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A10N4: Animaletti vivi schiacciati sotto tacchi a spillo

Come uccidere un lupo

Un reportage in incognito sul derby del coyote e del lupo, dove centinaia di cacciatori si sfidano a colpi di proiettili perforanti.

Il modo migliore per ferire mortalmente un lupo senza ucciderlo sul colpo è quello di sparargli nelle budella, preferibilmente con proiettili perforanti. A differenza dei proiettili di piombo a punta morbida, che esplodono all’interno della cavità del corpo e uccidono rapidamente, i proiettili perforanti trafiggono il bersaglio ed escono dall’altra parte.

Il che ha due vantaggi: il primo è che, soprattutto con un colpo alle budella, l’animale soffrirà. Sanguinerà lentamente, correrà per un paio di chilometri terrorizzato dal panico e collasserà. Poi morirà. Il secondo vantaggio è che, se state cacciando illegalmente (fuori stagione, durante la notte con un faretto, o dove non dovreste), lascerete poche prove forensi per il guardacaccia. Nessun proiettile verrà trovato nel cadavere.

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E, ancora più importante, l’animale avrà percorso una certa distanza dal punto in cui è stato colpito, rendendo la localizzazione del luogo dello sparo quasi impossibile. Ho raccolto questi utili suggerimenti da un simpatico vecchietto in un saloon a Salmon, Idaho, dove lo scorso dicembre si è svolta la prima edizione del Derby del coyote e del lupo. Ero arrivato in questa cittadina rurale di 3.000 anime per partecipare al derby. Per due giorni, diverse centinaia di cacciatori si sfidano ad uccidere il maggior numero di lupi e coyote possibile. C’erano due premi da 1.000 dollari in palio, uno per il maggior numero di coyote uccisi e l’altro per la più grossa carcassa di lupo. I bambini erano incoraggiati a partecipare, con premi speciali per i ragazzi di età compresa tra i 10 e gli 11 anni e tra i 12 e i 14, elencati sul volantino promozionale. Gli organizzatori del derby, un gruppo sportivo no profit chiamato Idaho for Wildlife, pubblicizzava l’evento come storico: la prima caccia al lupo negli Stati Uniti dal 1974.

Cacciare per nutrirsi è una cosa, e in alcuni casi la caccia aiuta a mantenere sotto controllo ecologico alcune specie sovrabbondanti, come i cervi. Ma il motivo per cui abbiamo troppi cervi negli Stati Uniti è semplice: il costante declino dei grandi predatori come il leone di montagna e—avete indovinato—il lupo. Il fatto è che abbiamo bisogno di lupi negli ecosistemi. Quindi perché organizzare un concorso di caccia per eliminarli? Dopo aver scavato nella letteratura anti-lupo del sito della Idaho for Wildlife, mi chiedevo se i residenti di Salmon stessero cercando di uccidere i lupi per dispetto. Odiavano queste creature, e volevo capire perché.

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Oltre a uccidere i lupi, una delle missioni fondamentali del gruppo, secondo il suo sito web, è quella di “combattere tutti i tentativi giuridici e legislativi da parte di animalisti e organizzazioni anti-armi, che stanno tentando di portarci via i nostri diritti e libertà costituzionali.” Il sito suggerisce anche che la copertura mediatica della manifestazione non è benvenuta.

L’unico modo per scrivere un pezzo sul derby, realizzai, era di andarci sotto copertura come cacciatore-concorrente. Così mi sono presentato a Salmon qualche giorno prima dell’evento, ho pagato i 20 dollari di iscrizione, e sono entrato ufficialmente a far parte della carneficina. Il derby richiedeva ai cacciatori di organizzarsi in team di due persone. Nelle settimane precedenti alla gara avevo reclutato gli attivisti pro lupo Brian Ertz e sua sorella Natalie Ertz, nativi dell’Idaho e con esperienza nei gruppi di salvaguardia degli animali selvatici. Siccome dovevamo essere in numero pari, c’era anche un amico di Brian, Bryan Walker, un ex marine e avvocato dell’Idaho, che ha studiato lo sciamanesimo e sostiene di avere la capacità di parlare con gli animali.

