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Drodesera XXXVII

'Your girl' non è una performance politically correct

Per chi non è abituato alle performance intense e di forte impatto, 'Your Girl' è una specie di cazzotto sul terzo occhio.

Per chi non è abituato alle performance intense, semplici e di forte impatto, Your Girl è una specie di cazzotto sul terzo occhio. Nato dalla collaborazione tra Alessandro Sciarroni, Chiara Bersani e Matteo Ramponi, è stato presentato per la prima volta dieci anni fa al Premio Internazionale della Performance di Centrale Fies, dove è stato riproposto quest'anno in occasione del Festival Drodesera XVIII.

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Si tratta di una performance liberamente ispirata a Madame Bovary, che mette in scena uno dei triangoli fondamentali dell'esistenza: una donna, un uomo e il desiderio. In mezz'ora, il lavoro di Sciarroni racconta una storia profonda e commovente con pochissime parole e movimenti misurati. A dire tutto c'è il linguaggio del corpo nudo, fragile e desiderante di Chiara Bersani e la bellezza scultorea e apparentemente indifferente di Matteo Ramponi.

I due, inizialmente vestiti e agli opposti del quadrato scenico, si uniscono in un momento di nudità e contatto umano innescato grazie a un bidone aspiratutto industriale. Momento in cui, dopo molti minuti di silenzio, in maniera totalmente inaspettata parte Ti scatterò una foto di Tiziano Ferro. Abbiamo chiesto ad Alessandro Sciarroni, coreografo, autore e performer, di spiegarci come si fa piangere una platea mettendo due corpi così diversi a confronto ed evitare di sembrare stronzi.

Foto: Alessandro Sala

Creators: Come è nata, dieci anni fa, la collaborazione con Chiara e Matteo?
Alessandro Sciarroni: Con Chiara e Matteo avevamo già lavorato insieme in una compagnia di teatro di ricerca, Your Girl è nato dalla voglia di fare qualcosa di nostro. L'idea ci è venuta un giorno un cui eravamo nel mio appartamento in ristrutturazione dove c'era un bidone aspiratutto industriale. Un giorno Chiara si è avvicinata e ha premuto il pulsante per attivarlo, allora ci è venuta l'illuminazione.Your Girl è stato il mio primo lavoro come autore. Abbiamo scatatto delle foto della scena come l'avevamo pensata e le abbiamo inviate al Premio Internazionale della Performance di Dro.

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Your Girl è ispirato a Madame Bovary, al suo modo di affrontare il tema del desiderio. Chi incarna Emma? Tu che sei l'autore, come diceva Flaubert, o Chiara che è la protagonista?L'ispirazione iniziale, in realtà, è arrivata da una raccolta di poesie di Giovanni Giudici, La Bovary c'est moi. Poi abbiamo letto anche il romanzo di Flaubert. Nella raccolta c'è un verso in cui lei dice "M'ama non m'ama, sentimentale peggio di una puttana". È stata l'illuminazione che ci ha fatto pensare al gioco della margherita, che è poi il nucleo della performance. In quel periodo ci sentivamo così: giovani, innamorati, fragili, con la voglia di fare qualcosa ma con poche possibilità. In un certo senso, eravamo nudi.

L'idea che mi sono fatta è che Matteo non ricambi l'amore di Chiara. Ma c'è il momento finale in cui i due stabiliscono un contatto profondo, che significato ha?
In realtà lei non è innamorata di lui. Si pensa che lei voglia lui soltanto perché si trova nella stanza e perché è bello e muscoloso. Ma non è così. Il momento in cui si trovano nudi è quello in cui emerge il vero contrasto tra i due corpi. Ed è proprio in quel momento che parte una canzone molto pop e molto sentimentale, che esprime la situazione emotiva di entrambi: Ti scatterò una foto di Tiziano Ferro.

Io quando ho sentito partire la canzone ho riso, mi è sembrato un tocco ironico più che sentimentale o smielato.
È una canzone a cui all'epoca eravamo molto affezionati, ma inizialmente non pensavamo di includerla nel lavoro, appunto perché era molto pop e avevamo paura che non venisse capita. Poi ci siamo detti 'perché no'. La tua interpretazione è lecita, ma l'intento non era ironico.

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Foto: Alessandro Sala

In questi 10 anni ti sembra che il significato della performance sia cambiato in qualche modo?
Non so se è cambiato il significato dell'opera negli anni, sicuramente è cambiato molto il pubblico. Dieci anni fa, nel campo della arti visive, c'era un certo snobismo verso la performance che veniva dal teatro di ricerca. Oggi questo tipo di arte si vede anche nei musei. Io ad esempio vengo definito coreografo, ma non ho mai fatto una lezione di danza in vita mia.

L'anno scorso al Drodesera hai presentato Aurora, uno spettacolo che metteva in scena una partita di goalball tra non vedenti. La questione della disabilità, della rappresentazione di corpi diversi da quelli che siamo abituati a vedere, ti è particolarmente cara?
Le diverse abilità e i diversi corpi fanno parte del mio universo da tantissimi anni. Sono cresciuto con mia zia con la sindrome di down e ho lavorato per anni in una compagnia teatrale con attori disabili. Mi ispiro anche molto alla fotografa Diane Arbus, che ha cambiato per sempre il mio immaginario. Nei miei lavori mi piace rappresentare i corpi in generale, a volte diversi a volte sottoposti a sforzo eccessivo. Comunque in condizioni non "normali".

Sembra che tua poetica vada molto oltre l'idea canonica di politically correct. E meno male.
Sai, quando guardi la diversità, che sembra incredibilmente lontana, a volte accade il miracolo e ci vedi qualcosa di te. La forma del corpo nella disabilità è semplicemente un elemento della persona. La prima cosa che vedi di Chiara quando la vedi sul palco è il suo corpo, la sua diversità. Poi vengono fuori tutte le altre sfaccettature. A quel punto il suo corpo passa in secondo piano.

Per saperne di più sul lavoro di Alessandro Sciarroni, visitate il suo sito. Per esplorare il mondo del festival Drodesera, di cui Creators è media partner ufficiale, andate qui.