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Tecnologia

Perché l'ONU dovrebbe dire a tutti di mangiare meno carne

Il cambiamento climatico e la resistenza agli antibiotici sono argomenti importanti, ma stiamo ignorando una soluzione semplice.
Immagine: Taryn/Flickr

Magari in mezzo a tutte le notizie sul divorzio di Brad e Angelina ve lo siete persi, ma questa settimana le Nazioni Unite hanno dato inizio all'Assemblea Generale per discutere alcune questioni di importanza globale, come il cambiamento climatico e la resistenza agli antibiotici.

In realtà, sarebbe più saggio da parte loro parlare di pancetta.

Il legame tra il nostro sistema alimentare e molti dei problemi complessi discussi dalle Nazioni Unite questa settimana non va sottovalutato. Dalle emissioni di gas serra all'abuso di antibiotici, il modo in cui alleviamo i nostri animali per mangiarne la carne è un problema. La maggior parte degli esperti è d'accordo nel dire che alcuni cambiamenti minori nelle nostre abitudini alimentari, come mangiare meno carne, potrebbero avere un impatto enorme sulla risoluzione di queste questioni. Infatti, uno studio che risale al 2009 aveva calcolato che una conversione mondiale a una dieta povera di carne potrebbe ridurre del 50 percento i costi necessari per raggiungere gli obiettivi relativi ai gas serra. Ma come si può imporre un cambiamento su larga scala, senza attirarsi l'odio delle persone?

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La Cina—dove il consumo di carne è aumentato drammaticamente nell'ultimo decennio—ha promulgato un piano quest'anno per ridurlo del 50 percento. Per lo più il piano si basa su un cambiamento nelle linee guida alimentari promosse dal governo e sul lancio di una campagna pubblicitaria (in cui figurano, per qualche oscura ragione, Arnold Schwarzenegger e James Cameron) per incoraggiare le persone a tornare a mangiare poca carne. È troppo presto per capire se questa strategia sarà efficace o meno, ma almeno la Cina può dirsi consapevole della necessità di cominciare a ri-discutere il contenuto del nostro piatto.

"Non dobbiamo aspettare grandi scoperte tecnologiche."

Ma alle Nazioni Unite, persino mentre i delegati discutevano del ruolo che l'agricoltura gioca nella resistenza agli antibiotici, nessuno ha fatto parola della soluzione più ovvia: dire alle persone di andarci piano con gli hamburger un paio di giorni alla settimana.

"Il movimento per l'energia rinnovabile, per lo sviluppo di nuove tecnologie, e per l'attenzione dei governi, certo, tutte cose giustissime," ha detto Sonia Faruqi, ex investitrice finanziaria e autrice di Project Animal Farm, che esplora soluzioni sostenibili per l'allevamento.

"Ma è anche relativamente semplice. Non dobbiamo aspettare grandi scoperte tecnologiche. Dobbiamo solo pensare a cosa di ciò che mettiamo nel piatto non è davvero necessario."

Quando si tratta di resistenza agli antibiotici, l'abuso di antimicrobici nell'agricoltura—utilizzati sia per far ingrassare gli animali sia per prevenire le malattie—risulta essere una delle cause principali dello sviluppo della resistenza ai batteri. Negli USA, il 70-80 percento degli antibiotici venduti ogni anno va agli allevatori di bestiame.

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Alcuni esempi di come si verifica la resistenza agli antibiotici. Immagine: Centers for Disease Control

Con il cambiamento climatico, gli effetti sono ancora più evidenti. Alcuni ricercatori hanno addirittura indicato agricoltura e allevamento come le cause principali del cambiamento climatico; chi non è d'accordo con questa idea riconosce che gli allevamenti di bestiame contribuiscono significativamente alle emissioni di gas serra. Secondo l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO), gli allevamenti producono il 14.5 percento di tutte le emissioni di gas serra attribuite all'uomo. Inoltre, usa molta più acqua dell'agricoltura e contribuisce alla deforestazione.

Man mano che le diete di tutto il mondo si conformano a una cucina più occidentale, pretendere che tutto il pianeta rinunci a carne, uova e latticini non è realistico (o, da un punto di vista di sicurezza alimentare, per forza l'opzione migliore). Ma ridurre il consumo di carne sembra già un obiettivo più fattibile.

Se ci fosse una comprensione diffusa del fatto che ridurre il consumo di carne potrebbe aiutarci a combattere il cambiamento climatico e prevenire l'avvento dei super batteri resistenti agli antibiotici, l'opinione pubblica, magari, sarebbe d'accordo a partecipare all'impresa. Ci sono studi che hanno dimostrato che, quando si tratta di cambiamento climatico, le persone cambiano atteggiamento e comportamento più facilmente se hanno una buona comprensione degli effetti negativi che un rifiuto al cambiamento comporterebbe.

E l'abbiamo già visto, in un certo senso, con la riduzione graduale del consumo di carne rossa negli Stati Uniti avvenuta appena le persone sono state informate meglio sulla nutrizione. Ma uno studio pubblicato quest'anno ha dimostrato che solo il sei percento degli americani sa dell'esistenza di un legame tra il mangiare carne e il cambiamento climatico.

La verità, ovviamente, è che ridurre le fette di pancetta non risolverà di per sé tutti i problemi, ma si tratta di un strategia valida da aggiungere agli altri strumenti che abbiamo, che le Nazioni Unite stanno però fondamentalmente ignorando. Magari basterebbe che Arnold Schwarzenegger facesse un salto all'Assemblea Generale.