FYI.

This story is over 5 years old.

Stuff

Realcore: un'intervista al più grande esperto italiano di porno amatoriale

Sergio Messina ha studiato il fenomeno del porno amatoriale fin dai suoi esordi in rete, e ha coniato un termine che fosse in grado di descriverlo: realcore. Abbiamo parlato con lui di come forse un giorno saremo tutti nudi su internet.
Niccolò Carradori
Florence, IT

Tutte le immagini tratte dallo spettacolo

Realcore - la rivoluzione del porno digitale. Per gentile concessione di Sergio Messina.

Anche se magari non siamo abituati a prenderlo in considerazione perché spesso è ritenuto un ambito che si esaurisce totalmente nella sua fruizione, il porno (e le declinazioni comunicative, politiche, ed estetiche dei suoi generi) è in grado di descrivere in modo singolarmente didascalico e talvolta predittivo il reale. Un ricettacolo con un impatto estremamente diretto ed inequivocabile.

Pubblicità

La diffusione della pornografia amatoriale alla fine degli anni Novanta, ad esempio, è stata capace di incarnare in modo estremamente esplicativo il modo in cui l'evoluzione della tecnologia digitale a basso costo stava cambiando il nostro modo di comunicare. Ed è stata anticipatrice di una serie di format imperniati sulla diffusione "grezza" delle storie che hanno contaminato praticamente tutto il mondo della comunicazione.

Sergio Messina, artista, giornalista, docente (insegna Storia della Cultura Pop allo IED) e antropologo culturale conosciuto soprattutto in ambito musicale con lo pseudonimo di RadioGladio, ha studiato il fenomeno del porno amatoriale fin dai suoi esordi in rete, e ha coniato un termine che fosse in grado di descriverlo: realcore. A partire dal 2000 ha strutturato un intero spettacolo divulgativo,Realcore - La rivoluzione del porno digitale, che ha portato in tournée in diversi paesi fino al 2012, e scritto un libro, Real Sex, sull'argomento.

Ormai siamo abituati a vedere il porno amatoriale ovunque: i filmati riempiono le home di qualsiasi sito aggregativo di porno, e negli ultimi anni ha travalicato anche questi contenitori per diffondersi sui social network. Per capire bene come si è evoluto negli anni, che impatto abbia avuto sul mondo della pornografia e non solo, e per quale motivo sia diventato tanto pervasivo, ho deciso di contattare Sergio. Abbiamo parlato di liberazione del corpo, di riappropriazione dello spazio pubblico e dell'alta temperatura che le immagini grezze sono in grado di provocare nello spettatore.

Pubblicità

VICE: Io vorrei innanzitutto inquadrare il termine realcore, e spiegare come è nato.
Sergio Messina: Il termine nasce dall'ulteriore declinazione dei due termini che per anni hanno descritto la pornografia: softcore (pornografia in cui il sesso è simulato) e hardcore. Dagli anni Sessanta in poi, con la nascita dell'hardcore, cominciò a farsi largo l'idea che la penetrazione dovesse essere centrale, che è poi il motivo per cui all'inizio questo genere di pornografia era quasi esclusivamente ginecologica. Alla fine degli anni Novanta, invece, osservando il fenomeno della pornografia amatoriale, che coincide con la diffusione da un lato di internet e della fotografia digitale dall'altro, ho individuato una nuova esigenza da parte dei consumatori: la voglia di assistere a qualcosa di reale. Entrando in gioco altre esigenze, andava trovato un altro termine.

Tant'è che poi ne hai fatto una vera e propria ricerca antropologica…
Sì, perché poi tutto questo è coinciso con la diffusione di altri fenomeni mediatici che hanno avuto a che vedere con la realtà, a cominciare dai reality. L'idea era anche quella di collegare questa nuova estetica con i linguaggi e significati che comportava. La bassa risoluzione delle immagini, ad esempio, corrisponde a un aumento della temperatura in quello che stiamo guardando. Questo lo si può osservare anche in programmi come Paperissima o Ridiculousness: ci sono una serie di format televisivi che giocavano proprio su questo aspetto. I video di news amatoriali, come le manifestazioni o i pestaggi della polizia, se girati con una telecamera strafica non hanno lo stesso effetto sullo spettatore rispetto a quando le immagini provengono da un cellulare. In questo senso la pornografia "realcore" è stata anticipatrice di un universo molto più ampio. Un'interessante congiunzione di evoluzione della tecnologia, dell'uso sociale che facciamo della tecnologia, e della centralità del corpo.

