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Tecnologia

'Battlefield 1' è sia tragico che comico, ma non può essere entrambi

Come è possibile sviluppare un videogioco con una forte estetica della guerra senza metterne in risalto gli orrori ?

Mi trovo all'inferno, un inferno che è abbiamo avuto qui sulla Terra non così tanto tempo fa. Il terreno è ricoperto di fango nero mentre sono circondato da cadaveri aggrovigliati nel filo spinato. I proiettili solcano l'aria a pochi centimetri dalla mia testa, un fischio di avvertimento dal cielo e tutto quello che ho attorno esplode. Passa un momento di calma e poi dei tedeschi con l'elmo chiodato attaccano i resti della casa colonica in cui mi sto nascondendo. Ne uccido un paio mentre si avvicinano e ne faccio fuori uno a colpi di pala, ma alla fine vengo sopraffatto e ucciso.

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A questo punto, in un normale sparatutto in prima persona, dovrei ricominciare il livello oppure riprendere da un checkpoint, rivivendo la storia in modo da evitare l'uccisione. Ma questo è Battlefield 1 ed è ambientato nella prima guerra mondiale. Era scontato che morissi. Quindi quello che mi attende al posto di un respawn da un punto precedente è di impersonare un altro soldato. Uccido un paio di tedeschi anche con questo soldato e poi vengo ucciso di nuovo, così, mi ritrovo a impersonare nuovamente un altro soldato dal destino segnato.

Ho scritto questa introduzione accorata cercando di raccontare qualcosa sulla guerra, un argomento scomodo per i videogiochi e, in particolare, per gli sparatutto in prima persona come Battlefield: le guerre non si vincono grazie a personaggi che dispongono di un numero di vite infinite, ma con la volontà di sacrificare migliaia di giovani che non avranno una seconda possibilità.

Immagine: EA

Battlefield 1 si confronta con il paradosso morale che riguarda tutti gli sparatutto. Dato che richiedono budget consistenti, i videogame per il mercato di massa devono essere divertenti e coinvolgenti, per recuperare i milioni investiti nel loro sviluppo dagli editori. Ma la guerra non è divertente. Come può uno sviluppatore adottare l'estetica della guerra senza, allo stesso tempo, non fare luce sui suoi orrori?

Di fatto non può. Non è possibile. Battlefield 1 ci prova con la sequenza di apertura, che, per lo meno, è narrativa, un elemento interessante e poco praticato negli sparatutto. Inoltre, piuttosto che seguire un protagonista attraverso l'intero gioco, si viene rimbalzati di personaggio in personaggio nei vari teatri di guerra e ognuna delle scene si apre con un austero testo bianco su sfondo nero che sottolinea l'inutilità e gli orrori di una della peggiori situazioni di stallo nella storia. Visto che si ritorna rapidamente dalla sequenza di apertura alla classica esperienza degli shooter per il resto del gioco, viene trasmessa l'idea che le sequenze d'azione non abbiano davvero luogo, ma che siano una sorta di ricordi dei soldati che hanno vissuto quella situazione. Si fa anche un uso intelligente dell'Overview Effect, che mostra il mondo dallo spazio, prima di ritornare nel campo di battaglia per evidenziare quanto sono inutili e dispendiose queste battaglie nello schema più ampio delle cose.

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Ci sono state alcune eccezioni prodotte da sviluppatori più piccoli (ho scritto di Verdun l'anno scorso), ma di solito gli sparatutto con grandi budget non vengono ambientati nella prima guerra mondiale, perché è un tema troppo triste. A quanto pare, DICE, lo sviluppatore Battlefield 1, ha ritenuto necessario un approccio più ponderato per affrontare questa guerra che risulta inedito rispettio ai suoi precedenti incentrati sulla guerra moderna, sulla Seconda Guerra Mondiale, sul mondo del crimine e su Star Wars.

Immagine: EA

Il problema è che Battlefield 1 è comunque un gioco fatto troppo bene, troppo divertente per poter mandare un messaggio sulla guerra. Se vi piacciono gli shooter, ve lo consiglio caldamente anche solo nella versione single-player, per non parlare del caos multiplayer a 64 giocatori, senza dubbio uno dei migliori del settore.

Uno sviluppatore può avvicinarsi a questo tema in maniera onesta, per creare un videogioco interessante e sopratutto utile, ma non un videogame divertente nel senso "AAA" del termine. In alternativa, si può sfruttare il soggetto, glorificando la guerra e facendola sembrare divertente—un approccio da condannare se si considera veramente il divario tra i giochi di guerra e un campo di battaglia reale e il fatto che moltissimi giovani sfaccendati giocano ai video game.

DICE, come ogni grande sviluppatore di shooter venuto prima, ha scelto quest'ultima strategia, pur sviluppandola in maniera affascinante e compiendo uno sforzo coraggioso nel cercare di documentare la dura realtà della guerra. Il risultato è una sorta di uncanny valley etica. Mentre i videogiochi diventano sempre più realistici, le differenze tra le loro rappresentazioni e la realtà diventano sempre più inquietanti, così, il tentativo di Battlefield 1 di costituire un ritratto veritiero della guerra in un videogioco blockbuster sottolinea quanto sia malato disporre di tutti questi mezzi rappresentativi.

Un dicorso valido per ogni videogioco basato sulla violenza. Specialmente in Halo, in cui i giocatori sparano all'impazzata per uccidere degli alieni viola. Ma di più, in Battlefield 1 che tenta di spiegare ai giocatori quanto possa essere orribile la guerra mentre deve badare anche al successo di massa, rendendo sempre più evidenti i suoi limiti etici.