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Come la Metro C di Roma è diventata “l'incompiuta più costosa d'Europa”

Dal progetto iniziale degli anni Novanta sono passati più di vent'anni e sono stati spesi più di tre miliardi di euro, eppure ad oggi la terza linea di metropolitana è ancora lontana dall'essere finita.
Leonardo Bianchi
Rome, IT
Foto via Flickr

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A Roma il diritto alla mobilità urbana è un diritto sostanzialmente negato – e chiunque ci abiti, o trascorra del tempo da semplice visitatore, ne è ben consapevole.

Secondo una recente ricerca del Censis, più della metà dei romani ritiene che la mancanza di "un efficente sistema di trasporto pubblico" sia il motivo principale per cui la Capitale non può ancora essere considerata una città pienamente "moderna."

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E in effetti, i dati dell'istituto di ricerca sono impietosi. Nella Capitale circolano ben 2.5 milioni di veicoli, a cui corrisponde un tasso di motorizzazione elevatissimo: 856 mezzi ogni 1000 abitanti, contro i 415 di Parigi e i 389 di Londra. Si tratta di una mole impressionante di traffico, che congestiona in maniera cronica la viabilità e fa salire a 45 minuti il tempo medio per uno spostamento.

La rete di trasporto su gomma, pur essendo una delle più estese d'Europa, è tutt'altro che efficiente: gli autobus che girano a Roma sono lentissimi (12-15 km/h nelle ore di punta), non passano quanto dovrebbero e spesso e volentieri sovraffollati.

Tuttavia, il vero punto debole dell'intero sistema è la metropolitana – ossia quella che dovrebbe essere l'ossatura del trasporto pubblico di una metropoli.

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Roma, infatti, può contare su tre linee (costruite dagli anni Cinquanta in poi) che coprono una lunghezza di appena 60 chilometri. Ognuna di queste, spiega a VICE News l'ingegnere Antonio Alei – esperto di mobilità urbana e progettista per sistemi di trasporto su ferro in diverse città italiane e straniere – ha "una sua peculiare tecnologia impiantistica e di veicoli che, stante i decennali tempi di realizzazione e la conseguente evoluzione tecnologica, non sono affatto compatibili fra loro."

L'ultima tratta – inaugurata tra il novembre del 2014 e il giugno del 2015 – è la Metro C, un'opera da quasi quattro miliardi di euro che il contraente generale ha definito la "metropolitana più complessa e straordinaria del mondo," in grado di dare a Roma "una rete […] su ferro in linea con quelle di molte grandi città europee." Il tracciato fondamentale prevede 30 stazioni per una lunghezza di 25.5 km; e i treni sono guidati da un sistema di automazione integrale.

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Ora come ora, però, la linea C è una grande incompiuta che parte dall'estrema periferia orientale di Roma (Monte Compatri/Pantano) e si ferma a piazza Lodi, in prossimità di San Giovanni, senza avere un collegamento con le altre due linee e senza alcuna certezza sul completamento effettivo dell'opera, che si trascina tra costi fuori controllo, ritardi spaventosi e continui rimpalli di responsabilità.

In molti, tra cui il Corriere della Sera, l'hanno definita "l'incompiuta più costosa d'Europa."

Il tracciato a base di gara della Metro C nelle sue varie tratte. Via.

Lo scorso 15 dicembre, ad esempio, il consorzio Metro C aveva fermato i cantieri per il mancato pagamento di 200 milioni da parte di Rome Metropolitane (società partecipata al 100 per cento da Roma Capitale) per lavori "regolarmente eseguiti e certificati"; quest'ultima, a sua volta, contestava l'entità della cifra addebitata.

Contestualmente al blocco era partita anche la procedura di mobilità (cioè il licenziamento) per oltre 100 dipendenti. L'8 febbraio 2016 i lavoratori – insieme ai sindacati – avevano manifestato al campo base in via Gordiani, denunciando il fatto che "la metro C rischia di diventare l'ennesima cattedrale nel deserto" e chiedendo "il pieno rispetto degli accordi per garantire la futura occupazione di tutti i lavoratori e soprattutto che la politica si assuma la responsabilità verso i lavoratori e i cittadini."