Pubblicità

Come hai cominciato a esplorare in questo ambiente? E cos'è che muoveva il tuo interesse?
Ho avuto la mia prima connessione internet casalinga alla fine del '96, e ho cominciato a navigare. Come tutti quanti, poi, ho cercato la pornografia. Ed è a questo punto che sono incappato nell'amatoriale: io sono sempre stato interessato all'underground, quindi l'idea che stesse nascendo una pornografia autoprodotta mi interessava molto dal punto di vista culturale.

All'epoca i canali di diffusione di questo genere di porno erano sostanzialmente due: gli usenet group, una delle parti più antiche di internet, che esiste dalla fine degli anni Settanta: gruppi di interesse dove puoi pubblicare messaggi con allegati. L'altro canale, invece, erano i gruppi di Yahoo, che all'epoca aveva una politica di non filtraggio dei contenuti. Tu la mattina scaricavi tutti i messaggi contenuti in un particolare newsgroup: c'era questo tipo di idea quasi underground di scambiarsi fotografie e guardarsi a vicenda.

Come sei arrivato, poi, a strutturarci un intero lavoro?
Nel 2000 durante una conversazione con Gerfried Stocker, curatore di Ars Electonica—il cui tema quell'anno sarebbe stato il next sex, e a cui mi trovavo per tutt'altri motivi—accennai all'ipotesi di intraprendere il progetto. Gli dissi "ma una cosa sulla nuova pornografia digitale prodotta dagli utenti la facciamo?"; lui colse il senso di quello che intendevo, e tirò fuori i fondi che mi hanno permesso di sistematizzare quella che fino a quel momento era stata più che altro una curiosità personale.

Pubblicità

Da lì è nato il tuo spettacolo; come era impostato?
I miei spettacoli sono da sempre molto giocati sulla parola: mostravo queste 100 immagini di porno amatoriale e introducevo l'argomento. Il principale sentimento espresso era l'empatia: l'idea era quella di portare gli spettatori in una visita guidata all'interno della pornografia amatoriale, da una parte rassicurandoli, e dall'altra sottolineando gli aspetti politici e sociali. La foto del tizio che si mette l'aspirapolvere nel culo generava una risata, ad esempio, ma era una risata rispettosa in quel contesto: c'era accettazione del fatto che i confini del mondo si allargano continuamente. In questo senso, era uno spettacolo molto candido.

Portando avanti lo spettacolo cosa hai notato nell'impatto che il porno amatoriale aveva sugli spettatori?
In molti paesi l'amatoriale è più sdoganato, ed è vissuto in modo più libero. In Italia, ad esempio, c'è ancora l'usanza di non farsi riprendere la faccia, di usare la mascherina. Tendenzialmente il nostro paese è un po' indietro, anche se io da tre anni non seguo più e magari nel frattempo le cose sono cambiate.

Eppure è strano, perché esiste un sacco di amatoriale in Italia. Recentemente ad esempio mi sono occupato della CentoXCento, una casa di produzione che lavora moltissimo e che fa amatoriale…
Conosco benissimo la CentoXCento, è uno dei casi più interessanti e divertenti nella storia della pornografia italiana. Per anni ho coltivato l'idea di intervistare Alex Magni. Nella CentoXCento c'è un aspetto sconcertante per il porno italiano: Magni nel corso della sua carriera ha transitato da una eterosessualità integrale ad una sostanziale bisessualità—e questo per l'Italia è totalmente rivoluzionario. La CentoXCento, inoltre, è stata la prima a introdurre sistematicamente dei corpi "diversi" nella pornografia italiana.

Pubblicità

Secondo me è interessante il percorso della CentoXCento proprio perché il suo sviluppo e successo seguono esattamente la diffusione mainstream del porno amatoriale. Secondo te per quale motivo sta diventando sempre più fruibile? Perché è ovunque: anche sui gruppi chiusi di Facebook.
Questa è la mia opinione, anche se non esistono verità assolute: grazie alla fotografia digitale e ai suoi sviluppi (smartphone ecc ecc) si è creato un fenomeno che non differisce molto da quello accaduto negli anni Sessanta, quando si sono diffuse le chitarre nel nostro paese. La chitarra è diventata uno strumento popolare: la maggior parte delle gente non andava a lezione, ma impara due o tre accordi e poi suonava le canzoni di Battisti. E lo stesso è accaduto per la pornografia: è diventata popolare. Le gente si fotografa e si pubblica per estendere l'area dell'intrattenimento, integrando la fotografia digitale all'interno di un gioco sessuale. La prima persona interessata a questo tipo di contenuto è l'autore medesimo.