In un bar di Salmon, un simpatico vecchietto di nome Cal Black ci ha offerto un giro di birre quando gli abbiamo detto che eravamo in città per il derby. Cal era cresciuto in un ranch vicino alla città, e i suoi pensieri sui lupi riflettevano quelli della maggior parte degli altri locali che avevamo incontrato. Salmon è una zona d’allevamento—il paesaggio è pieno di mucche e pecore—e gli allevatori incolpano i lupi del gran numero di bestie morte. Per questo motivo, i lupi vengono considerati con estremo pregiudizio. Il derby era il prolungamento naturale di questo sentimento.

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“Sparate nelle budella fino all’ultimo di quei dannati lupi,” ci ha detto Cal. Avrebbe augurato un destino simile a “quelli che abbracciano gli alberi” che, a suo dire, vivevano per lo più a New York. “Sai cosa mi piacerebbe fare? Prendere i lupi e piazzarli a Central Park. Perché solo noi dobbiamo avere questi male- detti lupi?! Dicono che i lupi non attaccano l’uomo. Stronzate! Maledizione, gli ambientalisti non ne sanno un cazzo. Vorrei che i lupi se li mangiassero. Almeno imparerebbero qualcosa!”

Bryan Walker, Brian Ertz, Natalie Ertz.

Abbiamo tutti brindato agli ambientalisti che avrebbero avuto quello che gli spettava. Ho combattuto la voglia di dire a Cal che io vivo a New York, e che al college Natalie ha studiato da arboricoltrice e che aveva effettivamente abbracciato degli alberi per lavoro. Suo fratello, che ha 31 anni e studia per diventare avvocato a Boise, Idaho, mi aveva messo in guardia sui rischi di agire sotto copertura, quando gli avevo esposto l’idea al telefono. Come rappresentante dell’organizzazione no profit Western Watersheds Project, che sosteneva la salvaguardia dei lupi, aveva partecipato a numerosi incontri pubblici sulla “gestione del lupo” in comunità come quella di Salmon. “Salmon è il ventre della bestia,” mi disse. “Non c’è un posto più ostile. È come Mordor.”

L’ex capo di Brian al Western Watersheds Project, il direttore esecutivo Jon Marvel, aveva ricevuto minacce di morte per aver parlato a favore dei lupi e contro la potente industria del bestiame. Larry Zuckerman, un biologo dell’organizzazione no profit a sostegno dei lupi Wild Love Preserve, sospetta che siano stati dei residenti di Salmon pro caccia ad aver fatalmente avvelenato i suoi tre cani. Molti attivisti in tutto l’ovest americano, soprattutto quelli che si sono pubblicamente esposti contro il settore dell’allevamento, hanno riferito di minacce simili e atti di aggressione—pneumatici tagliati, case vandalizzate, finestre fatte a pezzi con mattoni nella notte. L’opinione della Idaho for Wildlife sulla situazione è messa nero su bianco sul loro sito web: “I predatori in eccesso e gli ambientalisti dovrebbero essere i primi ad andarsene!”

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Preparandoci per il derby, ci siamo travestiti seguendo la moda locale: pantaloni e giacche mimetiche, berretti di lana, passamontagna, binocoli e stivali pesanti. Quando non stava misticamente comunicando con gli alci, a Walker piaceva cacciarli. Non sembrava fuori luogo a Salmon, con il suo fucile M4 con un caricatore da 30 colpi e una Beretta calibro 45 sul fianco. Mi ha prestato la sua bolt action 300 Win Mag con cavalletto pieghevole, mentre Brian portava una 30-06 con un mirino Leupold. Natalie, che è alta e di bell’aspetto, era armata solo di macchina fotografica e interpretava la parte della moglie addomesticata che era “venuta per la festa,” come diceva lei.

