Sezione del pene e della vescica wikimedia commons
Sezione del pene e della vescica. Immagine: Wikimedia Commons

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Che cos'è il Koro, la strana sindrome psichica del 'furto del pene'

Nel 2016 il video di un ragazzo che ferma i carabinieri per denunciare il furto del suo pene è diventato virale online: ma l'episodio non è un caso unico e tantomeno uno scherzo.

Nel 2016 è apparso online un video in cui un ragazzo, probabilmente di origine subsahariana, ferma una volante dei carabinieri chiedendo aiuto: qualcuno aveva rubato il suo pene.

Senza bisogno di dirlo, la rete è impazzita per questo video girato dall’interno della volante da uno dei due professionalissimi carabinieri in servizio, fino a essere addirittura postato sulla propria pagina dal nostro attuale ministro dell’interno Matteo Salvini (o chi per lui), raggiungendo migliaia di italiani contenti di potersi fare due risate, pensando di aver a che fare con il “solito immigrato retrogrado e stupido.”

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Screenshot via Facebook

Sorvolando su tutto ciò che potremmo dire riguardo un carabiniere che filma una persona e pubblica il video sul web senza alcun consenso — il tutto mentre è in servizio — e di un ministro che scambia la propria pagina “istituzionale” per uno dei tanti canali su cui si può fare intrattenimento di bassa lega, devo ammettere che quando ho visto il filmato per la prima volta, mi ha fatto alquanto ridere.

Bisogna riconoscere, infatti, che la prospettiva di essere fermati per strada con una denuncia simile non può non infondere un generico senso dell’assurdo. Da questo punto di vista, le reazioni del web sono state, in parte, comprensibili. Fuori da ogni superficie e superficialità virale, però, l’accaduto è parte di un fenomeno ben preciso e con una sua logica che vale la pena approfondire: il koro.

La parola koro si riferisce alla sindrome di retrazione genitale: una forma di malattia psichica culture-bound, per cui l’affetto crede o percepisce che i propri genitali si stiano ritraendo fino a scomparire del tutto nel corpo. Per essere più specifici, si parla di ritrazione del pene e dei testicoli per gli uomini e dei seni, clitoride, e labbra della vulva per le donne. In alcuni casi, per entrambi i sessi, anche naso e lingua possono essere soggetti ai medesimi meccanismi.

Le conseguenze porterebbero non solo alla scomparsa dei suddetti organi, ma anche all’infertilità del soggetto e — eventualmente — persino alla morte. In questi casi, il trattamento di emergenza consiste spesso nel tenere fermi i genitali con le mani o con specifici strumenti per impedirne il ritiro; insomma letteralmente attaccarsi… Vabbè, lasciamo perdere.

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La maggioranza di casi isolati di koro ha storicamente afflitto gli uomini, mentre la maggior parte dei casi femminili è stata riscontrata durante le epidemie.

Si ritiene che il termine che designa il fenomeno, anche se di origine incerta, possa originare dal malese kura, ossia “testa di tartaruga,” per l’ovvio riferimento alla capacità dell’animale di ritrarre la propria testa all’interno dell’esoscheletro. Secondo un’altra ipotesi, il termine potrebbe provenire dalla lingua locale di Makassar, in Indonesia, dove starebbe a significare “affondare/rientrare.”

Non per niente, infatti, come ci ricordano gli etnopsicologi J.J. Mettelaer e W. Jilek, i primi casi di koro noti alla medicina occidentale provengono proprio dai resoconti di alcuni medici olandesi sull’isola di Sulawesi nel Ventesimo Secolo, per poi ritornare sotto forma di epidemie in Cina nel 1907, a Singapore nel 1967, in Thailandia nel 1974, India nel 1982. La sindrome è diffusa anche in Bangladesh, Giappone, Filippine e ovviamente in Africa. La grande maggioranza di casi isolati di koro ha storicamente afflitto gli uomini, mentre la maggior parte dei casi femminili è stata riscontrata durante le varie epidemie.

Ci si riferisce al koro come una sindrome culture-bound — dalla teoria dello psichiatra di Hong Kong Pow Meng Yap — poiché il disordine, come moltissime altre malattie psichiche, si mostra profondamente legato al contesto culturale in cui si sviluppa e alle sue eziologie locali. Nel caso dell’Africa infatti, si può parlare in senso vero e proprio di furti di genitali a opera di stregoni o presunti tali, i quali spesso, al mercato cittadino, sfiorano il malcapitato (o semplicemente incrociano il suo sguardo) in modo da trasferire l’atto magico.

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Accuse per tali reati, che nelle epidemie hanno colpito centinaia se non migliaia di persone, sono spesso costate la vita ad individui ritenuti colpevoli della sottrazione occulta, coinvolti in veri e propri linciaggi sul posto.

