicurazione di essere dei fumatori tranquilli, borghesi e consapevoli. Inutile negarlo.

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PARLARE CON LA BOCCA PIENA

A patto di non essere un Grande Egocentrico, nessuno ha mai narrato la propria vita a bocca piena, ma solo detto cose irrilevanti su ciò che in bocca ci finisce, facendo sparire le consonanti come in "HOHHA, HOHHA [scotta]!", o rinunciando alle vocali tranne la ‘u’ come in "mmm! Buunussumu."

Queste inutilità valgono forse il rischio di sganciare nel piatto qualcosa che è già stato macinato dai denti? No. A meno che non dobbiate stoppare qualcuno che sta raccontando come finisce una serie tv che voi state ancora vedendo. In quel caso siete autorizzati a mettere una mano davanti alla bocca e a urlare NUUUUUUU [no] in faccia a quel maleducato.

LA SCARPETTA

La scarpetta: come non farla. 

Se da una parte c'è il divieto assoluto da parte del galateo ufficiale—se non "tenendo il pane con la forchetta" (!?)—dall'altra ci sono i feticisti che ti fanno venir voglia di diventare celiaco, quelli che ogni santa volta devono rompere il cazzo ai propri commensali su quanto loro "se ne sbattono dell'etichetta" perché "la scarpetta è la cosa più buona" e "le bellezze mediteranee alla fine sono le migliori." Evitati questi due estremi ugualmente sbagliati e fastidiosi, dobbiamo tenere conto del fatto che fare la scarpetta è una sorta di rilesso automatico, ma anche un gesto che, se compiuto con la dovuta grazia, non è sinonimo di sciatteria; anzi, paradossalmente, volendo rischiare, nelle occasioni più formali può essere anche visto come sintomo di sicurezza, di fiducia in se stessi e quindi di eleganza. È anche bene tenere a mente che se lo fate all'estero è probabile che verrete considerati dei morti di fame.

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VUOI ASSAGGIARE?

Nelle occasioni più informali capita di dividersi un piatto. Ancora più frequentemente capita che vogliate far assaggiare qualcosa agli altri, sia perché non vi piace ma dovete far finta che sia buonissimo ("mmm, DEVI proprio assaggiarlo!!"), sia per sincero entusiasmo. Se il destinatario si trova a un paio di metri da voi seguono coreografie apocalittiche:

1. Passando il piatto vi allungate a braccio teso.

2. A volte si rovesciano dei bicchieri di vino pieni.

3. Gli innocenti che si trovano tra voi e il vostro obiettivo indietreggiano alla Matrix con il busto per evitare di mangiarvi il gomito che gli avete spalmato in faccia.

4. Gli innocenti, se seduti con le spalle al muro, danno ovviamente una capocciata.

5. A volte cade proprio il piatto e le patate al forno che c’erano dentro finiscono dentro i bicchieri d’acqua.

L’elenco può continuare all’infinito, e tutto per non aver detto semplicemente a chi vi siede accanto: "Scusa, puoi passare questo piatto qui a quel tizio lì?"

La prima parte della guida si conclude qui. Nei prossimi giorni sarà pubblicata la seconda, intanto ve ne diamo un piccolo assaggio con la foto qui sotto.

Come mangiare un gelato riducendo a zero la possibilità di sporcarsi la camicia: collo un poco incassato e proteso, schiena dritta, cono sotto il mento, gomiti staccati dal busto e cucchiaio alla bocca. Non può averlo imparato da solo, deve aver studiato.

Cliccate qui per leggere la seconda parte.

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