Alla registrazione per il derby, la sera prima che la carneficina avesse inizio, eravamo così convincenti che gli organizzatori non si sono nemmeno presi la briga di chiederci le licenze di caccia o il permesso per sparare ai lupi. Ci hanno invece suggerito delle zone sulle montagne circostanti dove sparare illegalmente ai lupi.

In Wolves and the Wolf Myth in American Literature, SK Robisch presenta il lupo come una “forza mistica nella credenze popolare,” associata per migliaia di anni alla purezza della sete di sangue, alla crudeltà folle della natura. Il lupo è visto come un super predatore mitologico, portatore di terrore e caos, che divora i giovani, i vecchi, i deboli, gli innocenti e gli stolti, agendo attraverso l’inganno e l’imbroglio.

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Da Matteo 7:15: “Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono rapaci come lupi.” Cappuccetto Rosso perde la nonna a causa di un lupo travestito, e i tre porcellini non se la passano molto meglio. Nel tardo medioevo la Chiesa cattolica dichiarò il lupo un agente del diavolo, o eventualmente la sua trasfigurazione. E naturalmente anche il lupo mannaro, un essere umano trasformatosi in bestia dopo un morso, ha abitato l’immaginario comune in quanto figura demoniaca, che uccide per capriccio nelle notti di luna piena, indiscriminato e folle.

Nell’anglosassone e nelle lingue germaniche, certe sinonimi di lupo—warg, warc, verag—sono stati utilizzati per descrivere banditi, fuorilegge e spiriti maligni. In svedese, la parola varg significava semplicemente “tutto ciò che è sbagliato.” Anche Teddy Roosevelt, il presidente simbolo della salvaguardia delle specie e amante degli animali, si riferiva ai lupi come “l’archetipo di ravin [sic], la bestia della distruzione e della desolazione.”

Due orgogliosi partecipanti al derby mostrano i coyote che hanno ucciso.

In realtà, l’Homo sapiens condivide una lunga e intima relazione con il Canis lupus. Il lupo grigio è stato il primo animale ad essere addomesticato, molto prima della mucca, del cavallo, o della capra. Il suo diretto discendente è classificato come Canis lupus familiaris, meglio noto come cane, che nonostante il suo ampio sottoinsieme di razze, è geneticamente quasi identico al lupo. Altri predatori temuti della razza umana come l’orso, la tigre, e il leone—tutt’oggi molto più pericolosi dei lupi per l’uomo—non sono mai usciti dalla tenebre per unirsi ai cerchi attorno al fuoco dei primi ominidi. Il lupo sì, anche se gli esseri umani potevano eventualmente trasformarsi in cibo. Si teorizza che circa 20.000 anni fa lupi ed esseri umani cacciassero le stesse prede—i grandi erbivori—e, come noi, i lupi lavoravano in branco. Ci siamo cibati delle loro prede, e loro delle nostre. L’antagonismo ha lasciato il posto al mutualismo, alla simbiosi, alla cooperazione.

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Intorno al 8.000 a.C., tuttavia, gli esseri umani hanno cominciato ad addomesticare altri animali e a stabilirsi in villaggi. Il lupo di colpo non era più un amico, perché infastidiva e divorava le pecore e le mucche che ora venivano tenute come proprietà. L’odio per la bestia era nato, e ha continuato a crescere in modo direttamente proporzionale al nostro divorzio dalla natura.

L’uomo occidentale, armato di polvere da sparo e avido di terre, si è dimostrato, fin dal suo arrivo nel Nuovo Mondo, la bestia capace di distruggere e devastare più di chiunque altro, come dimostrano tutti i predatori sterminati lungo il suo cammino—il lupo, il puma, il coyote, l’orso nero, quello grigio, la lince, la donnola. Ai lupi si sparava a vista, li si stanava, intrappolava, avvelenava. Si gasavano i loro cuccioli o li si dava alle fiamme nelle loro tane. “Tale comportamento ha stupito i nativi americani,” scrive il giornalista naturalistico Ted Williams. “La loro spiegazione era che, tra i visi pallidi, era un manifestazione di follia.”