Una settimana dopo, la situazione si era evoluta al termine di un vertice in Prefettura nel quale – riportano le cronache – l'amministrazione capitolina aveva sbloccato fondi per 100 milioni di euro. In una nota del consorzio datata 1 marzo, infine, si annunciava che Metro C ha "responsabilmente deciso, nell'interesse della città, di riprendere i lavori legittimamente sospesi nel dicembre scorso, nonostante risulti ancora creditrice di Roma Metropolitane per oltre 200 milioni di euro." Nello stesso comunicato si avvertiva inoltre la necessità di un "radicale cambio di rotta da parte dell'amministrazione," altrimenti "sarà impossibile che l'opera possa essere utilmente condotta a compimento."

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A fronte di tutto ciò, il 4 marzo 2016 – all'inaugurazione dell'anno giudiziario – il presidente della Corte dei Conti del Lazio ha descritto la Metro C come un "vero e proprio scandalo" sul quale si è giocata una "partita anomala, illegale e rovinosa" tra committenti e costruttori. E considerando la genesi e il travagliato sviluppo dell'opera, è davvero difficile non essere d'accordo con questa considerazione.

Cantiere della metro C a San Giovanni. Foto via Facebook

Della terza linea metropolitana di Roma se ne parla addirittura dagli anni Novanta, quando vennero approvati i progetti preliminari ed erogati i primi fondi. L'obiettivo era quello di completare 37 stazioni in soli 56 mesi, giusto in tempo per il Giubileo del 2000 – un'impresa che, al di là dei proclami politici, era assolutamente irrealizzabile.

Nel dicembre del 2001, poi, la Metro C fu inserita tra le "grandi opere" finanziate con la cosiddetta "Legge Obiettivo"; e nel luglio del 2002 il sindaco di Roma Walter Veltroni, il presidente dela regione Lazio Francesco Storace e il ministro dei trasporti Pietro Lunardi firmarono l'"accordo procedimentale," un documento d'intesa che stabiliva tutte le scadenze da rispettare per non interrompere lo stanziamento dei fondi.

Dopo la firma, Lunardi disse trionfalmente che "questi accordi rappresentano un modello di intervento sulla mobilità nei centri urbani, non più a pioggia, ma organizzati in un sistema integrato, con tempi e risorse certe." Sulla stampa dell'epoca, inoltre, si potevano leggere titoli di questi genere: "Metro C, tutti in carrozza nel 2007." In realtà in quell'anno furono inaugurate non le carrozze, ma i primi cantieri.

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Nel febbraio del 2006, infatti, la gara pubblica per l'affidamento dei lavori era stata vinta dall'ATI (Associazione temporanea di imprese) composta da Astaldi, Vianini Lavori (una società del gruppo Caltagirone) Ansaldo, Cooperativa Muratori e Braccianti di Carpi e Consorzio Cooperative Costruzioni – poi raggrupatesi nel Consorzio Metro C. Il costo finale di realizzazione era fissato in 2 miliardi e 683 milioni di euro, ossia un ribasso di quasi un miliardo sulla base d'asta di 3 miliardi e 47 milioni di euro.

L'atrio della stazione Mirti della Metro C. Foto via Wikimedia Commons

Nonostante l'ottimismo iniziale – "il tratto San Giovanni-Alessandrino," diceva nel 2007 l'ex ad di Roma Metropolinate, "sarà pronto nel 2011" – ci si era accorti fin da subito che il cronoprogramma non sarebbe stato rispettato. Già nel 2008, infatti, il general contractor chiese due anni di proroga per il completamento del tratto Pantano-San Giovanni, motivando la richiesta – secondo un articolo di Repubblica – "con la difficoltà di procedere ad alcuni espropri, e anche per i molti problemi archeologici."

Da quel momento in poi l'opera aveva cominciato a perdere pezzi (sono state eliminate, ad esempio, la stazione di Largo Argentina e il "centro-servizi museo" alla stazione Fori Imperiali), e i costi per le varie tratte erano lievitati in maniera incontrollata, fino agli attuali 3 miliardi e 739 milioni di euro.

