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Attualità

A 13 anni mi spogliavo in chat per i miei compagni di classe

Quando i miei genitori mi hanno comprato il mio primo computer ho iniziato a dare appuntamento ai miei compagni di scuola su Messenger, per spogliarmi. Non ero costretta, e l'unico trauma che ho subito è stata la reazione degli adulti.

Foto via Flickr. Questo post è tratto da Broadly.

Qualche tempo fa ero al telefono con mio padre, e abbiamo cominciato a parlare di sexting. Mi ha chiesto scioccato se avessi sentito la storia del 14enne inglese schedato dalla polizia per aver inviato foto di nudo a una coetanea su Snapchat.

"Non è terribile? Questo si è rovinato la vita," mi ha detto mio padre, commentando il fatto che era stata la scuola del ragazzo a chiamare la polizia quando il messaggio aveva cominciato a circolare tra gli allievi. Io lo ascoltavo con il cuore che sprofondava.

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Abbiamo parlato del ragazzo—della sua vita, dei suoi sentimenti e del difficile periodo che dovrà affrontare. Ma fondamentalmente stavamo parlando anche di me.

Il termine sexting, ovviamente, è stato coniato dagli adulti, e quando viene associato al comportamento di un adolescente a usarlo è spesso un cinquantenne nel panico. Ma il sexting non è un'invenzione recente—è il risultato di un processo nel corso del quale la sessualità, anche adolescenziale, si affida sempre di più alla tecnologia. Prima di Snapchat c'erano gli MMS e prima ancora c'era la semplice webcam.

Ai bei tempi di MSN Messenger, la webcam era uno status-symbol. Perciò dovevo averne una anch'io. E al mio 13esimo compleanno ho costretto i miei genitori ad accompagnarmi in un centro commerciale e comprarmi il mio primo computer. L'unica cosa che mi importava era: doveva avere la webcam. I miei genitori erano ignari di cosa volessi farci, ma si chiedevano perché mi interessasse tanto.

Per dirla tutta, il mio viaggio nel mondo del sesso era iniziato ben prima della webcam. È iniziato quando avevo sette anni e nei bagni mi esercitavo a baciare le mie compagne della scuola femminile. A nove anni ho cliccato per sbaglio su un pop-up porno. E così ho capito che la tecnologia ti permetteva di fare un sacco di cose.

Quando a 11 anni mi hanno spostato in una scuola mista, ho iniziato ad attirarmi le attenzioni del pubblico: è stato allora che gli uomini che passavano in macchina hanno cominciato a urlarmi che avevo "un bel culo." Da quel momento, oltre a essere cosciente dei miei desideri sessuali, ero cosciente anche di quelli altrui. Perciò ho iniziato a esplorare la sessualità—o almeno così mi dicevo.

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Quando avevo 13 anni ho fatto un accordo con cinque o sei ragazzi del mio anno: ogni giorno quando arrivavo a casa mi connettevo a MSN e cominciavo a chattare con chi trovavo online. Ma quando uno di loro si connetteva e mi scriveva, mi dedicavo solo a lui.

Di solito mi chiedevano di spogliarmi, a volte mezza nuda, a volte del tutto. Dopo dieci minuti circa era tutto finito e io passavo a qualcun altro. Una volta uno di loro mi ha chiesto di masturbarmi per lui, ma ho detto no. Questo è tutto.

Dopo un anno circa, qualcosa è andato storto: uno dei ragazzi ha raccontato tutto a sua madre, oppure lei è venuta a saperlo in qualche altro modo. Nonostante a scuola tutti i ragazzi lo sapessero, d'improvviso la mia condotta era diventata inaccettabile.

Il primo giorno di terza media, sapevo che tutti sapevano. I miei genitori lo sapevano; i genitori degli altri ragazzi lo sapevano; e credo che tutti gli insegnanti della mia scuola lo sapessero. Mi era arrivata una lettera della mia migliore amica, che mi spiegava che il mio comportamento era ripugnante e per questo non voleva più essere mia amica. Improvvisamente mi sono ritrovata emarginata.

A parte un rimprovero, che era un misto di rabbia, disgusto e delusione, io e i miei genitori non ne abbiamo molto parlato. Nonostante tutti pensassero che quello che avevo fatto era sbagliato, nessuno mi ha mai offerto aiuto, a scuola. A casa mi hanno sequestrato il diario segreto per trovarci prove della mia condotta sessuale depravata; avevo il coprifuoco ed ero sotto costante sorveglianza.

