DISTORTO è la rubrica in cui Giacomo Stefanini, che è un punk, tiene una rubrica sul punk. Gli abbiamo chiesto di parlare principalmente di quello italiano, però sappiamo già che non finirà così dato che ne sa tanto di tutti i tipi di punk.Visto che il punk è sprovvisto di una narrazione mainstream, ed è per definizione (seppur la definizione stessa sia un po’ problematica) orizzontale, viaggia per passaparola e raccontarlo per mode o correnti non fa altro che mistificarlo e renderlo divisivo per chi ne è appassionato, ho pensato che scrivere “una panoramica sulla situazione attuale della musica punk”, come avevo concordato, fosse fuori luogo.
Certo, avrei potuto parlare della rinascita del punk di New York a inizio anni Dieci grazie a etichette come Toxic State e Katorga Works e band come Crazy Spirit, Hank Wood and the Hammerheads, Dawn Of Humans. O dei primi EP degli Hoax che hanno fatto ricrescere le borchie anche a chi le aveva messe nel cassetto nel decennio precedente. Avrei potuto citare la rivoluzione transfemminista portata dalle G.L.O.S.S. nel 2015, o le Good Throb che con la loro semplice ricetta di rabbia, incompetenza e talento hanno rimesso l’Inghilterra sulla mappa. A proposito di UK, che ironia che proprio nel decennio della Brexit una delle personalità chiave del punk inglese sia stata un immigrato spagnolo di nome Paco con la sua etichetta La Vida Es Un Mus.Negli ultimi anni abbiamo osservato anche il fenomeno dei canali YouTube che si sono sostituiti ai blog come veicoli per le nuove uscite DIY di band provenienti da tutto il pianeta, alimentando secondo qualcuno mode e sottogeneri, il primo dei quali è sicuramente il post punk cartoonesco e robotico della scena dell’Indiana rappresentata dai leggendari Coneheads o, in maniera più “adulta”, dagli Uranium Club che hanno appena firmato per la quasi-major Sub Pop. E come dimenticare la scarica di 45 giri di Total Punk che ha riportato ai vecchi fasti il punk rock aggressivo, veloce e senza fronzoli, presentato nella veste più economica e diretta possibile (una bustina di carta con dentro un disco, la copertina un semplice timbro fatto a mano su ogni copia).A causa dell’onnipresenza di internet le informazioni sono sparse, difficili da trovare e spesso categorizzate per “bolle” in cui il modus operandi punk viene diluito e indebolito.
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E tra le altre cose che avrai notato se hai seguito il genere ci sarà stato che improvvisamente i dischi delle band angloamericane della tua collezione erano sempre meno e aumentavano quelli di band latinoamericane, europee, asiatiche. E le persone americane di seconda generazione hanno ricominciato a cantare nella lingua dei loro genitori, facendo tantissimo per abbattere il muro di pregiudizio del pubblico in favore della cultura occidentale. Abbiamo ascoltato punk cantato in spagnolo, catalano, portoghese, tedesco, greco, ungherese, serbo-croato, russo, malay, finlandese… e anche italiano.E questo è una parte di quello che ho visto dal mio punto di osservazione negli ultimi dieci anni. Non è tutto manco per niente. Potrei davvero andare avanti per altre dieci pagine e non avrei coperto un decimo di quello che è successo in questa sottocultura presunta morta. Mi sono addirittura dimenticato di citare il mio disco preferito in assoluto, l’omonimo mini-album degli Anxiety. O forse è la seconda cassetta dei Kaleidoscope. O il primo album dei Low Life. Non importa.È un secolo complicato per il punk, non c’è dubbio. Prima di tutto nella vita reale, perché l’emergenza di governi legalisti, neoliberisti e di estrema destra soffoca la libera espressione di chi ama fare le cose al di fuori delle logiche commerciali, privando il movimento punk di spazi, influenza e libertà di azione. A causa dell’onnipresenza di internet le informazioni sono sparse, difficili da trovare e spesso categorizzate per “bolle” in cui il modus operandi punk viene diluito e indebolito. Anche le stamperie di vinile, che fino a 15 anni fa si sostentavano soltanto grazie ai proventi dei dischi punk prodotti in 300 copie, ora sono intasate di porcate “da collezione” che hanno lo stesso valore culturale dei souvenir per turisti.Quello che annusiamo nell’aria non è lo spirito del tempo: siamo chiusi in uno sgabuzzino e ci stiamo avvelenando con i nostri stessi peti.
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Ma siccome tutto ciò che è è vivo, il punk è vivo. Il fatto è che abbiamo scelto di costruirci attorno camere ecoiche che moltiplicano esponenzialmente le voci della maggioranza. Ma quello che annusiamo nell’aria non è lo spirito del tempo: siamo chiusi in uno sgabuzzino e ci stiamo avvelenando con i nostri stessi peti. E così in molti di noi stanno allucinando un 21esimo secolo in cui a vivere sono soltanto alcuni generi musicali, perché è quello che respirano.La sottocultura continua a produrre musica e situazioni che, a seconda di quali fumi ti stanno avvelenando, sono le più stimolanti e vivaci o le più noiose e incomprensibili della contemporaneità. Scherzo, non sono nessuna di queste cose: sono e basta, come tutto il resto. Ecco cinque dischi che senza particolare ordine o motivazione ti consiglio di ascoltare in questo inizio di 2020: alcuni sono già usciti, altri sono solo online. Annusa qua.Folle, libero, fastidioso, atonale, completamente senza freni è il suono di Neon da Oakland, California. Questa è musica punk per teste pensanti, che si prende il 100 percento della tua attenzione e non lascia spazio per maledizioni come il lavoro e i social media, costringendoti a concentrarti sugli imprevedibili scrosci di chitarra e sulle improvvise sfuriate ritmiche, mentre la voce trasforma in mantra frammenti di pensieri tra la poesia e rivolta. Una delle uscite più interessanti ed esaltanti del punk contemporaneo, con una palette di colori infinita e brillante. Nella migliore tradizione punk, la band si è sciolta subito dopo aver pubblicato l'album.
Neon - Neon
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