Música

Come Gud e i SadBoys sono sopravvissuti al successo

Foto di Damien Maloney.

Gud, il produttore già conosciuto come Yung Gud, mi chiama su Skype da un monolocale di Södermalm, un quartiere di Stoccolma. Anche se l’inglese non è la sua prima lingua, Micke Berlander—il suo vero nome—parla in modo preciso e permuroso, e torna spesso indietro sui suoi passi per assicurarsi di essere riuscito a farsi capire. Mentre parla del suo nuovo EP solista, che non ha ancora un titolo, questa qualità si fa particolarmente evidente: “Fa paura,” dice del suo nuovo materiale, accelerando le sue parole. “È un omicidio. Sangue. Un cazzo di massacro.”

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Il modo in cui Gud parla della sua musica è quasi una riflessione delle difficoltà che ha dovuto passare negli ultimi due anni della vita dei Sad Boys, il collettivo hip-hop che ha fondato negli anni del liceo con i suoi amici Yung Sherman e Yung Lean. “Forse sì,” mi dice quando glielo suggerisco, riferendosi a un recente periodo passato in America che ha quasi messo fine al gruppo.

Verso la fine del 2014 e l’inizio del 2015, il collettivo si stava godendo il successo dell’album di debutto di Lean, Unknown Memory—i loro concerti andavano sold out, incontravano celebrità del livello di Justin Bieber e si esibivano ad eventi sponsorizzati da brand di alta moda come V-Files. Dietro le quinte, però, la situazione si stava facendo decisamente pericolosa.

Sopraffatto dagli stimoli costanti della vita in tour, Gud aveva iniziato ad abusare di diverse sostanze. Anche se i concerti andavano bene, Gud definisce il tour “un viaggio pieno di Xanax in cui eravamo sempre fatti di coca.” “Non riuscivo più a riconoscermi,” mi spiega. “Io e Lean eravamo diventati dei drogati del cazzo, e io ero rimasto a guardare.” La parte peggiore, dice, fu il periodo che passò a Miami. “Ho dei ricordi orribili di South Beach che mi tormentano tuttora, è la cosa più disgustosa che ho mai sperimentato.”

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Nel 2015, in primavera, Lean decise di stabilirsi a Miami, nella villa di Barron Machat—la forza motrice dietro all’influente etichetta sperimentale Hippos in Tanks, che all’epoca era il suo manager per gli Stati Uniti—per registrare il suo nuovo progetto, Warlord. “La mia reazione fu, ‘Cazzo, no,’” mi dice Gud. Mentre Lean registrava delle demo per il disco usando produzioni di Sherman, Gud tornò in Svezia e praticamente smise di sentire gli altri Sad Boys. “Ero in un periodo di merda”, dice. “Volevo solo tornare a sentirmi vicino alla mia famiglia e rilassarmi. Non ho preso niente, quella primavera, e ho cercato di ritrovare me stesso.” Gud pensò anche al suo futuro nel gruppo. “Stavo pensando seriamente di lasciare i Sad Boys”, dice.

Le cose sono però andate diversamente, e il motivo è una serie di eventi così tragica che sembra a malapena realistica. Stando a un articolo pubblicato recentemente su The FADER, dopo il ritorno di Gud in Svezia, Lean iniziò a drogarsi ancora di più. Nonostante fosse riuscito a completare una versione demo di Warlord, la situazione si fece così grave che ebbe un crollo psicotico e dovette essere ricoverato in un ospedale psichiatrico. Stando alla versione ufficiale dei fatti Machat, il suo manager, morì in un incidente stradale; secondo The FADER stava provando a portare un hard drive a Lean, che al momento era in ospedale, anche se THUMP non ha verificato in maniera indipendente gli eventi. Il padre di Lean andò a prenderlo a Miami e lo riportò in Svezia, dove continuò le sue cure.