In Cina, invece, si ritiene che il koro abbia luogo quando l’individuo viene posseduto dagli spiriti femminili della volpe, secondo il tema del folklore cinese per cui tali spiriti si presenterebbero agli uomini come bellissime donne intente a sedurli. La versione cinese del koro, inoltre, prova quanto l’eziologia e il quadro clinico di questi sintomi siano legati al contesto culturale di provenienza, affermandone così la specificità locale e le differenze simboliche rispetto a patologie della stessa famiglia. Lo Huang Di Nei Jing (il classico manuale di medicina interna dell’Imperatore Giallo), il più antico testo di medicina cinese, parla infatti del disturbo come una perdita dello Yang, principio di forza virile.

Le cure tradizionali per il koro possono consistere in complesse cerimonie in cui i taumaturghi locali praticano lunghi esorcismi

In questo contesto, le cure tradizionali per il koro possono consistere in complesse cerimonie in cui i taumaturghi locali praticano lunghi esorcismi al suono di gong e percussioni varie, mentre amici e membri della famiglia del malcapitato tengono fermi con le mani gli organi genitali di quest’ultimo, anche per diverse ore.

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In generale in contesti diversi quali Africa e Asia, il koro sembra comunque essere connesso con un’ansia generalizzata e paure connesse alla perdita della virilità (sia in senso concreto che in senso più astratto come perdita di potere e di ruolo), incapacità riproduttiva, impotenza e infertilità. Ovviamente non tutto è puro simbolismo; la riduzione del volume e circonferenza del pene avviene normalmente in condizioni di vasocostrizione causate da fenomeni quali il freddo o l’ansia, come hanno dimostrato gli studi pletismografici.

Per questa ragione, c’è chi ritiene sia sbagliato riferirsi al koro come una sindrome culture-bound, visto che la contrazione del pene è sintomo di uno stato generalizzato d’ansia che occorre anche in soggetti estranei ai contesti appena menzionati. Cionondimeno, studiosi quali Haim Stefan Bracha ritengono che mantenere un’accezione culture-bound della sindrome di retrazione genitale sia necessario, per evitare trattamenti medicalizzati e stigmatizzanti tipici della biomedicina occidentale. In altre parole, se c’è un aspetto soggettivo e culturale nel manifestarsi della sindrome, quello stesso aspetto non va sottovalutato nel processo di cura.

In generale possiamo però distinguere tra koro primario e koro secondario — dove il primo è espressione di paure e ansie individuali e collettive, relative a una minaccia alla propria fertilità, in contesti dove spesso, almeno storicamente, la capacità riproduttiva e la fertilità sono aspetti chiave del valore di un individuo, soprattutto se giovane. Un secondo aspetto del koro primario è che la sindrome è sempre relativa alle classificazioni tradizionali riguardo il corpo, l’individuo e la medicina, tutti intesi come branche del sapere etnomedico locale.

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Per converso, di koro secondario si parla rispetto tutti quei casi e contesti in cui i sintomi del disagio sono secondari ed evidenziano semplicemente un disordine mentale o somatico, che diventa il focus del trattamento. In questi pazienti, l’ansia della retrazione genitale è autogena e non è condivisa dal gruppo culturale di riferimento. In generale, quindi, l’elemento differenziante è rappresentato dalla possibilità di identificare questo particolare sintomo con il disturbo in sé, o al contrario, come la conseguenza di un disturbo generalizzato.

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Un murale scoperto in Toscana raffigurante un albero di peni. Foto via Wikimedia Commons

Sebbene sia sicuro che ciò che abbiamo appena detto possa aiutarci a comprendere la logica di un video che prima avremmo classificato semplicemente come bizzarro, bisogna concedere che per una società come la nostra, così distante da quelle che abbiamo citato, un’idea del genere non può che rimanere per la maggior parte inconcepibile ed estranea. Oppure no?

Nel tardo Medioevo, era comunemente accettato il fatto che un uomo potesse perdere il suo membrum virile come risultato di un attacco stregonesco, rendendo la perdita magica del pene una paura concreta per ogni individuo di sesso maschile. Di ciò ci da’ notizia addirittura il famoso trattato legale Malleus Maleficarum (il martello delle streghe), dove gli autori Sprenger e Kraemer dedicano al fatto un intero capitolo, non infrequente tra i gentiluomini europei.

A questo punto, con un po’ di fantasia e ragionamento, possiamo tentare di comprendere il senso del video: se ho capito bene, il ragazzo era entrato in un supermercato, dove aveva incrociato lo sguardo di un presunto stregone, il quale aveva in seguito lanciato la sua magia sul primo, sortendo un effetto immediato. Dopo aver cercato di rintracciare lo stregone senza successo per far annullare la magia, il ragazzo ha deciso, probabilmente contro il consiglio dei suoi amici (consci della reazione che avrebbe causato nelle forze dell’ordine), di fermare la volante dei Carabinieri per cercare aiuto.

A questo punto la cosa più assurda, forse, non è l’evento in sé o le spiegazioni che ne abbiamo dato, ma il fatto che esse, probabilmente, rispondono alla realtà delle cose molto di più di tutto ciò che è stato espresso nella rete informale e disinformata del web.