Le strade in espansione, le fattorie, i paesi e le città della giovane repubblica finirono il lavoro radendo sistematicamente al suolo l’habitat del lupo. Nel 1900, a est del Mississippi, i lupi erano scomparsi. Nel 1950, si trovavano solo in regioni isolate dell’Ovest americano: una dozzina di lupi in 48 stati contigui, a fronte di una popolazione precolombiana stimata in diverse centinaia di migliaia.

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Lo scopo di questo massacro non era di proteggere gli esseri umani, anche se questa rimane la percezione comune. Negli ultimi 100 anni, solo due attacchi di lupo sull’Homo sapiens si sono rivelati fatali nell’America del Nord, forse qualcuno in più nel diciannovesimo secolo (i documenti precedenti al 1900 sono incerti, le storie poco chiare e spesso abbellite da tinte folcloristiche). Uno studio del 2002, condotto dall’Istituto Norvegese per la Ricerca Naturale, ha esaminato la storia predatoria del lupo sugli esseri umani in Europa, Asia e negli Stati Uniti dal 1500 ad oggi e ha scoperto che gli attacchi dei lupi erano

“estremamente rari,” che “la maggior parte degli attacchi erano da parte di lupi rabbiosi,” e che “gli esseri umani non sono le loro prede abituali.” I lupi degli Stati Uniti sono stati uccisi principalmente a causa del loro torto ancestrale: l’aver mangiato i nostri bovini e ovini, dimostrando visceralmente di essere indomabili.

Tuttavia, nel 1974, i lupi americani ottennero una tregua. L’approvazione della legge sulle specie a rischio dell’anno prece- dente aveva spianato la strada al Congresso per dichiararli in via di estinzione, rendendo la caccia illegale. I lupi erano sopravvissuti a migliaia nelle foreste, nelle montagne e nelle praterie canadesi, e ora, protetti dalla caccia anche negli Stati Uniti, avevano iniziato una lenta marcia di ricolonizzazione, sparpagliandosi a sud di Alberta e della British Columbia per finire nel Montana. Nel 1995, il Congresso ha accelerato questo processo, reintroducendo i lupi catturati sulle montagne canadesi in Idaho e Wyoming.

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Successivamente, i lupi prosperarono come non mai, e gli ecologisti notarono con stupore gli effetti benefici sugli ecosistemi occidentali. Nel Parco Nazionale di Yellowstone, uno dei centri principali di reintroduzione, i lupi controbilanciavano le sovrabbondanti popolazioni di alci, che avevano spogliato gli alberi e le erbe del parco. Con meno alci, la flora tornò rigogliosa, e il paesaggio verdeggiante creò un habitat per decine di altre creature: castori nei torrenti, uccelli nel sottobosco, farfalle tra i fiori.

Il successo fu così grande che entro il 2009 la popolazione di lupi degli Stati Uniti si riprese completamente. Nel 2011, quando il Congresso revocò lo status di fauna protetta ai lupi, decine di biologi, ecologisti e scienziati della fauna selvatica protestarono. I critici osservarono che la rimozione del Canis lupus dalla lista delle specie in via di estinzione era stata possibile principalmente grazie agli sforzi di lobbying dell’industria del bestiame.

Per la prima volta dal 1974, i lupi delle Montagne Rocciose potevano essere legalmente cacciati, intrappolati e uccisi in Idaho, Wyoming e Montana. Le stagioni di caccia invernale hanno decimato branchi interi e, sottostando le richieste degli allevatori, anche il governo americano si è unito alla carneficina, inviando agenti faunistici federali per il controllo dei predatori.