Secondo i calcoli fatti dal giornalista Enrico Nocera nel libro di recente pubblicazione Metro C. Roma, capitale degli sprechi, siamo dunque "di fronte a una linea di metropolitana che verrebbe a costare circa 300 milioni di euro a chilometro, [rispetto a] una media europea che si aggira intorno ai 150-170 milioni di euro/km."

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Dati dell'ingegnere Alei sulle più recenti linee di metropolitana automatica realizzate nel mondo, con tempi e costi di realizzazione al km; elaborazione di VICE News.

Per l'ingegnere Antonio Alei – che, tra l'altro, nel 1995 venne nominato segretario tecnico dell'Expertise internazionale convocato dal Comune sulla tecnologia da adottare per la Metro C – il travagliato iter dell'opera non solo testimonia come "il progetto della linea C si è fatto 'in divenire', ossia strada facendo, aggiustando il tiro qua e là a seconda delle contingenze che si sono verificate in corso d'opera," ma indica anche che "la qualità del progetto basico approvato era quanto meno discutibile."

A riprova di questo basta pensare che, in nove anni di lavori, sono subentrate ben 45 varianti – una pioggia di modifiche che ha destato le attenzioni della Procura di Roma, della Corte dei Conti e dell'Autorità nazionale anticorruzione.

Proprio quest'ultima, nel luglio del 2015, ha emesso una durissima delibera sulla Metro C, in cui si parlava di "mancanza di trasparenza ed efficienza," irragionevoli "vantaggi riconosciuti al contraente generale dell'opera" e "lievitazione dei costi a fronte di un ridimensionamento del progetto."

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Qualche mese dopo, una volta chiuse le indagini relative alla prima tranche dei lavori del quadriennio 2006-2010, il procuratore regionale della magistratura contabile del Lazio ha chiamato a rispondere 11 persone (tra dirigenti pubblici e manager privati) di un danno erariale da 270 milioni di euro, "da addebitarsi per avere, con colpa grave o gravissima, sperperato le pubbliche risorse, con perizie di variante illegittime, assunte con eccesso di potere, in danno di Roma Capitale."

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In una relazione stilata dallo stesso procuratore Raffaele De Domicis, inoltre, venivano avanzati molti dubbi anche sul complesso sistema di subappalti e sul ruolo complessivo del contraente generale. Questi – scrive il magistrato – "appare [come] una figura ibrida in conflitto di potere con se stesso," che in più lascia "un grande cono d'ombra sulla qualità delle imprese subappaltratici che operano sotto il suo ombrello protettivo."

Un treno della Metro C. Foto via Wikimedia Commons

Alla Metro C, infatti, lavorano circa duemila imprese che gestiscono cinquemila appalti. "Il controllo della stazione risulta difficile e aleatorio," puntualizza Enrico Nocera a VICE News. "E vigilare sull'operato di duemila aziende, sulla regolarità dei processi per quanto concerne assunzioni e contratti, sulla qualità stessa delle opere in cantiere, diventa un rebus di ardua risoluzione."

Già nel 2012, a seguito di un'inchiesta della Fillea Cgil di Roma durata tre mesi, il segretario generale Roberto Cellini aveva denunciato le condizioni di lavoro all'interno dei cantieri, sostenendo di aver "riscontrato e documentato le più diverse violazioni fatte alla luce del sole e senza che nessuno controlli o faccia niente."

Queste presunte irregolarità, proseguiva Cellini, sarebbero da addebitarsi al contraente generale che "strozza le aziende per fare profitto e queste, a loro volta, adottano questi metodi per sopravvivere. Alla fine le condizioni dei lavoratori peggiorano, i diritti spariscono, la sicurezza anche, le paghe si dimezzano e anche la qualità dei lavori scade vertiginosamente."