Gud venne a sapere quello che era successo e decise di mettere a posto il rapporto che aveva con i suoi amici e restare nel gruppo. Andare in tour non era un’opzione plausibile, e il gruppo aveva bisogno di soldi, e alla svelta. Quindi, mentre Lean e Sherman iniziarono a lavorare come operai nella fabbrica di shampoo di un amico comune—”È divertente, produrre shampoo,” dice Gud con nonchalance—Gud prese il materiale registrato per Warlord e iniziò a editarlo. “Doveva essere un mixtape, e quindi uscire gratuitamente online”, dice. Ma, essendo pochi i soldi che il gruppo aveva in tasca e avendo il padre di Barron scoperto un leak di quella versione di Warlord, il mixtape si trasformò presto in un album a tutti gli effetti.

Il compito di Gud, mi spiega, era quello di “prendere il caos di quelle sessioni di registrazione a Miami e renderle qualitativamente accettabili concentrandosi sulle emozioni che Sherman e Lean avevano messo in gioco.” Gud ha lavorato a quella bozza di Warlord fino a rivelare un racconto frastagliato di malessere e instabilità—un riflesso delle esperienze di Sherm e Lean a Miami, filtrato attraverso le esperienze di alienazione che Gud aveva sperimentato in tour.

Gud si è sempre sentito un outsider. “Non mi piace molto la gente, in generale,” dice. “Potrei definirmi un misantropo.” I suoi genitori divorziarono quando aveva dieci anni, e lui e sua sorella finirono a vivere con loro padre in un sobborgo di Stoccolma. Suo nonno era nigeriano mentre il resto della sua famiglia era bianco, il che lo fa sentire “su una sorta di isoletta” quando pensa alla sua identità razziale. “La gente mi guarda come se fossi un uccello esotico,” dice. “Mi toccano i capelli e dicono, ‘sono bellissimi,’ ma non capiscono che cosa significa per me, a livello strutturale, sentire qualcuno che me li tocchi.”

Da ragazzo, Gud ascoltava musica in modo onnivoro. Definisce Burzum “una delle sue prime influenze musicali” e, a 12 anni, stava già producendo pezzi psytrance sul suo computer. Iniziò ad ascoltare hip-hop un paio d’anni dopo e, più o meno a quindici anni, scoprì il rap alternativo americano nelle figure di MC come Lil B e Robb Banks. I ragazzini a cui piace musica strana tendono a diventare amici di altri ragazzini che ascoltano le stesse cose, e fu proprio questa passione per l’hip-hop più anticonvenzionale e legato alla cultura della rete a farlo legare con Lean e Sherm, che incontrò tramite amici in comune. Registrarono assieme “Oreomilkshake”, la prima vera e propria canzone dei Sad Boys, nell’ottobre 2012. Avevano tutti quindici anni.


Quando i Sad Boys iniziarono a diventare famosi oltreoceano a metà del 2013, nessuno sapeva bene come definirli. Nel video di “Ginseng Strip 2002”, prodotta da Gud, Lean aveva un bucket hat in testa e, chinato, imitava le movenze di Lil B mentre rappava apaticamente di pompini e rasoi, come se stesse facendo un provino per entrare nella Odd Future. Presto, iniziarono ad avere un pubblico—composto principalmente di ragazzini bianchi di periferia—problematico, che portò la scena hip-hop a porre molte domande e muovere diverse critiche al collettivo. I Sad Boys erano ironici? Si stavano appropriando di uno stile che non gli apparteneva? Stavano abusando della loro posizione privilegiata di bianchi stranieri incuriositi per togliere spazio agli artisti di colore che fino ad allora avevano animato i meandri meno convenzionali della scena hip-hop?

Le produzioni di Gud avevano un ruolo importante nel definire le qualità che rendevano Lean appetibile. Le sue strumentali rigogliose e melodiche erano un contrappunto incantevole alle limitate capacità del flow del rapper. Alcuni dei primi pezzi di Lean, come “Gatorade”, sembrano un lentone dimenticato e rovinato dal tempo tratto da Full Moon di Brandy, e la contagiosa strumentale di “Kyoto”—tenuta in piedi da una melodia di flauto—era praticamente la cosa più simile a un ritornello che il pezzo avesse. Dai pezzi solisti di Gud—tra cui i suoi remix di “No Excuse” di Jacques Green e “2 On” di Tinashe, e il suo Beautiful, Wonderful EP del 2014—traspariva una passione per i generi più disparati, dal funk inglese all’industrial, passando per il chopped and screwed, la scena L.A. Beat e l’ampollosità alla Kanye. Secondo Gud, la sua tavolozza musicale è diventata così ampia grazie ad internet: “quando ero piccolo cambiavo genere ogni due settimane”, dice.