L’immagine del lupo come parassita che deruba gli alleva- tori si è trascinata fino ad oggi, anche se sono poche le prove a sostegno di questa tesi. Il numero annuale di bovini e ovini uccisi dai lupi o da altri predatori è trascurabile. Nel 2010, solo lo 0,23 percento del bestiame statunitense è morto a causa di predatori carnivori.

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E non importa se l’aggressiva “gestione dei predatori” non ha alcun fondamento scientifico né ecologico. “La leggenda vuole che i predatori come i lupi debbano essere cacciati perché altrimenti aumenterebbero esponenzialmente”, sostiene Brooks Fahy, il direttore dell’organizzazione no profit Predator Defence, in Oregon. “Nessuno studio scientifico sostiene questa teoria. I lupi si regolano da soli, se lasciati in pace.” Fahy dice che “si tratta di una forma di pazzia razionalizzata.”

“Andate a caccia di lupi?” Ci ha chiesto un cowboy con un grande cappello e un sorriso delle dimensioni del Texas quando ha visto le nostre giacche mimetiche e il camion pieno di fucili. Annuiamo. “Bene!”

 Eravamo in un negozio nel villaggio di Old Sawmill Station, Idaho, con le pareti decorate da immagini di cacciatori che mostravano orgogliosi i loro trofei: bellissimi orsi, puma e lupi a brandelli. In alcune delle immagini, le mogliettine brandivano cadaveri di lupi grossi due volte loro.

Il proprietario ci disse che il posto migliore per trovare i lupi era vicino a uno sterrato lungo il ramo est del fiume Salmon. “Una volta che superate Boulder Creek, cercate le tracce.” Abbiamo guidato su per la montagna, seguendo il ramo orientale del fiume. Brian passava il tempo raccontando barzellette. “Un cowboy e il suo aiutante stanno costruendo una recinzione in Idaho. Trovano una pecora impigliata nel filo spinato, il cowboy salta giù dal cavallo, si cala i pantaloni, e si fa la bestia. Poi si tira fuori, e dice al suo aiutante: ‘Ne vuoi un po’ anche tu?’ E l’aiutante dice ‘Certo, ma devo per forza incastrami nel filo spinato?’”

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Altri coyote morti.

Brian aveva cacciato alci e antilopi fin da bambino. Una volta adolescente aveva capito che le vacche e le pecore dominavano il paesaggio a discapito di quasi tutte le altre specie erbivore. Ventenne, trascorse cinque anni come direttore dell’ufficio stampa della Western Watersheds Project, un gruppo il cui acerrimo nemico è l’industria dell’allevamento. Il sistema idrogeologico è rovinato dall’eccessiva presenza di mucche. In realtà, le mucche rovinano quasi tutto negli ecosistemi aridi dell’Ovest. Ovunque pascoli il bestiame addomesticato, c’è meno cibo per gli alci, i cervi, le antilopi e il resto della fauna selvatica.

La strada lungo il fiume ci ha portati tra cime montuose fra- stagliate e la bellezza del paesaggio ci ha reso improvvisamente silenziosi. Ci siamo messi i fucili in spalla e abbiamo camminato su per le colline e giù per i canaloni, alla ricerca di tracce di lupo sulla neve.

Walker era l’esperto di tracce. Era cresciuto nel ranch di famiglia nelle zone rurali del Idaho, in una tenuta con 200 pecore. Cacciatore per la maggior parte della sua vita, mi disse che aveva sparato “praticamente a tutto”, fino ad una notte del 2004, quando aveva 40 anni. Era seduto in una stanza d’albergo a Spokane, Washington, quando un coyote si mise a ululare proprio sotto alla sua finestra, senza smettere. “Proprio nel bel mezzo del centro di Spokane!” ha esclamato. “Quella fu la prima volta che ho capito che gli animali mi parlano.”

