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10 domande a...

10 domande che hai sempre voluto fare a una ragazza italiana che porta l'hijab

Tra cui: "Cosa succede se un uomo che non conosci ti vede i capelli?"
Marwa Mahmoud. Foto per gentile concessione dell'intervistata.

Se è vero che quello che indossiamo rappresenta anche parte della nostra identità, alcune scelte hanno una storia e un valore più forte di altre. Tra queste c'è l'hijab—il tradizionale velo islamico volto a coprire capo e spalle delle donne.

Marwa Mahmoud è una ragazza di 33 anni nata in Egitto e cresciuta in Italia, dove si è trasferita all'età di due anni. Ha cominciato a portare l'hijab ai tempi dell'università, e in questi dieci anni e oltre ha vissuto in prima persona l'apparente contraddizione di essere una donna pienamente integrata nella società italiana che indossa un simbolo considerato estraneo a essa.

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L'ho contattata per chiederle cosa rappresenta la sua scelta, cosa succede se un uomo le vede i capelli, per cosa e se rinuncerebbe a portarlo—e altre domande che comunemente possono venire in mente di fronte a una ragazza che porta l'hijab.

VICE: Perché hai scelto di portare l'hijab?
Marwa: Innanzitutto ho scelto di portarlo alla fine di un percorso spirituale: ho cominciato a desiderare di indossarlo ai tempi delle superiori ma, non sentendomi pronta a dare troppe spiegazioni ai miei compagni di classe, non l'ho fatto fino ai tempi dell'università. Ho iniziato un po' in sordina, poi mi sono lasciata andare a indossarlo con sempre più disinvoltura.

In quanto invece a cosa rappresenta, credo che se fossi vissuta in Egitto, l'hijab che indosso avrebbe avuto molto meno rilievo rispetto a ciò che rappresenta l'indossarlo qui oggi. In Italia portarlo assume un significato più ampio. Rappresenta un tratto della mia identità, parte del mio abbigliamento, della mia estetica ed è soprattutto un aspetto religioso e culturale. Inoltre, indossarlo qua fa sì che io stessa rappresenti qualcosa per gli altri: quasi un'icona, l'immagine media di una donna musulmana.

Spesso viene visto come un simbolo di oppressione, o comunque come il risultato di pressioni (dirette o indirette) famigliari. Quanto c'è di vero?
Sì, spesso e volentieri succede che le donne che lo indossano siano associate, nell'immaginario comune, a donne costrette, segregate e oppresse. La maggior parte delle volte non è così. Io non escludo che ci siano dei casi in cui ragazze, donne e mogli siano costrette dai loro genitori, mariti o fratelli, ma non credo che siano la maggioranza. Quando viene imposto, è solo il risultato di un bieco maschilismo che disprezzo profondamente.

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Anzi io personalmente, come tantissime altre ragazze e donne che conosco, indosso l'hijab per scelta, per convinzione. E al contempo mi sento libera di essere, di esprimermi, di lavorare e viaggiare. So che si tratta di una scelta che una donna fa con se stessa prima di tutto nel rapporto personale che ha con Dio; e che nella sua libertà, se non ne sarà più convinta, potrà decidere di non indossarlo più.

Chi porta il velo generalmente segue anche altri dettami della religione musulmana?
Non necessariamente, dipende dalla persona. Tutti i fedeli musulmani dovrebbero osservare cinque precetti di base che sono i pilastri su cui si regge la loro fede. Testimoniare che non esiste divinità all'infuori di Dio e che Maometto è il Suo profeta; la preghiera quotidiana; il digiuno del mese di Ramadan; il pagamento della zakat obbligatorio—ovvero l'elemosina—e l'esecuzione del pellegrinaggio (Hajj) alla Mecca almeno una volta nella vita.

Indossare l'hijab non è pertanto tra i cinque pilastri d'obbligo, bensì si ispira ad alcuni versetti del Corano. In cui, così come in tante altre sacre scritture, si fa riferimento a una copertura nel senso di modestia e di umiltà. C'è chi la interpreta alla lettera con maggior rigore e chi invece le dà un'interpretazione più figurata, legando i valori della modestia e del pudore al modo di essere e di comportarsi, di atteggiarsi verso gli altri. Si può indossare il velo e ignorare uno dei cinque dettami, e viceversa. Sono modi personali di viversi la religione.