Ovviamente c'è una componente di voyeurismo. Il tutto, poi, è amplificato a dismisura dal fatto che viviamo in un universo in cui essere attraenti su internet è un tema incredibilmente complesso; è chiaro che c'è un meccanismo di validazione: i like, i follower ecc ecc. La pornografia amatoriale contiene in sé una delle forme di validazione più spettacolari: mi tiro fuori il cazzo e mi tocco guardandoti, altro che like. C'era un feedback ravvicinato, poi.

Pubblicità

Oltre a questo entra in gioco anche un altro fattore: la pornografia industriale è mediata da un meccanismo economico; io compro quello che voglio guardare, e c'è chi lo vende. Nell'amatoriale, specialmente nel periodo in cui nacque, esisteva un meccanismo diverso. C'era un piacere biunivoco e non mediato nel caricare e scaricare foto, mentre alla pornostar dello spettatore non gliene frega niente.

Dal punto di vista dell'estetica, invece, che impatto ha avuto?
La differenza sostanziale che ho notato è che la pornografia industriale ha iniziato ad emulare l'estetica del porno amatoriale, e non viceversa. Fino agli anni Ottanta e ai primi Novanta il porno mainstream funzionava esattamente come il cinema.

La nascita del POV nel porno mainstream, ad esempio: è una tecnica mutuata dal porno amatoriale, è un linguaggio del porno amatoriale. Rocco Siffredi ha visto erodere la sua quota di mercato, si è reso conto che il linguaggio che attraeva gli spettatori era cambiato, e ha cominciato a integrare tecniche nuove, prima non disponibili. E questo ha coinvolto anche i corpi: prima gli attori erano tutti perfetti, adesso invece i confini di quello che si può guardare sono molto più ampi. C'è anche un aspetto politico in questo, la liberazione del corpo. Per non parlare della riappropriazione dello spazio pubblico: una certa percentuale di video amatoriali sono girati nei parchi, nei Mc Donald's, nelle salette dei cinema, nei camerini dei centri commerciali. Poi c'è lo sdoganamento dei generi: la visualizzazione di una serie di pratiche che prima non facevano parte del mondo del porno ha allargato i limiti del possibile. Ad esempio io prima non pensavo fosse possibile mangiare la merda, invece grazie all'amatoriale so che c'è gente che lo fa e che si eccita. C'è stato uno sdoganamento del possibile.

Infine, ma non meno importante, c'è l'introduzione dell'idea che il porno nell'era moderna non sia fine a se stesso: quando guardi il sex-tape di Paris Hilton non lo fai per vedere del sesso. Da questo punto di vista la diffusione del revenge porn è esemplare: la parola chiave non è "porn", ma "revenge": è chiaro che siamo di fronte a un fenomeno che definire porno è corretto solo entro certi limiti. E la dimostrazione del fatto che la pornografia serve ad altro, oggi.

Qual è la cosa che ti ha più colpito in tutti questi anni di analisi del porno amatoriale? C'è un filmato che ti è rimasto particolarmente impresso?
No, uno solo non c'è. La cosa che mi ha colpito di più all'inizio è stata l'idea che tu possa espandere la pornografia in una direzione autobiografica: all'inizio incappai nella cartella di una coppia, casalinga e il marito, che andavano a fare sesso dentro i cinema porno in Nevada e si fotografano per poi pubblicare nei newsgroup. Poi ad un certo punto hanno notato che le loro cartelle venivano scaricate da migliaia di persone, quindi hanno pensato di aprire un piccolo sito. E nel sito, fra i contenuti sessuali, c'era moltissimo testo: un blog compilato quotidianamente, con relativi commenti e risposte. E col tempo i siti del genere si sono moltiplicati. Prendi ad esempio Wifey's World: questa coppia ha avuto così tanto successo da costruirci una specie di business. Quando portavo avanti lo spettacolo usavo circa 100 foto, che di volta volta cambiavo o integravo, e ogni volta cercavo di mandare una mail al proprietario per chiedere il permesso. In poche ore rispondevano tutti. Questo secondo me suggerisce un'idea di futuro molto interessante: forse un giorno saremo tutti nudi su internet.

Segui Niccolò su Twitter