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Da quel momento in poi, la sua visione degli animali cambiò. Se li cacciava, lo faceva onorevolmente e in modo coscienzioso. Parlava di “responsabilità del predatore,” citava lo “sparo etico,” quello che uccide un animale con una sola pallottola, infliggendogli il minimo dolore. Mi raccontò di come un pomeriggio non molto tempo fa stava cacciando con l’arco in Idaho, inseguendo un alce lungo un crinale. “Una gazza volò su dal fondo della valle,” raccontava. “Giuro che deve aver volato per due chilometri. È arrivata fino a me per posarsi su un ramo e cominciare a fare dei suoni che non avevo mai sentito da una gazza. Abbiamo parlato a lungo.”

Il primo giorno, non abbiamo trovato segni di lupi, né tracce né escrementi. Tornati al camioncino a mani vuote, abbiamo stappato delle birre e fumato qualche sigaretta. Dopo poco, un pick-up rombante è apparso in lontananza, trainando qualcosa. Ci siamo irrigiditi. Quando ha rallentato fino a fermarsi, i due giovani nella cabina ci hanno squadrato. “State partecipando al derby?” ci hanno chiesto. Abbiamo annuito. “Dove siete stati oggi?”

È seguita una lunga pausa di disagio. Io ho fatto un sorso di birra e ho guardato Brian, che fumava nervosamente. “Abbiamo fatto i cacciatori pigri.” Walker aveva preso in mano la situazione e mentiva clamorosamente. “Abbiamo cacciato su e giù per il ramo est del Salmon,” ha spiegato, “e anche su e giù da questo e quel canyon, pronti a sparare ma non abbiamo trovato nulla.” I due uomini, con le guance piene di tabacco, sputarono. Abbiamo parlato di come fosse difficile tracciare i lupi e del perché diavolo non si fanno vedere. Gli uomini ci hanno riferito un messaggio degli allevatori locali: se qualcuno di noi del derby vede un lupo nella loro proprietà, che gli spari a vista, lasciando perdere se sia legale o meno.

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Quando se ne sono andati, Walker ha tirato un sospiro di sollievo. “Quella è gente che ho frequentato per tutta la vita,” ha detto. “La mia famiglia è così. A loro piace uscire e uccidere. Non sono cattivi. Sono solo… inconsapevoli.” Il giorno stesso, un cameraman e tecnico del suono naturalistico della BBC chiamato Martyn Stewart, che si era recato a Salmon per coprire il derby, si trovò al centro di attenzioni indesiderate.

Il primo problema era il suo accento—Martyn è australiano, e uno straniero a Salmon è una questione seria. “Siamo uniti in questa città,” mi aveva detto un cacciatore di lupi appena arrivato.

“Noi ci sono negri qui. Vedi dei negri per caso?”

Il secondo problema era il suo orecchino. Era entrato in un negozio di pistole sulla strada principale per chiedere dove fosse l’iscrizione al derby. Martyn mi ha poi detto che il negoziante lo aveva guardato come se fosse matto. “È meglio se ti togli l’orecchino”, gli aveva detto il negoziante, “sembri un frocio.” Alla registrazione si è presentato in scarpe da tennis e giacca gialla della North Face. Ho sentito un cacciatore brontolare mentre annuiva nella direzione di Martyn. “Non ha alcun diritto di essere qui.” Dopo la registrazione, Martyn è tornato al suo albergo seguito da un pick-up, che ha fatto un giro del parcheggio ed è tornato indietro quando lui è uscito dalla macchina. La mattina dopo era entrato in un baretto del posto, dove la cameriera gli aveva confidato che erano due anni che non sentiva più ululare i lupi. Sembrava rammaricarsene.

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Due cacciatori in mimetica erano poi entrati nel bar per sedersi al tavolo di fronte al suo, fissandolo. Alla fine, Martyn aveva ricambiato lo sguardo salutandoli. Non avevano risposto. Però lo fissarono per 40 minuti, senza ordinare da bere né da mangiare. Quando si alzò, si alzarono anche loro. Quando se ne andò, se ne andarono anche loro.

