Salute

La Sindrome dell’Ovaio Policistico è problematica da gestire, e ancor più da diagnosticare

La Sindrome dell’Ovaio Policistico, PCOS, non è solo un problema relativo alle ovaie. Attraverso testimonianze, parliamo di sintomi, di come si scopre e delle difficoltà di diagnosi.
Giorgia Cannarella
Bologna, IT
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Illustrazione di Irr via AdobeStock.

Insonnia e stanchezza costante. Improvvisi aumenti di peso o sfoghi di acne. Mestruazioni dolorose al punto da svenire. Oppure niente mestruazioni per mesi, anni.

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Questi sono solo alcuni dei sintomi che mi sono stati raccontati parlando con chi soffre di PCOS, o Sindrome dell’Ovaio Policistico. Nonostante quello che può far pensare il nome, non è un problema relativo solamente alle ovaie, ma una sindrome che altera sia i meccanismi ormonali che quelli metabolici del corpo. La metà delle persone che ne soffre presenta insulino-resistenza, una condizione predisponente al diabete di tipo II o a una sindrome metabolica, ma la sintomatologia della PCOS è molto varia.

La Sindrome dell’Ovaio Policistico è il disordine ormonale più comune in Italia per le persone con utero: ne soffre circa il 5-10 percento. È una sindrome complessa, problematica da gestire e ancora più problematica da diagnosticare. Io ho scoperto di averla a 30 anni, dopo aver cambiato tre diversi ginecologi che, quando chiedevo perché avessi le mestruazioni un mese sì e uno no da quando ero adolescente, mi rispondevano semplicemente, “Chissà, intanto prendi la pillola che ti regolarizza tutto.” Spoiler alert: la pillola non regolarizza proprio nulla. Si limita a silenziare i sintomi della PCOS, inscenando una finta mestruazione.

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Diagnosticare la PCOS, la Sindrome dell’Ovaio Policistico

Dalle testimonianze che ho raccolto tramite un appello a PCOS Italia, sembra che la pillola venga prescritta di default, senza fare nemmeno un’analisi o un approfondimento ulteriore, spesso senza tatto. “Il dottore mi ha domandato davanti a un’infermiera perché ‘avevo la barba’, riferendosi al mio problema di irsutismo,” racconta Carlotta*, 22 anni. Dice invece Silvia*, 31 anni: “Quando ero ragazzina l’endocrinologo mi ha abbassato le mutande per controllare ‘quanto fosse fitto il pelo lì’ davanti a mio padre, senza avvisarmi. Il ginecologo invece ha commentato che ‘le ovaie di lato sembrano bucate’.” 

Ma perché la diagnosi è così difficile? Ne ho parlato con il ginecologo Luigi Fasolino: “Non è sufficiente una singola ecografia di ovaio con molti follicoli per identificare la patologia, e questo fa sì che venga spesso sovrastimata o sottostimata. I primi campanelli d’allarme sono legati al ciclo mestruale e alle sua caratteristiche. Una persona con PCOS può presentare irregolarità mestruali marcate, con cicli da 35, 40 o 45 giorni; periodi di amenorrea; mestruazioni scarse.”

Spesso, inoltre, a causa della cosiddetta iper-espressione degli ormoni sessuali maschili, “possiamo vedere aumento della peluria, acne che può sfociare in acne cistica, perdita dei capelli.” Questi criteri diagnostici non sempre si presentano insieme. “Nella maggior parte dei casi,” aggiunge Fasolino, “la PCOS si associa a un peso elevato e un aumento del peso, che a sua volta autoalimenta la sindrome, che si ‘nutre’ con il tessuto adiposo.”

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Anche dopo avere ricevuto la diagnosi, presentando almeno due dei criteri diagnostici, non è semplice capire come proseguire. Come spiega Fasolino, che tratta il tema anche dal suo account Instagram: “Il ginecologo non basta, bisogna essere seguiti da altri specialisti, in endocrinologia e nutrizione. Prima di pensare a un trattamento farmacologico bisogna partire da lì.”

PCOS e alimentazione

Ho sofferto di disturbi alimentari per buona parte della mia vita adulta. E proprio per questo scoprire che avevo una sindrome in cui, anche se ero normopeso, il controllo della mia alimentazione era fondamentale per gestire i sintomi, non è stato facile.

Ho iniziato subito a informarmi e ho trovato solo dietiste intransigenti, che danno la colpa della PCOS alla pigrizia o all’ingordigia delle loro pazienti, o health coach che sostengono basti eliminare glutine, latticini e zuccheri. Il numero di persone obese con PCOS non è preciso, ma pare vari dal 20 a oltre il 50 percento, e questo fa sì che la diagnosi arrivi in ritardo perché, come spesso accade in ambito medico, lo stigma del peso ha il sopravvento e i medici consigliano solo di perdere kg, senza indagare sulle cause.