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Mi sono trovata a fare i conti con il famoso "doppio standard": tutti i ragazzi per cui mi spogliavo se la sono passata liscia. Anzi, ricevevano grandi pacche sulle spalle dagli amici. Io, invece, ero la troia.

Fino a quel momento era stata una ragazzina sicura di sé e sveglia, ma all'improvviso era tutto cambiato e mi mettevo continuamente in discussione. I miei compagni maschi venivano applauditi per la loro condotta, ed era normale che avessero pulsioni sessuali. Io invece non dovevo.

Ripensando a quello che facevo in chat coi miei compagni, ero in pace con me stessa. Volevo sentirmi sensuale. Era una scelta consapevole. Mentre lo facevo stavo bene, non mi sentivo costretta né diversa da come volevo essere. A rovinare la mia sicurezza è stata la reazione di chi avevo intorno.

Forse la mia storia è un'eccezione. Purtroppo non ci sono tante statistiche sull'attività sessuale tra i pre-adolescenti, e quando ci sono è difficile capire quando è dovuta a pressione sociale o coercizione. Secondo la legge, quello che facevo—inconsapevolmente—era distribuire materiale pedopornografico.

"Ognuno ha il diritto di esprimere la propria sessualità come vuole finché non danneggia terze parti, o la società in senso ampio," mi ha detto la dottoressa Grey del Rape Crisis Centre di Londra. "Lavorando con persone giovani, ci accorgiamo che raramente il sexting è frutto di una libera espressione. Capita invece molto più frequentemente che sia il frutto di pressioni e coercizioni esterne."

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Quindi che valore ha il mio consenso, se avevo 13 anni come tutti gli altri? Praticamente niente. In molti Paesi, secondo il sistema giuridico i più giovani non sono in grado prendere decisioni consapevoli riguardo ai propri comportamenti sessuali. Perciò un caso come il mio non viene nemmeno considerato.

Esattamente come il 14enne inglese, anch'io ai tempi non ero consapevole delle conseguenze dei miei atti. La dottoressa Grey mi ha detto, "Spieghiamo ai ragazzi i rischi a cui vanno incontro in situazioni simili. E i ragazzi restano sempre scioccati dal fatto che potrebbero essere denunciati per produzione e diffusione di materiale pedopornografico." Quando le chiedo se non c'è un modo di insegnare il rispetto per la privacy in modo da creare un ambiente più "sicuro" per il sexting, mi dice che "il problema non è tanto il rispetto per la privacy. Le foto di nudo vengono subito inoltrate agli amici come una sorta di 'trofeo'."

C'è un'altra storia che risale a poche settimane fa. Un ragazzo di 17 anni del North Carolina mandava foto in cui era nudo alla sua ragazza 16enne ed è stato denunciato. Casi come questi non sono rari, ma il modo in cui la legge li affronta è immutato. Ovviamente è importante salvaguardare i ragazzi da materiali pedopornografici ma in casi come questi un'azione legale fa potenzialmente più male che bene alle persone coinvolte.

Un avvocato per i diritti umani che preferisce rimanere anonimo mi ha detto che le leggi attuali non riescono a tenere il passo con la sessualità degli adolescenti. "Si scontrano due mondi: da un lato la curiosità dei giovani e dall'altra l'esigenza della legge," mi ha detto. "Ecco perché non è facile per i legislatori. Devono trovare il modo di proteggere i ragazzi da abusi e sfruttamenti, e allo stesso tempo stare al passo con i loro comportamenti."

Dal punto di vista della legge, sembra che poco possa cambiare. "Sarebbe una mossa pericolosa cercare di considerare caso per caso tutte le 'sperimentazioni' adolescenziali, perché si lascia spazio al rischio di abusi," ha continuato l'avvocato. "Ogni opzione che abbiamo discusso arrivava a una sola conclusione: è un invito alla pedofilia."

Ma non si può fermare la curiosità di un adolescente. Dovremmo piuttosto concentrarci su come aiutare ragazzi a essere all'erta e al sicuro in tali situazioni. È scoraggiante vedere come—nel mio caso, per esempio—nessuno abbia fatto niente per farmelo capire. Mi sento fortunata perché la mia vicenda non è finita sugli schedari della polizia. Non mi sento fortunata per come sono stata trattata, invece—e nessun ragazzino dovrebbe affrontare una soluzione simile, per non parlare di una fedina penale sporca.

Thumbnail via Stocksy.