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In un sistema così complesso e articolato, spiega Nocera, il rischio di infiltrazioni mafiose "esiste ed è anche molto alto." Del tema si sono occupati diversi articoli di Repubblica e una puntata di Report, intitolata "Romanzo Capitale." Nel 2013, comunque, Roma Metropolitane sosteneva di aver inoltrato alla Prefettura "5.265 richieste di informazioni antimafia sull'affidamento o il subaffidamento di forniture, servizi e lavori." Non sono mancate nemmeno le interdittive antimafia spiccate nei confronti di alcune aziende coinvolte a vario titolo nell'opera, le quali sono state poi allontanate dal Consorzio Metro C.

Nocera, inoltre, ricorda che nell'estate del 2015 Salvatore Buzzi – considerato dagli inquirenti come una delle figure di spicco di "Mafia Capitale" – disse in un interrogatorio che il "vero affare si chiama trasporti e si chiama Metro C."

"Quelle dichiarazioni sono finite in un fascicolo di indagine della Procura di Roma che ne sta accertando i fondamenti," continua Nocera. "Fatto sta che il controllo delle procedure d'appalto, in situazioni del genere, rimane per lo più solo sulla carta, con pochissime possibilità di operare una seria azione preventiva."

Allo stato attuale, comunque, l'obiettivo minimo rimane il completamento della stazione di San Giovanni entro la fine del 2016 – con un ritardo di cinque anni – dove la linea C dovrebbe agganciarsi alla A. Nella sezione "tempi di realizzazione" del sito di Roma Metropolitane si legge che la consegna della tratta San Giovanni-Fori Imperiali è prevista a settembre del 2021; mentre dell'ultima tratta (la T2) non si sa invece nulla, visto che "al momento non è ancora coperta da finanziamento."

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Cantiere della Metro C sui Fori Imperiali, aprile 2014. Foto via Flickr

Non essendo un cronoprogramma esattamente esaltante, il comitato cittadino MetroXRoma ha recentemente chiesto alle autorità locali, regionali e nazionali di rescindere il contratto con il Consorzio Metro C e di indire "una nuova gara che, a costi più bassi, porti alla realizzazione della tratta T2, con tutte le fermate inizialmente previste nel progetto: non solo Chiesa Nuova ma anche Argentina e Risorgimento."

Ma anche qualora dovesse andare tutto liscio, Antonio Alei sottolinea come la linea C non riuscirà comunque a risolvere una volta per tutte i problemi della mobilità capitolina. "Roma ha una dispersione territoriale e una densità di popolazione al km² che stridono con tutti i parametri di una efficiente gestione del trasporto pubblico e della mobilità," spiega l'ingegnere a VICE News.

"I romani sono esasperati, ma al contempo non vedono l'ora che questa benedetta metropolitana raggiunga il centro."

"Se la città fosse stata realizzata più compatta (tipo Milano o Torino) e i poli attrattori (centri commerciali, uffici pubblici, scuole, ecc.) fossero stati posizionati in modo intelligente," continua Alei, "i problemi che abbiamo oggi a spostarci al suo interno col mezzo pubblico sarebbero stati assai meno drammatici e costosi."

Di certo c'è che, dice Enrico Nocera, "i romani sono esasperati, ma al contempo non vedono l'ora che questa benedetta metropolitana raggiunga il centro." Per questo motivo "nessun amministratore, nemmeno quelli futuri, dirà mai 'stop ai lavori, basta con i costi fuori controllo, via chi ha sbagliato'. È una responsabilità che nessuno si prenderà mai."

Ed è probabilmente dietro all'esasperazione e alla speranza dei cittadini che le varie parti in causa degli ultimi quindici anni – dai governi agli amministratori locali, passando per le partecipate pubbliche e i costruttori privati – si sono trincerati, sparando "cifre e date a caso sul completamente dei lavori" e sclerotizzando la situazione oltre ogni limite immaginabile.

In un simile caos burocratico, legale e amministrativo rimane praticamente impossibile individuare un unico, grande responsabile. Ma, conclude l'autore di Metro C, è ragionevole supporre che gli effetti di "un disastro del genere" ce li porteremo dietro ancora per parecchio tempo.

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Foto di apertura diVlad Podvorny via Flickr in Creative Commons.