La Idaho for Wildlife aveva organizzato una cerimonia di chiusura al tramonto del secondo giorno di gara, con inizio alle quattro del pomeriggio. Il presupposto era che i cacciatori si sarebbero presentati con decine di lupi. Le votazioni dovevano svolgersi dietro al magazzino di prodotti per allevamento dove ci eravamo iscritti, un posto chiamato Steel & Ranch. “Sembra un club sadomaso per mucche,” diceva Brian. C’era un gancio da macellaio al quale sarebbero state appese le carcasse in modo che i giudici del derby potessero misurarle e pesarle per determinare le squadre vincenti. Mentre stavamo guidando verso la città, Natalie urlò di aver visto qualcosa muoversi sulla neve in un campo a qualche centinaia di metri di distanza. “Non credo che fosse un cervo” disse. Walker inchiodò, e noi saltammo fuori con i binocoli e un fucile, il 300 Win Mag, che portavo io.

“Coyote?” chiese Walker, guardando il campo.

“Non è un coyote”, disse Brian.

Vedevo l’animale nel mirino del mio fucile. “È un lupo”, sussurrò Natalie. “Guarda il colore e le dimensioni, e quella coda!” Fece una pausa e abbassò il mento, sorridendo. “Non vedevo un lupo da più di due anni!” Rimanemmo a guardare mentre l’animale trottava a circa 400 metri di distanza, annusando il terreno, a suo agio nella luce pomeridiana. Poi si fermò, alzò la testa e guardò nella nostra direzione, il suo profilo sagomato sulla neve. Mi sentivo come se stesse guardando proprio me, attraverso il mirino e poi giù attraverso le ossa fino alla punta dei piedi. Poi tutto finì in un batter d’occhio. In un lampo, l’animale scomparve dalla nostra visuale, svanendo nel mosaico di salvia e neve. Il fiume scrosciava, e il sole ci sorrideva attraverso le montagne.

Natalie e Brian convenivano che l’avvistamento era un’anomalia. “È fottutamente incredibile”, disse Natalie. “Nel bel mezzo della giornata, sul ciglio della strada, così vicino alla città, così vicino a un posto come Salmon, con tutti quei cacciatori là fuori… È solo che…” Le mancavano le parole. Sembrava fosse sul punto di piangere. Natalie aveva trascorso gli ultimi cinque anni ad osservare, tracciare, e ascoltare i branchi sulle montagne dell’Idaho. Aveva visto almeno 20 lupi in quel periodo. Si era innamorata per i soliti motivi che gli appassionati di lupi descrivono. I lupi, dopo tutto, non sono poi così diversi dagli esseri umani. Sono monogami, fedeli, compagni per la vita, e crescono attentamente la loro prole in forti nuclei familiari, con un maschio alfa e la sua femmina a capo del branco. Si potrebbe dire che ciò che amiamo nei lupi sono le loro somiglianze con gli esseri umani.

Natalie aveva ululato con i lupi e ascoltato le loro risposte, aveva osservato gli alfa scegliere una compagna e allevare i cuccioli. Aveva guardato i cuccioli giocare e crescere e imparare dai loro genitori, portando con sé il suo bambino di dieci anni per fargli vedere i lupi, ascoltare i loro discorsi, e cercare di analizzarne il significato. Ora, dopo due anni di nulla, aveva di nuovo visto un lupo.

“Proviamo a spaventarlo,” disse. La guardai. Spaventare la fauna selvatica, di solito sparando un paio di colpi in aria, serve a disabituarla alla presenza umana, per far loro capire che non siamo amici. Discutemmo della possibilità. Sarebbe stata una violazione della legge dello stato dell’Idaho, che concede ai cittadini di sparare ai lupi, ma impedisce di “molestare intenzionalmente, attirare con esche, investire, o disturbare qualsiasi animale allo scopo di interrompere il lecito esercizio della legge o per infrangerla.”

