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Un paio di considerazioni sul caso Di Canio e la libertà di opinione

Dopo la sospensione della collaborazione fra SKY e Di Canio, a causa del tatuaggio "DUX" sull'avambraccio dell'ex calciatore, è scoppiata una polemica infinita. Ho provato a fare un po' di chiarezza.
Niccolò Carradori
Florence, IT

Immagine via YouTube.

Chi segue con un certo interesse il mondo del calcio italiano, sa che esistono argomenti—che riguardino giocatori, allenatori o squadre—che si ripresentano ciclicamente. Fra questi ci sono: i dubbi sulla legalità delle vittorie della Juventus, la vita privata di Mario Balotelli, i diverbi fra Antonio Cassano e qualsiasi squadra in cui abbia militato, e la idee politiche di Paolo Di Canio.

Da ieri l'ultimo di questi tormentoni è ripartito, quando Jacques Raynaud, vice presidente esecutivo di Sky Sport & Sky Media, ha annunciato la sospensione della collaborazione con Di Canio—che doveva partecipare come commentatore a un programma settimanale sulla Premier League—dopo le polemiche suscitate da un video promozionale in cui Di Canio è apparso in maglietta e con il tatuaggio "DUX" ben visibile sul bicipite destro. "Abbiamo fatto un errore, ci scusiamo con tutti quelli di cui abbiamo urtato la sensibilità," ha dichiarato Raynaud.

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Nel momento in cui scrivo non ci sono ancora state reazioni ufficiali del diretto interessato, ma sui social sta montando una polemica infinita fra chi considera giusto e razionale interrompere la collaborazione con una persona che mostra in modo così evidente, in pubblico, dei tatuaggi che richiamano il fascismo, e chi invece si appella alla "libertà di opinione" per descrivere come riprovevole la censura ai danni di Di Canio. Fra questi, ovviamente, ci sono anche esponenti politici.

— Alessandra Mussolini (@Ale_Mussolini_)15 settembre 2016

Dal punto di vista calcistico, Di Canio è da sempre legato alla S.S. Lazio, società di cui prima è stato tifoso ( in un libro autobiografico ha ammesso di aver fatto parte degli ultras laziali, dalle note tendenze destrorse), poi prodotto del vivaio, poi giocatore, poi ex giocatore, e poi bandiera tornata all'ovile durante la prima fase dell'era Lotito. Ed è proprio in questo periodo che le sue idee politiche hanno cominciato a fare scalpore: durante il derby Roma-Lazio del 6 gennaio 2005 Di Canio, per festeggiare una rete, andò sotto la curva dei tifosi laziali e fece il saluto romano davanti alle telecamere.

La polemica successiva interessò sia la FIGC che la FIFA, e alla fine pur non avendo ricevuto nemmeno una giornata di squalifica, Di Canio fu multato per 10.000 euro. Nonostante questo, quell'anno replicò il saluto romano in altre tre occasioni.

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Da allora si è tornati a parlare spesso dell'argomento, come nel 2013 quando l'allora direttore esecutivo del Sunderland, David Miliband, si dimise dal suo incarico per protestare contro l'assunzione di Di Canio come allenatore della squadra, innescando una serie di polemiche e accuse sulle preferenze politiche dell'ex giocatore. Che si giustificò con queste dichiarazioni:

Anche in quell'occasione la "libertà" di Di Canio fu difesa da coloro che ritenevano "più fascista" chi si rifiutava di collaborare con lui.

Trovo più fascista il saluto del dirigente del Sunderland che se ne va perché arriva Di Canio, che il saluto di Di Canio alla curva.

— Selvaggia Lucarelli (@stanzaselvaggia)1 aprile 2013

Parte della difesa di Di Canio che molti propagano sui social, invece, si basa su questo concetto: essendo un bravo e apprezzato professionista—sia come allenatore che come commentarore sportivo—le sue simpatie politiche non dovrebbero essere considerate; molti altri, ancora, sostengono che sia stato ipocrita assumerlo per poi cacciarlo "perché si è visto il tatuaggio e tutti si sono indignati," dato che le sue simpatie politiche erano generalmente note. A questo punto, dopo anni di polemiche che si ripetono continuamente, è utile provare a fare un po' di chiarezza: innanzitutto sull'ultimo brandello di critica. Cercare di correggere un errore, magari cadendo anche in contraddizione, è più accettabile che non perseverare. Quindi, per quanto mi riguarda, la scelta di sospendere la collaborazione con Di Canio era la cosa giusta da fare.

Il fatto che quel tatuaggio, che richiama ideologie legate tutta una serie di questioni di cui tutti siamo a conoscenza, venga mostrato così chiaramente su un canale che ha diffusione nazionale, fa tutta la differenza del mondo. Chi non ce la vede, probabilmente non vuole vederla.

Per quanta rilevanza possano avere poi la professionalità e la preparazione di Di Canio, poi, le sue idee politiche, soprattutto se mostrate così, e la sensibilità del pubblico ad esse, ne hanno sicuramente di più. L'essere un buon intenditore di calcio, insomma, non è un argomento in grado di mettere in discussione la decisone presa.

Un discorso a parte meritano coloro che tentano di perorare la "causa Di Canio" sostenendo la "libertà di opinione". Criticare e cercare di stigmatizzare chi fa mostra di simboli o ideologie che si legano al fascismo ha veramente poco a che vedere, nel concreto, con la limitazione della libertà. Nonostante quello che Di Canio può dire o non dire sull'essere di "destra sociale," e pur non manifestando atteggiamenti discriminatori nei confronti di nessuno, la simbologia del fascismo porta con sé dei richiami ben precisi.

E cercare di limitare quei riferimenti e il proliferare di ideologie che si legano ad essi non è una questione da sottovalutare. Semplicemente, e molto razionalmente, perché libertà di opinione non significa che tutto può essere concesso. Segui Niccolò su Twitter Segui la nuova pagina Facebook di VICE Italia: