Suspiria: quando la paura è multisensoriale

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Suspiria: quando la paura è multisensoriale

Come la sua colonna sonora, il film di Dario Argento supera la realtà ed entra in un mondo tra magico e sintetico.

Colonne sonore bellissime è la serie di Noisey che parla di colonne sonore bellissime. Qua gli altri episodi.

Susy Benner decise di perfezionare i suoi studi di balletto nella più famosa scuola europea di danza. Scelse la celebre accademia di Friburgo. Partì un giorno alle nove di mattina dall'aeroporto di New York e giunse in Germania alle 22.45 ora locale.
(Intro di Suspiria, voce narrante di Dario Argento)

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Tutti voi sarete cresciuti col fascino dell'horror, anzi della paura tout court. Da bambini è difficile sfuggire all'attrazione-repulsione di farsi spaventare da qualcosa, anzi lo spavento è fondamentale proprio per il superamento dello stesso. Logico che nei tempi moderni i film siano uno dei mezzi più semplici per farsela sotto a quell'età, mentre a livello rustico magari una volta bastava solo una zucca di halloween con una candela accesa dentro nel buio. Certi traumi non vengono mai superati, e anche da adulti la "goduria dello spavento" è spesso un must.

Uno che non si è mai lasciato alle spalle questa fase è Dario Argento. O meglio, ci ha provato solo una volta con il film Le Cinque Giornate, ma è tornato presto a quella che è la sua passione fondamentale, cioè impaurire e impaurirsi. Un pazzo puro, solo a vederlo nei documenti video del suo periodo d'oro trasuda incubi e bad trip da acidi—probabilmente ingeriti a valanga.

Di film allucinanti ne ha fatti davvero tanti, ma a parte Profondo Rosso, che è oramai un'icona della paura su pellicola, c'è un altro dei suoi film che irrompe dirompente nell'immaginario collettivo in maniera tanto scomoda che c'è spesso la tendenza a rimuoverlo a favore del suo illustre predecessore. Ebbene, questo film è Suspiria, che proprio questi giorni torna restaurato nelle sale. Un film che potrebbe essere considerato più un film-installazione che una vera e propria pellicola, un bombardamento sensoriale e multimediale, una cosa che va verso il meta horror, superando immediatamente il genere, in cui Argento si cimentava per la prima volta proprio in occasione di questo film (Profondo Rosso, infatti, per quanto molti facciano confusione a proposito, è un thriller). Pare che i giovani non siano tutti al corrente di questo capolavoro. E allora vi racconto un po' com'è cascato nella mia vita di giovinotto, in un certo senso sfondando delle porte non sempre aperte: spero di darvi l'esempio.

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Come ho conosciuto Suspiria è presto detto: avevo circa nove o dieci anni e dopo tanto tempo a immaginare il contenuto dei film horror di cui scorgevo i trailer in TV e che mi facevano già cagare sotto così, decisi che avrei affrontato un film di quel tipo dall'inizio alla fine. Troppa la curiosità, troppo l'istinto di andare fino in fondo. E quindi un giorno, poiché passavano Suspiria in TV, mi dissi: "Ok, vediamolo. Ce la posso fare, tanto che sarà? Oramai sono grandicello, e poi dai su, che cazzo, un po' di fegato!" Mi sintonizzai e via. Le prime scene erano chiaramente una cosa oscura che non presagiva niente di buono, tutte basate sulle forze occulte degli oggetti, per cui anche una semplice apertura automatica di una porta rappresentava una tagliola pronta a uccidere. Il commento musicale, figurarsi, era di un'ossessività maniacale: la protagonista immersa nella sfiga, con un'impossibile pioggia torrenziale annessa, un crescendo di voci malate che sussurrano nel brano portante della colonna sonora, elementi che fanno a cazzotti fra loro fra fontane impazzite che zampillano, neon glaciali in un tunnel, tombini ripresi come se si mangiassero l'acqua, alberi che serbano su di se visioni spettrali finché non si arriva alla famigerata scuola di danza, che a differenza di tutta questa oscurità è appunto, colorata in modo sospetto.

