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Tecnologia

Il Paese più buono del mondo

Good Country Index è la classifica dei Paesi meno egoisti del pianeta. Noi siamo al ventesimo posto.

Il Good Country Index, presentato alla fine di Giugno al TEDSalon di Berlino, è l'indice che misura quali Paesi contribuiscono maggiormente al bene del pianeta e dell'umanità in un'ottica sovranazionale. L'idea di Simon Anholt,  il consulente politico che ha passato gli ultimi due anni a compilare l'indice dei 125 paesi presi in esame, è quella di classificare le nazioni che contribuiscono maggiormente al bene comune globale.

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Per compilare l’indice sono stati analizzati i bilanci di 125 Paesi, classificati in sette categorie, tra cui scienza e tecnologia, ordine mondiale, prosperità, uguaglianza, salute e benessere. Per ognuna di queste categorie sono stati utilizzati cinque set di dati stilati dalle Nazioni Unite e da altre agenzie internazionali. Ad esempio, per la categoria “ordine mondiale,” i set di dati riguardavano parametri come la quantità di investimenti in farmaci esportati, aiuti alimentari o umanitari verso altri Paesi e donazioni.

Secondo Anholt, nonostante la globalizzazione e la stretta interconnessione digitale, i Paesi del mondo tendono ancora a comportarsi come entità indipendenti e sconnesse, concentrate soltanto sulla propria crescita interna; molti dei problemi che riguardano l'umanità intera, invece―i cambiamenti climatici, la povertà, il rispetto dei diritti umani―sono globali.

“Volevo sapere perché le persone ammirassero di più il Paese A piuttosto che il Paese B,” ha dichiarato Anholt in un’intervista. Quello che ha scoperto è che un Paese percepito come “buono” raccoglie maggiori consensi rispetto a uno "bello", "ricco" o "moderno". Lo scopo di Anholt era quello di misurare e distinguere quali Paesi venissero percepiti come contribuenti al bene comune dell’umanità e quali lo fossero davvero.

Il vincitore? Indovinate chi è? No, non sono gli Stati Uniti. E no, neanche l'Italia, ovviamente. Il paese “più buono” del mondo secondo il Good Country Index è l’Isola di Smeraldo: l’Irlanda.

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La top ten. Screenshot/goodcountry.org

Tuttavia, la pretesa di Anholt non è quella di fornire una risposta definitiva, ma uno spunto di riflessione per le persone comuni sui comportamenti delle loro nazioni. Quest'indice non punta il dito contro i governi: i cittadini che guardano la crescita del proprio Paese con ragionevole entusiasmo, alle volte dimenticano la correlazione con lo sfruttamento dei Paesi più poveri o gli abusi sull'ambiente. Esiste una dicotomia tra i Paesi che crescono sempre di più e il pianeta che sta sempre peggio, sostiene Anholt. La crescita economica del sistema è soltanto un’illusione sul suo stato di salute.

Purtroppo, rimane da colmare il divario tra politici e popolazione: non è affatto scontato che a cittadini più consapevoli corrispondano governi migliori. Il presupposto, però, è che le scelte dei governi siano orientate fondamentalmente alla ricerca del consenso dell'opinione pubblica (chiamasi populismo, e sta tornando di moda), perciò la popolazione ha comunque un ruolo nelle scelte più "etiche"; anche se per ragioni ciniche o meri interessi politici, talvolta i governi fanno di tutto per mantenere il consenso. Per Anholt sfruttando questo meccanismo è possibile promuovere delle politiche “buone”.

L'Italia è al ventesimo posto, un piazzamento stranamente onorevole, considerata la bassa opinione di cui gode, spesso non a torto. Secondo il Good Country Index siamo piuttosto generosi nel contribuire all'ordine mondiale, ma molto carenti in questioni che riguardano la pace e la sicurezza. E considerata la situazione economica, non abbiamo nemmeno la scusante di trarre benefici dalle nostre malefatte.

Italiani brava gente? Bah. Forse l'anno prossimo.