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Molte persone con PCOS soffrono di disturbi del comportamento alimentare: quanto è dovuto alla sindrome in sé o alla cultura della dieta? Durante l’adolescenza Katia*, 20 anni, era una ballerina professionista: “I DCA hanno sempre fatto parte della mia vita. Non perdevo peso anche se non mangiavo e questo mi ha portato ad avere periodi in cui non mangiavo alternati a periodi di binge eating e tentativi di autoindurre il vomito.” Mentre Sara*, 31 anni, dice di essere arrivata a non guardarsi allo specchio “perché non riesco ad accettare il mio corpo. E più mi sento così, più le persone si permettono di dirmi cosa devo fare per evitare di continuare ad ingrassare.”

Arianna Donna Felettig è una nutrizionista specializzata in PCOS che applica l’approccio dell’intuitive eating al trattamento della sindrome: “Esistono alimenti che possono aiutare e alimenti che possono essere controproducenti ma, soprattutto sui social, la comunicazione va centellinata, perché non sappiamo chi leggerà le nostre parole, qual è la sua storia e come potrebbe reagire.”

Mi spiega che l’alimentazione è solo un tassello e in un equilibrio c'è spazio per tutto, perché la salute è soprattutto mentale. “In caso di PCOS,” spiega, “è necessario pensare alla gestione del carico glicemico. Questo permette di evitare i picchi di glicemia, fondamentale in caso di tendenza all’insulino-resistenza, che ha sintomi specifici a seconda della gravità. Quando è conclamata e grave porta ad aumentare di peso in modo repentino e inspiegabile, al diabete di tipo II e a patologie cardiovascolari. Ma io non do mai obbiettivi di peso. Mai. Improntare un discorso alimentare sulla perdita di peso è disfunzionale. Quello che faccio è lavorare sull’equilibrio del corpo, cercando di far affrontare una condizione con cui bisogna convivere a lungo termine.”.

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PCOS e attività fisica

L’attività fisica è un altro aspetto importante nella gestione della PCOS, una sindrome che in effetti sembra uscita pari pari da un volantino motivazionale degli anni Ottanta. “È sicuramente importante alternare un allenamento intenso a uno rilassante, tipo HIIT e yoga, ancora meglio sincronizzandoli con le fasi del ciclo mestruale,” spiega Arianna Dose, personal trainer specializzata in attività sportiva in gravidanza e per PCOS.

“L’attività fisica è assolutamente benefica per la regolarizzazione dell’insulino-resistenza, ma bisogna imparare ad ascoltare il proprio corpo. Essendo la PCOS una sindrome abbastanza infiammatoria, bisogna anche rispettare questo: non posso fare tutti i giorni pesi e corsa creando un’infiammazione muscolare prolungata. L’approccio migliore è la varietà.”

Vivere con la PCOS

La PCOS è una sindrome con cui convivere e in cui cambiare lo stile di vita, abbiamo visto, è necessario. Le sue cause sono sconosciute, la varietà e gravità dei sintomi variano, e l’impatto sulla quotidianità può essere notevole. Molte capiscono di soffrirne quando cercano una gravidanza: la PCOS è la prima causa di infertilità femminile e si stima che circa il 70 percento di chi ne soffre abbia problemi a rimanere incinta in modo naturale.

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Racconta Silvia*, 32 anni: “È da settembre 2019 che cerco una gravidanza. Quando non arrivava ho fatto una visita ginecologica e mi hanno diagnosticato la PCOS. Mi hanno prescritto un integratore, detto di eliminare i dolci e di non leggere tanto su Internet, perché prima o poi la gravidanza sarebbe arrivata. Non avevo mai le mestruazioni e pensavo sempre di essere incinta. È stressante essere costantemente disorientate dal proprio corpo, dai segnali che lancia. E costoso: non posso più permettermi di essere seguita da endocrinologi e ginecologi. Figuriamoci uno psicologo.”

Anche Paola*, da quando ha superato i 30 anni, si preoccupa di non riuscire ad avere un figlio quando lo vorrà: “Mi sento sempre inadatta. Nessuno si allarma mai, o ti allarma mai, quando si parla di PCOS, come se non fosse una patologia grave rispetto a molte altre. Ma è una sindrome che non va via e rimane un pensiero costante.” 

Quando ho ricevuto la diagnosi, anche io ci ho messo diverso tempo a metabolizzarla, sentendomi sbagliata, difettosa. La regolarità del mio ciclo mestruale e il tracciamento dei miei sintomi sono diventati un’ossessione. E proprio per questo ora penso sia fondamentale parlarne il più possibile, per rompere lo stigma che gira intorno alla sindrome e che porta a un’enorme disinformazione e a difficoltà di diagnosi, come accade con l’endometriosi e altre patologie della cosiddetta salute femminile.

 *I nomi sono stati cambiati per proteggere la privacy delle persone interessate.

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