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Attualità

Ecco perché facciamo così tante cose imbecilli per i like su Instagram

Siamo davvero diventati così avidi di contenuti da arrivare a trascurare ogni logica per avere più like?
Immagini via Twitter e Instagram.

Nelle ultime settimane i giornali hanno riferito di diverse disavventure nate sui social e spesso finite davvero male nella vita reale. Il caso #PlaneBae è scoppiato online lo scorso 3 luglio, e dopo un breve momento di gloria è stato subito condannato per invasione della privacy. Nello stesso giorno, tre YouTuber sono morti precipitando da una cascata in Canada. Il 6 luglio, un instagrammer noto per i suoi scatti audaci sull'orlo di edifici altissimi è stato trovato morto ai piedi di un grattacielo di New York. Proprio la scorsa settimana, ha circolato la notizia di una influencer morsa da uno squalo nel tentativo di scattare la foto perfetta.

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Questo resoconto è un insieme di tragiche sviste, scelte rischiose e sfortuna. Ma c'è una cosa che accomuna tutti questi episodi: la ricerca della gloria su Instagram. La domanda sorge spontanea: siamo davvero diventati così avidi di like da arrivare a trascurare ogni pudore, ogni giudizio, ogni raziocinio?

Nel tentativo di rispondere a questo appello disperato, abbiamo chiesto ad alcuni esperti di dirci la loro. Irina Raicu è la direttrice dell'Internet Ethics Program presso il Markkula Center for Applied Ethics della Santa Clara University. Erin Vogel frequenta il percorso post-dottorato sui social media presso il Dipartimento di Psichiatria della University of California, a San Francisco. Questo è quello che ci hanno detto.

Le domande e le risposte sono state fatte in interviste separate e sono state unite e modificate per chiarezza.

VICE: Qual è stata la vostra reazione al caso #PlaneBae, da professionista?
Erin Vogel: Viviamo in un'era davvero strana, in termini di privacy e di quello che possiamo aspettarci dagli sconosciuti che ci circondano. Siamo abbastanza abituati ad apparire per sbaglio nelle foto di altre persone—ci succede normalmente, quando ci troviamo in ambienti pubblici. Ma con l'avvento dei social media, è più difficile capire se e quando le persone utilizzano la nostra immagine e la nostra vita per creare contenuti e intrattenimento.
Irina Raicu: [Nel caso #PlaneBae] sono state violate delle norme. L'idea che a nessuno interessa più nulla della privacy è stata del tutto smentita con questa storia. La regola d'oro del "Non fare agli altri quello che non vorresti venisse fatto a te" è stata una delle prime ragioni a scatenare la reazione della gente. Nessuno vorrebbe vedere la propria vita raccontata sui social da sconosciuti. Mi chiedo se la donna che ha raccontato la vicenda su Twitter si fosse resa conto che i protagonisti della storia erano in realtà esseri umani in carne e ossa, con i suoi stessi diritti ed esigenze. Le sarebbe piaciuto che qualcuno facesse la stessa cosa a lei?

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Credete che la costante e disperata ricerca di contenuto svilisca i nostri valori?
Vogel: In un certo senso, credo di sì. In particolare ora che sempre più persone si danno alla carriera da influencer o YouTuber, gli standard si sono alzati parecchio e la concorrenza è spietata. Per emergere, bisogna fare cose davvero estreme e drastiche.

Cosa ci porta ad abbandonare il giudizio?
Raicu: In questo caso [#PlaneBae], penso che sia piuttosto normale origliare una conversazione, nessuno si aspetta che la gente si tappi le orecchie. Ma dall'altra parte, non è accettabile diffondere quanto si è sentito senza che i diretti interessati ne siano informati.
Mi chiedo se sia colpa di una mancanza di sensibilità diffusa—vediamo le altre persone come semplice contenuto, invece che come esseri umani. In questo momento in cui tutto è reality show, spesso ci dimentichiamo che quella è una cosa che dovrebbe accadere solo in TV e non nella nostra vita quotidiana, soprattutto non a nostra insaputa.
Vogel: I social media sono un modo molto rapido ed efficace per ottenere attenzione ed è questo che trae in inganno molte persone. L'attenzione degli altri e l'approvazione da parte del mondo diventano una sorta di dipendenza. Oggi più che mai, anche persone non famose o che non hanno molto seguito possono riuscire a ottenere successo sfruttando le occasioni giuste. Gli influencer su Instagram e gli YouTuber guadagnano un sacco di soldi solo raccontando la loro vita quotidiana, e questa è una cosa davvero senza precedenti.

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Come dovrebbere essere un account social etico?
Raicu: Non ho la presunzione per rispondere a questa domanda. Forse gli esperti direbbero che Aristotele parlava di "saggezza pratica". Non ci sono regole scritte da seguire in ogni occasione. Molto dipende dalle circostanze e dal contesto. I social media sono anche stati usati nel corso di conflitti per denunciare gravi violazioni dei diritti umani, quindi in alcune situazioni l'importanza della libera circolazione di informazioni supera i problemi di privacy.

Quali sono i rischi mentali e psicologici che corre una persona quando diventa involontariamente famosa online?
Vogel: Può essere un'esperienza profondamente stressante. Chi desidera mantenere la propria vita personale per sé potrebbe trovarsi spiazzato davanti a un caso di invasione di privacy scoppiato per una semplice chiacchierata in aereo con uno sconosciuto. Si tratta di una situazione nuova e spaventosa.
Essere vittima di doxxing è un colpo per chiunque—l'idea che la community online sappia cose di noi e possa giudicarci con cattiveria non è semplice da affrontare. Ci sono molte ricerche sull'anonimato online e sulle conseguenze che può avere sulle scelte delle persone.

Come ci si difende dal rischio di doxxing?
Vogel: Penso che una disintossicazione dai social media farebbe bene a tutti, in particolare in seguito a episodi particolarmente negativi. Non dico che queste persone dovrebbero cancellare tutti i propri account per proteggersi dalla violenza, anche se è una cosa vergognosa che accade spesso, però a volte prendersi una pausa e poi ricominciare da capo potrebbe essere l'unica soluzione possibile. Purtroppo non ci sono altre strade per risolvere la questione, ad oggi. Penso che sia una questione che dovremmo affrontare noi studiosi, e che i legislatori si troveranno a gestire sempre più spesso.

Qual è la responsabilità delle piattaforme come Twitter, Instagram, Snapchat e Youtube? Raicu: Penso che dovrebbero fungere da canali educativi. Potrebbero, ad esempio, usare casi come questo come spunti per educare i propri utenti. Se vogliono dimostrare di voler creare conversazioni sane e di spessore, piuttosto che fare solo grandi numeri—cosa di cui sono accusati spesso—allora dovrebbero affrontare la questione ed esprimere la propria posizione. Pensa se, dopo un caso come questo, aprissi Twitter e trovassi un thread di discussione, lanciato proprio dall'amministrazione della piattaforma, sulla natura di questa vicenda.
Non mi aspetto che riconoscano in tempo reale quando un episodio simile sta nascendo, né che riescano a censurarlo, ma penso che potrebbero sfruttare l'occasione per iniziare una conversazione con gli utenti su quale sia la cosa migliore da fare in circostanze simili.

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