Gud è piuttosto sensibile ai discorsi sull’appropriazione culturale, soprattutto per la sua eredità culturale multirazziale. “Il mio problema è che non riesco a scegliere un’identità razziale”, mi dice. Agli inizi del progetto, mi spiega, lui, Lean e Sherman non pensavano particolarmente alle implicazioni più ampie del progetto Sad Boys—in parte anche perché stavano cercando di capire quello che stavano facendo di momento in momento. “Tuttora non abbiamo una cazzo di idea di che cosa stiamo facendo,” scherza. “È difficile, dato che una settimana consideriamo i Sad Boys qualcosa e la successiva cambiamo completamente idea.” E aggiunge: “Il termine ‘appropriazione culturale’—nessuno, nel gruppo, ci ha mai pensato. Ma poi inizi a pensare a quello che stai facendo, a come la gente può reagire, e inizi a cambiare..”

Ora che è più grande e più conscio del ruolo complesso che la razza gioca nella sua vita, Gud dice di aver iniziato ad apprezzare conversazioni come questa. “È giusto parlarne”, dice quando gli chiedo della percezione che la scena hip-hop americana ha di Yung Lean e dei Sad Boys. Quando si tratta di suoi brani solisti, mi dice, ci sono una serie di domande a cui sta provando a rovare una risposta: “Che cosa significa portare rispetto? Come puoi rispettare una cultura e parteciparvi quando la approcci dall’esterno?”

Il nuovo approccio di Gud, più sfumato e ragionato, ha influenzato anche il modo in cui pensa mentre fa musica. Ora che sta registrando il suo nuovo EP, ha smesso di creare meticolosamente i suoni in digitale come aveva sempre fatto e ha iniziato a campionare musica che suona fisicamente, con strumenti veri. “La mia musica sta diventando meno una riproposta di ciò che mi piace e più un riflesso della persona che sono”, dice. Quando gli chiedo di spiegarmi più nel dettaglio come questo si vedrà nel disco, Gud resta concentrato sulle emozioni che questo tramette. “C’entrano più il modo in cui mi sento nel mio corpo, le emozioni che mi porto dentro ogni giorno,” mi dice. “Sono una persona rabbiosa; la più rabbiosa che conosco. E si sentirà di più in questo nuovo progetto.”

“Body Horror”—il primo pezzo che ha pubblicato tratto dall’EP—lo dimostra, con delle linee di synth fangose che fungono da sottofondo per una voce disumana, distorta, che dice “I don’t wanna deal with this right now.” Le voci sono quelle di Erik Rapp, un ex concorrente dell’Eurovision che si è messo a fare alt-pop, e di Yemi, un rapper svedese di Stoccolma il cui nuovo album, Neostockholm, ha tre produzioni proprio di Gud. Su “Body Horror”, le parole di Rapp e Yemi sono così modificate e rovinate da sembrare quasi indistinguibili.

Il contenuto del resto dell’EP continua ad essere avvolto da un mistero, ma un commento che Gud fa in riferimento a una vecchia intervista di David Foster Wallace sembra dare un suggerimento su quello che possiamo aspettarci. “Wallace racconta che per lui, quando andava a scuola, scrivere significava dimostrare il suo genio e la sua intelligenza. Penso che fare musica sia quasi la stessa cosa—inserire il più influenze possibile, dire al mondo, ‘so queste cose.’ Ma non mi importa più fare una roba del genere.” Le canzoni di questo EP, dice, sono per la prima volta proiezioni della sua persona piuttosto che mezzi con i quali può dimostrare le sue influenze. “Sto uscendo dalla mia zona di conforto, sia a livello fisico che virtuale. Voglio fare musica più fisica e meno eterea, abbandonare internet.”