In caso non la conosceste, la trama di Suspiria è la seguente (cito dal sito ufficiale di Dario Argento): Giunta a Friburgo per perfezionare i propri studi presso una accademia di danza, la giovane americana Susy Bannon incontra un'atmosfera alquanto strana e misteriosa. Molti eventi sinistri accadono nella scuola. Susy, che comincia ad avvertire dei continui inspiegabili malesseri, vuole vederci chiaro… e Argento nelle sue parole sintetizza così: "Mi sono detto che volevo raccontare i personaggi delle streghe perché avevo letto vari libri e conoscevo bene l'argomento. Ho anche incontrato persone che si dichiaravano streghe. Non credo all'esistenza delle streghe, però restano un fenomeno culturale ed esistono nell'immaginazione, quindi è un po' come se esistessero anche nella realtà". Ecco, appunto, Suspiria parla di streghe. Ma non sono mica streghe tipo la Befana.  Io pensavo vabbè, siamo solo all'inizio, non è ci sarà tutta questa roba per cui cacarsi addosso. E invece nel giro di pochissimi fotogrammi succede di tutto. Una tipa viene assassinata praticamente subito in maniera brutale, a colpi di coltellate nel cuore ancora pulsante e impiccata fino a rompere una vetrata/ soffitto i cui vetri vanno a uccidere un'altra tizia che passa di sotto tagliandole praticamente la faccia a metà, tutto questo con tonnellate di sangue e di schifo che se guardavo uno snuff movie era meglio. A quel punto ho spento la TV dicendomi: Madonna mia del Carmine, meglio che torni a giocare con i puffi. Ecco, per me Suspiria era finito lì, in quei fotogrammi c'era tutto, il resto era puro corollario. È come se Argento, già dall'inizio del film, dicesse: "Perdete ogni speranza o voi ch'entrate", calando subito un asso di picche del disastro e scaraventando lo spettatore nel suo delirio malefico. E l'assenza di speranza, paradossalmente, Argento la esprime con colori sparatissimi, una colonna sonora letteralmente fragorosa e ricchissima di soluzioni, incongruenze nella narrazione talmente evidenti che implicano una completa mancanza di bussola, come un sogno lucido ma terrificante.

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In questo senso, pare che l'assenza di speranza nasca proprio dal fatto che la morte è creativa quanto gli stratagemmi per sfuggirle, e la salvezza nel fatto che da un brutto sogno ci si sveglia sempre. E infatti ingegnosissime sono le morti e le torture inflitte alle povere ballerine: il finale del film è l'anticorpo del subconscio che entra in azione risolvendo tutto con la veglia (simboleggiata dal fuoco purificatore, ma non sto qua a farvi lo spoiler). Subconscio che viene stimolato in tantissimi modi nel film, da ombre non meglio identificate che fanno capolino improvvisamente (e qui gli errori di regia, tipo i riflessi della troupe sui vetri ecc., vengono sfruttati egregiamente, tanto che addirittura nelle prime scene si vede di straforo un Dario Argento riflesso nel vetro del taxi fare una smorfia delirante) fino agli oggetti piazzati in maniera diversa dal solito (famosa la storia delle maniglie delle porte piazzate più in alto del normale, un po' alla maniera di Alice nel paese delle meraviglie quando si cala il funghetto).

Per non parlare dell'utilizzo di stoffe colorate a sostituire le gelatine davanti alle luci per dare l'illusione di dipingere completamente di colore i volti degli attori, l'utilizzo del sangue come qualcosa di irreale, che non può far veramente paura essendo palesemente vernice rossa, ma appunto per questo scatena un cortocircuito micidiale: siamo vivi o no? (La stessa cosa, in maniera meno fluorescente, accadeva in Profondo Rosso). Ma si è parlato molto anche delle tecniche di impressione della pellicola: ispirate a roba apparentemente innocua come Biancaneve e i sette nani e Il mago di Oz, si sfruttano delle tecniche che sono il canto del cigno del technicolor ma nello stesso tempo spinte verso un'esaltazione tale che, nel 1977 (in piena era punk), si può dire che Argento abbia prodotto un film new wave dalle macerie di un precedente sistema. Anche nella musica di quel periodo, tra l'altro, le molto abusate chitarre elettriche cominceranno a colorarsi di effetti che ne smaterializzeranno i suoni fino a renderle definitivamente sintetiche.