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A casa indossi l'hijab?
Questa è una di quelle domande bizzarre che mi fanno, tipo, "Ma indossi il velo anche per dormire?" "Hai i capelli? Vai dalla parrucchiera?" "Ma ci senti bene sotto quel velo?" "Ma non hai caldo? Come fanno a respirare i tuoi capelli?" Ovvio che a casa non lo indosso!

Cosa pensi delle donne musulmane che non portano l'hijab?
Penso che ciascuna donna sia libera di fare ciò che vuole, che sia musulmana o meno, e non debba esser giudicata. Nella fede islamica non vi sono intermediari tra il fedele e Dio, pertanto il nostro rapporto come fedeli è verticale. Non puoi e non devi giudicare gli altri per ciò che fanno e per come si pongono, perché non conosci le loro battaglie e conflitti interiori, le loro intenzioni e quali equilibri stiano vivendo a livello di animo e di coscienza. In questo senso ciò che conta è il carattere e l'attitudine umana, è il modo in cui ti poni come persona che conta. Puoi essere una donna e indossare l'hijab ma non essere modesta, gentile d'animo e con la volontà di fare del bene per il prossimo—allora che senso ha indossarlo? Potresti non indossarlo ed esser invece nobile d'animo, empatica, misericordiosa verso il prossimo: allora a mio avviso ciò conta molto di più.

Cosa hai provato o proveresti se un estraneo per caso ti vedesse i capelli?
Ah se è un uomo, mi dovrà sposare. Scherzo, ovviamente! Può capitare, soprattutto se si è in pubblico e l'hijab si discosta oppure si è al mare o in altre occasione… non succede mica niente! Lo si sistema e si va oltre!

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Dove li compri, quanti ne hai e a seconda di cosa li cambi?
L'estetica è importante e ci tengo molto, soprattutto tengo all'accostamento dei colori, nell'abbinarlo al meglio. Quando ci si sveglia al mattino l'abbinamento lo si fa spesso anche a seconda dell'umore. Ne ho moltissimi, di tanti colori e tessuti differenti. Li compro in molti negozi, quando viaggio o quando qualche amica ritornando dai viaggi me ne porta di alcuni tipici dei paesi che ha visitato.

Inoltre, la cosa che spesso la gente non sa, è che seguono le mode. Ci sono persino molte hijab fashion stylist che fanno tutorial in giro per il mondo. Esistono tanti modi e stili di indossarlo, che spesso prendono il nome anche dal paese o dall'area geografica in cui è stato ideato. Ultimamente va molto quello a turbante, più giovanile e sbarazzino, poi c'è quello turco, quello siriano, c'è quello a fiore o da principessa, quello che si indossa quando ci si sposa, o si è damigella, e così via.

Hai mai pensato di non portarlo più—magari in momenti in cui c'è una maggiore diffidenza verso chi lo porta?
Sono fiera di indossarlo, anche se ne sento sempre più la responsabilità. Non nego che ci siano stati dei momenti di rabbia o delusione per il significato che gli era stato dato o per il peso che sentivo nell'indossarlo. A volte indossarlo in questo contesto, di oggi, in Italia, assume un ruolo sociale e culturale. Devo essere sempre pronta a spiegare il perché e il per come lo porto quando in realtà vorrei che passasse inosservato, come qualcosa all'ordine del giorno.

Ci sono state occasioni o episodi in cui hai vissuto come una limitazione o una fonte di disagio il tuo velo?
Certamente, soprattutto legate a colloqui di lavoro. Capitava che, quando mi chiamavano proponendo un lavoro dopo aver inviato un cv che rispondeva perfettamente al profilo ricercato, al telefono parlavo un italiano perfetto e mi chiamavano per un colloquio. Peccato che una volta lì di persona venivano traditi da un linguaggio non verbale che faceva trapelare in modo palese che non mi avrebbero presa—solo per quello che portavo sulla testa, seppur magari quello che c'era dentro andava benissimo.

Rinunceresti a portare il velo per amore, lavoro, o per altre situazioni "esterne" che te lo richiedessero?
Nella vita mai dire mai, non è un reato abbandonarsi all'incoerenza o scendere a compromessi—entro certi limiti e per certe cause, ovviamente. Ciò significa che nulla vieta che tra qualche anno o secondo io possa cambiare idea e decidere di togliermi il velo. Purché la scelta ultima sia mia, fatta con la mia coscienza.

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