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Già nel 2013 il Kenya presentò alla Biennale soltanto due artisti kenioti e tra gli stranieri, oltre a Tanzini, ci fu l'italo-brasiliano Cesar Meneghetti più altri otto artisti cinesi. In quell'occasione dallo stato africano si levarono diverse voci denunciando l'inammissibile sabotaggio del padiglione da parte di "ciarlatani", impedendo così di rappresentare degnamente il Kenya. Analisti culturali come Joyce Nyairo e il poeta, blogger e performer Njeri Wangari chiesero spiegazioni alle autorità (senza ottenerne), lamentando lo spreco di un simile palcoscenico internazionale.Art by Armando Tanzini who nicked — SkepticAfro (@skepticafro)18 Marzo 2015
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A questo punto è necessario precisare che non solo quello del Kenya è un padiglione 'cavallo di Troia' per presentare artisti di altri nazionalità: è lo stesso ente Biennale a sottolineare in una nota ufficiale del marzo scorso la gestione del tutto autonoma dei padiglioni nazionali che hanno formalmente richiesto di partecipare tramite autorità governativa e diplomatica: "Il rapporto con i paesi si svolge secondo modalità rispettose del fatto che si tratta di autorità rappresentanti stati sovrani. Per quanto riguarda tutti gli aspetti organizzativi della partecipazione la Biennale non interferisce in alcun modo lasciando piena autonomia, per consuetudine consolidata, al paese partecipante."History repeats itself — Yvette Greslé (@yvettegresle)19 Marzo 2015
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La piattaforma veneziana è davvero così interessante per l'Africa o lo è di più per politici, faccendieri del posto e investitori che vi intravedono una possibilità di profitto e di legittimazione culturale, bypassando tutti i requisiti espositivi e concettuali che dovrebbe avere una mostra di respiro mondiale?Per alcuni, il risultato artistico di tali operazioni in laguna appare come neo-colonialismo volgarmente presentato sotto le mentite spoglie del multiculturalismo. Con la Cina come "main investor" in Kenya la scena culturale africana ha trovato un nuovo padrone che non solo occupa il territorio ma attraverso le sue velleità artistiche impone visioni estetiche naif, folcloristiche, con quel tocco di neo-primitivismo alla Tanzini in cui la capacità di leggere la diversità e la densità del contemporaneo assomiglia del tutto al "Waka Waka" di Shakira e al Kwassa Kwassa dei Vampire Weekend.Segui Riccardo su Twitter: @ByzantineVampyr