Walker, che era stato un procuratore in Idaho, ci avvertì che la legge avrebbe potuto interpretare uno sparo a salve durante il derby come un atto eclatante. “Fanculo,” dissi. “Lo stato dell’Idaho può estradarmi se vuole”. Caricai un colpo nella Mag, mirai sopra ai cespugli dove l’avevamo visto l’ultima volta, e sparai. Lo sparo echeggiò tra le colline, e si senti il proiettile col- pire qualcosa.

“Lo ha colpito! L’hai preso cazzo!” urlava Brian, guardando nel suo binocolo.

Mi sentivo come se mi avessero sparato.

“Ti sto prendendo per il culo, Ketcham. Guarda, si muove!” Il colpo aveva spinto l’animale allo scoperto. “Corre veloce, oltre che la recinzione! Aspetta, sono in due! Sì, due! E hanno recepito il messaggio.”

La coppia di lupi, agile e bella e piena di forza e velocità, corse via sulle colline lontane, su per la montagna—600 metri, 700 metri, 1000 metri, andati. Era la prima volta che vedevo i lupi in natura, e tenuto conto della situazione attuale, era come aver vinto alla lotteria. La Humane Society degli Stati Uniti riporta che quasi 1.400 lupi sono stati uccisi dal declassamento del 2011, quasi la metà dei quali nel solo Idaho. Stiamo parlando della popolazione delle Montagne Rocciose del Nord, che era salita ad oltre 1.700 fino a pochi anni fa. Gli animali stanno scomparendo, e i branchi vengono frammentati in gruppi più piccoli, compromettendo la loro vitalità. Natalie mi ha detto che molto probabilmente i due animali che avevamo visto erano i superstiti di una famiglia i cui parenti erano già stati appesi a un gancio da macellaio.

Nonostante i migliori sforzi dei concorrenti, neanche un lupo è stato ucciso al derby di Salmon, e la cerimonia allo Steel & Ranch aveva un’atmosfera fallimentare. Siamo rimasti lì attorno fingendo delusione per la mancanza di lupi morti. Solo un’altra squadra aveva individuato uno animale durante la caccia, mentre noi ci vantavamo di averne visti due. Gli altri cacciatori sembravano dubbiosi quando dicevo di averli mancati da 400 metri. “Dì 500 metri, maledizione!” Mi sibilò Walker all’orecchio. “È imbarazzante.”

Per quanto riguarda i coyote, solo 21 erano stati uccisi, secondo la Idaho for Wildlife. Martyn Stewart era appollaiato sulla banchina di carico, a filmare la scena. Il rigor mortis aveva avuto la meglio sulla maggior parte degli animali, e i giudici avevano il loro da fare ad allargare le zampe dei coyote morti per controllarne il sesso. Era stato infatti annunciato che ci sarebbe stato un premio minore di diverse centinaia di dollari per il cacciatore che avesse preso il maggior numero di coyote femmina.

Martyn seppe che ero un giornalista solo qualche giorno dopo il derby, quando gli telefonai. Mi disse che la mattina seguente, mentre lasciava la città alle sei del mattino, le luci di un camioncino si accesero nel buio invernale dietro di lui. Non appena il limite di velocità fu a 55, il veicolo accelerò fino ad arrivare sotto al suo paraurti, gli abbaglianti accesi, suonando il clacson. “Mi stavano accecando,” mi disse Martyn, “e lo devo ammettere, avevo il cuore in gola. Mi stavano letteralmente spingendo fuori dalla città.” Circa 15 km a nord di Salmon, il camion ha suonato un’ultima volta il clacson, ha sfanalato, e ha mollato l’inseguimento.

Noi avevamo evitato un destino simile, riuscendo a ingannare anche lo sceriffo locale, che ci aveva detto che era in allerta per assicurarsi che non vi fosse alcun problema con i manifestanti pro lupi. “Dicevano che c’era una sorta di minaccia,” disse. “Ma nessuno si è presentato. Immagino non abbiano avuto il fegato.” “Vero?”, disse Natalie. Con un sorriso accennato sulle labbra.