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Della colonna sonora si è parlato un po' troppo: c'è chi asserisce che Suspiria sia un disco che senza il film non può stare in piedi. Mai sentita cotanta idiozia: Suspiria anticipa di tantissimi anni l'utilizzo di strumenti tradizionali etnici a fini maligni, tanto che solo anni dopo troveremo casualmente molte delle stesse idee riciclate per dischi quali Flowers Of Romance dei PIL, che puzzano di zolfo e di malanni. L'ibridone fra rock, etnico, sintetizzatori impazziti che sembrano ribellarsi ai loro creatori con fare animista e malvagio e quei bassoni gonfi di fuzz e flanger malati fino al midollo preannunciano in un certo senso gli esperimenti sincretici della new wave, ma vanno anche oltre, fino al noise estremo ottenuto con fragorose percussioni e sovrapposizioni di voci graffiate e belluine, percorse da suggestioni di negromanti senza tempo.

La colonna sonora di Suspiria è osticissima pure nei momenti più rilassati: anche quando fa capolino un "sensuale" sassofono rimane sempre una rilassatezza indotta, quasi un'overdose da farmaci in cui sei la vittima stordita alla quale stanno imponendo degli esperimenti mortali. A confronto lo score di Profondo Rosso è roba da oratorio. Ai comandi ci sono ovviamente i Goblin, che si confermano tra i più importanti gruppi italiani del periodo, sia per il cinema sia no: ma qui il peso specifico di Dario Argento è indiscutibile, tanto da poter essere considerato il quinto Goblin (il tastierista Maurizio Guarini non fu accreditato all'epoca, altrimenti sarebbe il sesto). È di Argento l'idea di introdurre strumenti musicali etnici come il bouzouki e i tamburi parlanti africani, sua l'idea di un assalto uditivo sfinente, tanto che durante le riprese era solito bombardare gli attori con la colonna sonora sparata a tutto volume e a tradimento, così da rendere i protagonisti veramente spaventati. Grazie a ciò i Goblin si lasciano alle spalle quasi definitivamente il prog, entrando in un concetto musicale più ampio. Per la prima volta Argento, insomma, dirige anche l'orchestra e non solo il film in sé.

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Film che, come si ricorda spesso, è composto di 1300 inquadrature, nessuna uguale all'altra. Una follia, che in questo caso ricorda l'operazione di Carmelo Bene in Salomè, che lavorando con una serie infinita d'inquadrature e montaggi maniacali, sul potenziamento dei colori, sul montaggio subliminale e sul rivoltamento percettivo dello spazio creò a tutti gli effetti (come lui affermava) "il primo videoclip della storia". Ecco, forse Suspiria può essere il secondo. È indubbio che il regista romano si sia ispirato anche alle gesta del factotum leccese, trovando tutta una serie di escamotage, dalle lenti anamorfiche ai processi d'inibizione, le luci ad arco, fino al tipo di pellicola utilizzata a bassissima sensibilità, con l'aiuto fondamentale del direttore della fotografia Luciano Tovoli; poi c'è la pazzesca scenografia di Giuseppe Bassan in cui il vuoto e il pieno, il moderno e l'antico scivolano l'uno nell' altro senza soluzione di continuità, come in un delirio lisergico che tiene conto anche della lezione di Escher (citato un po' ovunque nel film) per cui sopra e sotto, tempo e spazio diventano una continua illusione ottica.  C'è anche da dire che non c'è volto che si trasfiguri sotto luci e diavolerie scenografiche se non portato davvero alle estreme conseguenze: e in questo Argento ci butta un po' del suo sadismo, portando gli attori a fare cose che neanche lui sa a quali conseguenze porteranno, tanto per arrivare a quei livelli di stress in cui realtà e paranoia s'incontrano. Celebre l'episodio in cui l'attrice Stefania Casini, per la scena del filo spinato, fu costretta a camminare in una stanza piena di filo di ferro senza nessun'ulteriore istruzione, col risultato che rimase davvero intrappolata nel filo procurandosi vere ferite, e fu liberata successivamente soltanto con l'ausilio d'importanti cesoie. Da questo si capisce che è un film nato con una sconcertante determinazione: probabilmente per Argento all'epoca alba e notte erano la stessa cosa (nel making of trasmesso dalla Rai nel 1977 il nostro sembra imbottito di anfetamine che manco Vasco Rossi nell'intervista con Mike Bongiorno).

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Sulla sceneggiatura, che dire: si sente il peso specifico della grande attrice (ma che dico attrice, icona) Daria Nicolodi, all'epoca compagna di Argento, che co-firma con mano sicura una storia in cui sono presenti solo ed esclusivamente donne e gli uomini hanno ruoli marginali. Ma facciamo parlare direttamente lei, dal sito ufficiale: "La sceneggiatura deve davvero moltissimo alla mano di Daria o, meglio, ai racconti che la nonna le faceva quando era piccolina. La nonna le raccontava che da giovane era andata in una scuola di perfezionamento, ci rimase ben poco perché capì che lì si insegnava la magia nera. Anche tutta la scena finale del film è stata ispirata da Daria, che in una sorta di dormiveglia 'vide' come poter arrivare alla Regina Nera. La distribuzione americana volle un'attrice statunitense come protagonista e, nonostante quel ruolo fosse stato scritto per lei, dovette rinunciarvi".

Su questo si potrebbe disquisire parecchio: Suspiria potrebbe essere considerato un film femminista in cui però vengono sciorinate le contraddizioni interne al mondo femminile, la donna che finalmente combatte i propri mostri e dà loro fuoco, la parte nera dell'"altra metà del cielo" che fa finalmente pulizia di eoni di oppressione liberandosi prima dall'interno poi definitivamente all'esterno. Ma ci sono anche riferimenti contro l'educazione classica in generale, che potrebbero essere paragonati al futuro nastro bianco di Haneke per i rimandi subliminali al nazismo: la scena dell'uccisione del cieco avviene, ad esempio, nella Königsplatz di Monaco di Baviera usata da Hitler per i suoi comizi e per le imponenti parate. Nel film le atrocità vengono commesse dalle vecchie generazioni ansiose di fagocitare nel nulla le proprie giovani vittime (la strega malvagia è davvero una vecchina di novantaquattro anni strappata a una casa di riposo e buttata nel set a recitare, tanto per essere chiari).

Di rimando, è una critica a un sistema economico e di potere, certo: il discorso dello straniero che deve vedersela con un mondo ostile (il personaggio principale è un'americana—per imposizione della produzione, potrebbe venire da qualsiasi posto del mondo—costretta ad affrontare gli spettri marci dell'Europa) non è assolutamente posto lì a caso. Di base sono servite su un piatto… ehm, d'Argento le paure di un Occidente che si sgretola sotto i nostri occhi diventando sempre più opulento e colorato, la pop art che uccide, una moderna favola di Hansel e Gretel dietro i cui canditi invitanti si nasconde la morte.

Solo per questo è un film ancora attualissimo perché, oramai, siamo tutti nel ventre della strega e senza saperlo ben felici di ingrassarlo (anche nel film, d'altronde, le ballerine non fuggono dalla scuola nonostante cadano loro in faccia tonnellate di vermi). Consiglio a tutti di rivedere Suspiria nel suo lussuoso restauro in 4K, da oggi fino al primo febbraio: ancora una volta, come da bambini, nello spavento c'è la soluzione per ritrovare la libertà. E diciamolo: questa libertà non è un sogno e men che meno un incubo. Si chiama donna.

Suspiria in versione restaurata in 4K sarà nei cinema di tutta Italia dal 30 gennaio al 1 febbraio. Demented sta cercando di farsi passare lo spavento su Twitter: @DementedThement.
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